ATTIVITA’ NELLA PASSIVITA’

18.04.2015 10:02

Anche oggi cari amici di Chiesa controcorrente voglio commentare quanto si è letto nella sacra Scrittura durante la celebrazione eucaristica di ieri venerdì 17 aprile, tutto proviene dalla Parola, tutto ha da essa inizio, origine, noi stessi siamo da essa originati. La Parola ieri proclamata è tratta dagli Atti degli apostoli 5,34-42 e dal Vangelo di Giovanni 6,1-15. In Atti , assistiamo alla presa di posizione di un fariseo membro del sinedrio, Gamaliele, una presa di posizione “soft” ma certamente efficace, astutamente distoglie l’attenzione del sinedrio dagli apostoli, la sposta su altri, per poi ricondurla a loro, confonde, intorpidisce un po’ le acque, spariglia le carte, è opportunismo il suo, sano opportunismo che risolve almeno momentaneamente la situazione di pericolo in cui gli apostoli si erano “cacciati”: sano o meno è opportunismo, Gamaliele si adatta alla situazione e ne trae, ne sa trarre il massimo utile, togliendo dal pericolo gli apostoli;  nel brano di Atti proclamato giovedì nella liturgia della Parola, l’autore, Luca,  concludeva con “all’udire queste cose (la conseguenza dell’interrogatorio di Pietro) essi (i componenti del sinedrio) s’infuriarono e volevano metterli a morte”. Gamaliele mette paura al sinedrio, pone il dubbio, quel tarlo che spinge la donna a corrompere l’uomo, il primo uomo, Adamo, Gamaliele funge da serpente, ne abbraccia il ruolo, pone il dubbio, la paura, divide, confonde, dunque frena. Ma questa strategia non è cristianesimo, l’opportunismo è il borghese e il perbenista modo di essere, aborrito da Gesù, condannato da Gesù e dalla Chiesa, infatti la sapiente liturgia della Parola del giorno, accosta alla lettura di Atti quella di Giovanni che apre con: “in quel tempo Gesù passo all’altra riva del mare”, questo è il cristianesimo, non è il borghese e perbenista opportunismo: il compromesso, ma cambiamento radicale, cioè il mettersi di fronte a ciò che si è, a ciò che si era, per essere ciò che si deve divenire, da dove si era prima si deve passare dall’altra parte, e perché? Perché dall’altra parte c’è erba fresca: “ c’era molta erba in quel luogo”, ci sono dunque le condizioni per stare bene, per vivere bene, seduti, al fresco, sfamati, istruiti, serviti. Per ottenere ciò è necessario passare all’altra riva, all’altra sponda, cioè decidere, rendersi responsabili delle proprie decisioni, attraversare il mare, quell’ignoto specchio d’acqua, vincere la paura di ciò che sta sotto che è celato, nascosto, fidarsi delle proprie forze, riporre fede, sperare, affidarsi, compiere il tragitto, viaggiare. Passare all’altra riva è dunque guadagnare un’altra vita, una nuova realtà, nuove esperienze, una nuova dimensione, dove per l’atto che si è compiuto si è premiati con l’abbondanza, ciò che c’è nell’altra riva è tale da essere in più, da essere avanzato, conservato perché prezioso, tanto da non volerlo perdere. Quella decisione di passare all’altra riva va maturata da soli, e se attuata attrae: “ lo seguiva una grande folla” ma attenzione ciò che è fondamentale non è lasciarsi coinvolgere dal numero, ubriacarsi delle presenze, dei censimenti, ma ritirarsi “sul monte, lui solo”. Questa riflessione è scritta dopo il partecipato incontro con padre Zanotelli, Chiesa gremita, non certamente come i fallimentari incontri in cattedrale, l’applauso finale, prolungato, ma segno di facile entusiasmo dovrebbe segnare la volontà di dare inizio al passaggio tra una riva e l’altra… ma per ritirarsi sul monte da soli.