CREDENTI, NON INCREDULI, BEATI: CRISTIANI!

12.04.2015 09:42

Il brano di vangelo appena proclamato si presta a mille riflessioni, ma d’altra parte come ogni brano della sacra Scrittura, ogni parola perché Parola viva, persona che parla, è Dio che parla, intrattiene, insegna, coinvolge. Mi soffermo su due punti, non posso farne a meno. Il primo è all’inizio del racconto ed è quest’affermazione: “la sera di quel giorno, il primo della settimana (che è poi la domenica), mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per paura dei giudei, venne Gesù, stette in mezzo a loro e disse: << Pace a voi!>>. Detto questo mostrò le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.” La gioia di rivedere il Signore, supera il timore, la paura dei giudei, quella gioia è la Pace che augura loro: “Pace a voi!”, il saluto di sempre, il quotidiano saluto, la consuetudine della presenza, il Signore non li ha lasciati, è con loro per sempre. Ma ciò che colpisce la nostra attenzione è che Gesù “appare”, scrive Giovanni “mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano”, e più ancora colpisce che Gesù porta i segni della passione “mostrò loro le mani e il fianco”. Gesù si presenta ai discepoli, a noi, con il suo corpo glorioso, risorto, quel corpo che è resuscitato da morte, che ha vinto la morte, quel corpo che non ha più limiti, (le porte, i muri), non ha spazio né tempo, non ne è più legato, ma ha impresso la sua individualità, ciò che lo caratterizza e lo individua, è riconosciuto, è il Signore, è Lui, tanto che porta le piaghe. Il Signore è segno, primo segno, segno del Regno è continuo ed eterno segno, segno da sempre; i suoi segni, i segni che lui ha compiuto sono stati scritti e descritti nella sacra Scrittura, prima della sua venuta, della sua incarnazione e dopo la sua ascensione. Segni che lasciano a noi la responsabilità ed il dovere, come discepoli, come cristiani di osservarli, custodirli e meditarli, e la libertà di crederli. La gioia dei discepoli è vedere realizzata la loro fede, ciò che hanno sperato si è realizzato, è materia dei loro sensi, del loro vedere, capire, e comprendere. Paolo dice che “la fede pone il suo fondamento nelle cose che si sperano”, dunque in quella domenica si è realizzata la speranza, la speranza è divenuta realtà perché fosse segno, cioè comprensibile, segno, perché la Parola che avevano ascoltato, visto, toccato, era Persona: “ Pace a voi!” La Parola è segno, un segno da diffondere, quindi tramandare negli anni, nei secoli, per sempre, perpetuare, divenire tradizione, cioè segno che diviene segni, una sorgente che diviene rigagnolo, poi torrente, quindi fiume di grande portata. Gesù, Parola è presenza, e presenza continua, ovunque e per chiunque, fuori da schemi, dal tempo e dallo spazio, senza limiti, confini, orizzonti; in Lui anche noi viviamo quest’esperienza, nel segno siamo segno, dunque presenza, presenza continua, eterna, come lui riceviamo anche noi un corpo glorioso, come lui atto siamo atto, atto vitale, vita. Lo sappiamo per fede, dunque non è più un mistero da svelare il nostro domani, ma è una certezza dataci, trasmessaci dal Cristo, il quale ha per noi, per me, per voi fratelli cristiani, trasmesso l’atto del vivere, eternamente vivere. Con Lui e per mezzo di Lui, siamo ovunque, fuori dal tempo e dallo spazio, perché presenti in ogni celebrazione eucaristica, come chiesa terrena unita a quella celeste, nella Parola proclamata e nelle specie eucaristiche. Come? Per fede, con il credere, con l’essere credenti, non increduli, noi increduli, nell’essere cristiani, cattolici, discepoli. Un altro aspetto che desidero portare alla vostra attenzione fratelli cristiani, non per mio vezzo, ma per la stessa Parola, per la stessa ammissione ed insegnamento del Cristo, Giovanni alla fine del brano di vangelo appena proclamato, scrive: “Gesù in presenza dei suoi discepoli fece molti altri segni, che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché credendo abbiate la vita nel suo nome”. Ciò che è scritto ci deve bastare, e noi a cercare libri diversi dalla sacra Scrittura ,e  segni al posto dei segni che la Chiesa ogni giorno dispensa ai suoi fedeli: i sacramenti. Leggiamo i libri dei teologi ma non della sacra Scrittura alla quale i teologi stessi s’ispirano, seguiamo le disposizioni dei veggenti e le emozioni che suscitano i pellegrinaggi sono preferite ai segni della Chiesa: i sacramenti; e se i sacramenti non danno, suscitano emozioni e il mistero non suscita stupore, non stupisce, dov’è di casa la nostra fede? Dobbiamo fratelli cristiani tornare alle origini, all’essenziale, al credere ai segni trasmessi dalla tradizione: i sacramenti, a leggere e meditare quotidianamente la sacra Scrittura, non solo Parola del Signore, ma Signore stesso, esercizio di fedele dell’amante con l’amato o con l’amata, è rapporto, vita, dunque libertà; quell’atto, la fedeltà non può essere scambiata o preferita ad altro, il rischio è l’adulterio, la prostituzione, l’idolatria, la non vita, la schiavitù. Dunque fratelli cristiani credenti, non increduli, beato: cristiano!