DOPO L'ASCOLTO DELLA PAROLA: NON DEVO PIU' OBBEDIRE... AL SINEDRIO

17.04.2015 08:28

Volevo scrivervi altro cari amici di Chiesa controcorrente, ma letta la Parola di ieri tratta dagli Atti degli apostoli 5, 27-33 e dal Vangelo di Giovanni 3,31-36, ho preferito un breve commento. Ciò che colpisce in Atti è l’affermazione di Pietro nel sinedrio, sede del potere religioso del tempo, infatti ad interrogare la Chiesa è il sommo sacerdote. La Chiesa, cioè “noi e lo Spirito Santo”, risponde: “ bisogna obbedire  a Dio invece che agli uomini” e gli fa eco Giovanni con l’affermazione “ chi viene dall’alto è al di sopra di tutti… chi viene dal cielo è al di sopra di tutti”, e chi viene dall’alto, dal cielo? Ancora Giovanni viene in risposta: “ colui che Dio ha mandato”, e a lui bisogna obbedire. Questa è una risposta diretta a quelle parole che pronunciamo noi sacerdoti nell’ordinazione sacerdotale, nel sacramento dell’ordine: rispondiamo alle parole pronunciate dal vescovo “prometti a me e ai miei successori figliale obbedienza?” e la nostra risposta è “prometto”. Ma la figliale obbedienza è l’obbedienza che il figlio deve al padre, un’obbedienza mediata da un rapporto profondo, da un rapporto amorevole, costruito nel tempo, nel quale è contemplato anche il dissenso, lo scontro generazionale, la meditazione di ciò che è chiesto, il confronto-scontro. L’obbedienza cieca è data solo a chi viene dall’alto a cui, a Lui solo è riconosciuta l’obbedienza. Come è conquistata la cieca e totale obbedienza? Dalla fede che dunque non può essere riposta in un uomo, perché altrimenti sarebbe idolatria, i cristiani per non bruciare incenso all’imperatore, per non adorare un uomo, per non riporre in lui fede salivano impavidi al patibolo, con ardore e onore. La fede, il credere, lo sperare, è materia della coscienza, luogo d’incontro e scontro, di dialogo corretto e costruttivo con l’unica paternità vera, completa perché atto del creatore. A quella devo fare riferimento e confrontarmi dopo l’ascolto della Parola di Dio e non delle parole degli uomini. Ecco perché l’obbedienza non è più una virtù né lo è mai stata, ecco perché la Chiesa nella Parola afferma che bisogna obbedire a Dio, non invita a promettere agli uomini, dunque la promessa è parola di uomini e come tale è da mediare perché non ha il carisma dell’Assoluto, dell’Infinito, dell’Unico. Lo Spirito poi è dato da coloro che obbediscono alla Parola, cioè a Dio. Il credente, l’obbediente alla Parola è il credente, il discepolo colui che riceve lo Spirito. E per questo motivo che: “ all’udire queste cose essi (coloro che sedevano nel sinedrio, cioè i sacerdoti) s’infuriarono”. Obbedire a Dio, alla Parola non agli uomini, l’obbedienza non è una virtù, per gli uomini è coercizione, dipendenza, schiavitù.