IO SONO IL MONDO, IO SONO L'UNIVERSO

17.05.2015 09:06

“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura”. Mi fermo su questa frase di Marco, perché è frase di apertura, apertura di vasti orizzonti, di spazi che si aprono per restare tali, vasti, frase di movimento, dinamica. C’è veramente e sicuramente un altro significato oltre a quello che si può intendere, dedurre da quella Parola, dalla Parola pronunciata dal Risorto agli undici riuniti. Perché dico, affermo che c’è un altro significato? Ma per forza della trasfigurazione, cioè di un’altra realtà che sta oltre, che è l’essenza della realtà, cioè il vero modo di essere della realtà, la vera realtà. Cristo sul Tabor, trasfigurandosi, mostra, svela, la sua essenza, cioè la sua vera natura, il suo vero modo di essere, così che ogni cosa creata derivata dalla creazione, dall’atto creativo, (che è solo di Dio) conseguenza di questo ha, possiede la sua essenza, cioè il suo vero modo di essere, il suo vero significato; c’è differenza tra il nostro modo di essere e quello di apparire. Essenza e apparenza sono dunque diversi modi di essere. Ma noi pensiamo veramente che il mondo sia oltre noi stessi? Sì ne facciamo parte, ma trattiamo il mondo come se questo fosse esterno a noi, indipendente da noi, periferico a noi. Ma se fossimo noi il mondo? E spingendomi oltre se fossimo noi l’universo? Affermare che sono il mondo e l’universo, che io sono il mondo e l’universo significa trasfigurare la mia realtà (andare oltre la mia realtà), la mia dimensione, proiettarmi nell’oltre, dare prova che non c’è tra le due dimensioni una netta separazione, ma unità, cioè quella e questa sono complementari, insieme sono, la medesima realtà e dimensione, dunque sono sempre trasfigurato, cioè oltre, devo solamente rendermene conto, accorgermene, sono Paolo e Giovanni a farci sapere che siamo figli di Dio, cioè ci dicono che in Dio siamo Dio, e se dunque siamo Dio, non siamo più del mondo e dell’universo, perché se si è Dio si è tutto, tutto e parte di tutto: il Tutto. La frase di Marco “Andate in tutto il mondo…” ha come significato entrare in se stessi, noi siamo il mondo e come ad ogni mondo è necessario proclamare il vangelo. Se non fossi mondo che necessità ci sarebbe di andare nel mondo? Vado nel mondo sì per proclamare, ma per proclamare prima devo conoscere e non posso conoscere ciò che sta fuori di me se prima non conosco ciò che c’è dentro di me. Fondamentale per la conoscenza dell’altro, degli altri, delle cose, del mondo, è la conoscenza, a monte di se stessi; e ancora, se Dio è tutto, e tutto contiene, dunque nell’Eucarestia c’è il mondo, anzi l’universo conosciuto e sconosciuto, e oltre, dunque c’è la Chiesa, terrena e celeste, ciò che è stato e che c’è, e ciò che sarà (passato, presente e futuro) dunque in tutto ciò, nell’Eucarestia, ci sono anch’io, cioè sono mondo, universo, Chiesa nella sua pienezza. Quando Gesù m’invita ad andare, in fondo mi dice di restare. D’altra parte non è Teresina la patrona delle missioni? Teresa del Bambino Gesù e del Santo Volto, una monaca di clausura che non è mai uscita dalla cerchia delle mura del suo monastero e che è morta in giovanissima età. Quelle mura sono state il suo mondo e il suo andare per il mondo, e più ancora la sua cella che è più limitata delle mura tra cui è vissuta, e più ancora il suo cuore è stato il suo mondo e il suo andare per il mondo. Nella dimensione cristiana, nella logica cristiana, sono, divengo mondo, universo, Dio. Andare per il mondo dunque è l’invito, l’imperativo di conoscersi, di prendere coscienza della trasfigurazione che mi porta, mi proietta a prendere coscienza di ciò che sono e del perché sono, del valore dell’oltre che è travalicare la dimensione spazio temporale, caratteristica della vita divina che possiedo in quanto battezzato. In quella dimensione sono dunque oltre, cioè sono qui e sono lì, e poi là, sono ovunque: è la presenza di Dio, cioè ovunque e per sempre, cioè sono giunto all’immortalità (vita eterna), il sogno degli eroi greci è la realtà di ogni fedele cristiano. Prestiamo ancora un attimo attenzione al prosecuo della frase di Marco: “ e proclamate il vangelo ad ogni creatura”. Ciò, questa affermazione ci rende responsabili, (noi cristiani, tutti noi, perché noi discendiamo dalla fede degli undici, la fede di Abramo), dicevo ci rende responsabili di ogni cosa creata, dunque non solo di chi abita l’universo, ma di tutto ciò che lo compone e lo costituisce. Io, ognuno di noi, il vangelo lo deve proclamare anche all’acqua, che è creatura, alla pietra che è creatura, e così via, e a queste cose più alle altre create, tra cui l’uomo (che è creato come ogni componente di questo universo) devo proclamare il vangelo, cioè vuol dire non fare il predicozzo, ma rispettare e stabilire un rapporto, creare le basi per una conoscenza ed un’esperienza. Se parlo con l’acqua, con la terra, con il fuoco, con il lupo come fece Francesco d’Assisi, li rendo vivi, umani, persone, fratelli (ecco perché frate sole, sorella morte) li trasfiguro cioè vado a riconoscere la loro vera essenza, il loro vero modo di essere, colgo in essi l’impronta di Dio, che è la mia stessa impronta, li trascendo, li porto cioè oltre l’apparenza e li colloco là dove devono stare, dove la sapienza di Dio li ha posti, cioè nel suo seno, nel seno di Dio; sono essi come me, mondo come lo sono io, sono parte con me dell’armonia, della pienezza, e con essi sono pienezza nella Pienezza. Ecco dunque fratelli cristiani che solo conoscendomi, cioè conoscendo posso credere, e se credo posso compiere segni (come dice Gesù), cioè cambiare la realtà, trasfigurarla, cioè andare oltre, cioè fondare la nostra vita su ciò che si spera e avere come prova ciò che non si vede: questo per Paolo è la fede, cioè semplice vita cristiana.