ASCOLTO, CONOSCENZA, OBLAZIONE

26.04.2015 12:08

L’evangelista in questo brano evidenzia, ma ci fa anche gustare il centro, il fulcro della vita cristiana, il mistero, ciò che unisce due esseri, il rapporto unificante, che dà origine, e che mantiene l’unione: l’amore, che altro non è che ascoltare e conoscere, dunque come conseguenza, dare la propria vita per l’altro “da la propria vita” scrive Giovanni. Qui potrebbe finire la mia riflessione sul vangelo appena proclamato. Tutto ciò che chiamiamo amore, tutto ciò che identifichiamo con esso, ha origine qui tra i banchi di questa Chiesa, di questa casa, la casa di Dio, la nostra casa. Giovanni scrive “ascolteranno la mia voce”, cioè siamo riuniti, veniamo riuniti, ci riuniamo, per ascoltare la voce del Signore, proclamata da Lui stesso, dalla sua Presenza, e alla sua Presenza, da noi riuniti che diveniamo, come scrive l’evangelista “un unico gregge”, unità , unicità, unione. L’ascolto poi presuppone la conoscenza, ascolto perché voglio, bramo conoscere ciò che mi viene proposto, non ascolto ciò che mi viene imposto. L’ascolto dunque avviene, ha origine in un contesto di libertà, rispetto. La conoscenza è biblicamente intesa, è conoscenza, (la stessa) tra sposi, è intimità, è quell’andare a fondo, è quell’unirsi fino a divenire un’unica persona, un’unica realtà, un unico corpo che in quella situazione, in quell’atto, con quell’atto dà vita, è fecondo, genera. La conoscenza è dunque generare, dall’interscambio nasce vita, dallo scambio, interscambio Parola/ascolto si genera, si genera vita e la vita è per sua natura destinata a maturare, crescere. Se pensiamo alla lettura della conversione di Paolo descritta in Atti e letta in questi giorni, constatiamo che l’apostolo delle genti più che cieco è sordo, non ascolta la Parola, ed è indotto ad ascoltare perché con Lui il Signore si è fatto sentire, perché da quell’esperienza Paolo iniziasse ascoltando a generare, prima di tutto rigenerare se stesso, quindi a dare vita cristiana. L’ascolto è dunque come la conoscenza, un atto intimo che induce all’intimità, intanto perché prepara alla conoscenza, spinge alla conoscenza è mezzo alla conoscenza ma poi, e direi soprattutto, perché porta in me l’Altro, porta in me la Parola. E’ dunque atto sponsale l’ascolto, porta nell’intimità la Parola che è Persona, c’è dunque unione, unione nella diversità, reale unione con l’ascolto della Parola, dunque con la Parola divengo una sola Persona, divengo Persona, mi unisco, genero, do vita, vita nuova, novità. Ascoltare permette di farsi penetrare dalla Parola con lo scopo di divenire (perché questa, la Parola è Dio), Dio in Lui con Lui per Lui da Lui, entrare nella dinamica divina, nella dinamicità divina cioè sono altro da me perché sono con l’Altro che mi fa essere ciò che devo essere, non in potenza, secondo le mie potenzialità, ma in atto realmente “e lo siamo veramente”, afferma Giovanni nella sua lettera. Dunque ascoltare è conoscere: atti di vita, vera, concreta, atti che generano. Ma cosa assistiamo ancora dai banchi della casa di Dio, della nostra casa, da noi unità? Ascoltando conosciamo, dunque cresciamo, siamo a noi stessi vita e assistiamo fratelli cristiani dai nostri banchi al dare vita, facciamo memoria di quell’evento che il Signore ci ha tramandato perché lo ripetessimo per sempre, ripetessimo quel dare vita, dare la vita per… a… con… e per sempre. Qui in questo luogo fratelli cristiani ci viene presentata, ripresentata la sponsalità del gesto, e dico sponsalità per dire intimità; chi dà la vita per l’altro se non la sposa per il suo sposo o lo sposo per la sua sposa? Questo almeno è l’intenzione e la promessa. E chi dà la vita per chi è generato da quell’intenzione e da quella promessa, da quell’intimità, da quell’atto se non lo sposo e la sua sposa, attraverso un cammino di ascolto (generativo e oblativo) e conoscenza (generativo e oblativo)? Lo sposo e la sposa, Cristo e la sua Chiesa. La sposa e lo sposo, la sposa e lo sposo, la Chiesa e il suo Signore. Ciò che avviene nella casa del Signore fratelli cristiani avviene in ogni singola casa perché fatti a immagine e somiglianza di Dio, dare la vita, lo viviamo quotidianamente nelle nostre case, chiese domestiche, come lo erano le prime comunità cristiane, secondo le nostre possibilità, la nostra condizione. Mi spingo oltre, azzardo anche, ciò che avviene tra le nostre mura, nella nostra intimità è specchio e riflette i sacramenti, atti, segni vissuti nella casa di Dio, nostra casa, dunque unità di luogo. Gli sposi che si ascoltano, che si conoscono, che si danno reciprocamente, ebbene in essi c’è l’impronta della creazione di Dio, del trasformare il nulla in vita. Dare la propria vita è quel darsi reciprocamente non curanti di sé ma dell’altro, della sua realizzazione, ecco è ciò che Cristo compie salendo in croce, compie l’atto sponsale e generativo per eccellenza, non guardando a se stesso realizza l’altro , l’altro da sé; ciò che conta è l’altro, perché io conto per l’altro, ho dall’altro il corrispondente, sono a lui complementare, sono corrisposto, l’altro è la mia metà, nonché meta; solo l’unione dà l’unità e l’unione avviene nella e con la libertà, attraverso l’ascolto e la conoscenza, atti anch’essi unitivi, dunque generativi. Senza gesti, segni, atti concreti non è possibile trasmettere la vita, non si genera, si muore e la sacra Scrittura è attenta a valorizzare segni, gesti e atti perché la Scrittura che è Parola scritta è Persona viva: vita. L’atto dell’ascolto della Parola quindi la sua conoscenza e l’atto oblativo del Cristo stesso nella totale libertà sono la concretezza della vita cristiana, sono vissuti nella celebrazione eucaristica da chi liberamente corrisponde l’atto sponsale e ciò non è un prezzo da pagare ma un valore assoluto e imprescindibile da ricevere