L'ESTASI E IL PIACERE

07.06.2015 09:53

Con alcune famiglie ed un confratello, dunque in un clima di famigliarità, in questa settimana abbiamo sviscerato questo brano di Marco oggi proposto dalla liturgia. Ne è emerso un Dio coinvolto nella nostra vita, possiamo dire, affermare, immerso sino alla gola nella nostra vita, quindi parte di essa. Gesù mangia, consuma, vive la Pasqua come ogni famiglia ebraica con i suoi discepoli (la sua famiglia) in una casa e con altre persone, come quella notte in Egitto seguendo le disposizioni che Dio fece pervenire al popolo attraverso Mosè. Se una famiglia non possedeva l’agnello avrebbe potuto, anzi dovuto unirsi ad un’altra, così fa Gesù, in un luogo di quella Gerusalemme dove da sempre (fin da piccolo) si era recato, un luogo che conosce perché come ogni buon israelita deve  mangiare la Pasqua e lì da sempre è andato, non vi è nulla di miracoloso o magico nel racconto della scelta del luogo che Marco ci riporta. Noi fratelli cristiani seguiamo un Dio, Dio che compie i nostri stessi gesti, perché sono gesti che lui ha dettato, e gli piace, trova soddisfazione, godimento che l’uomo, questi gesti, li compia in memoria, che faccia memoria (fate questo in memoria di me) e la memoria è il passaggio dall’Egitto alla terra promessa (l’inizio del cammino di fede dalla schiavitù alla libertà) la partenza, la Pasqua. E ancora fratelli cristiani noi seguiamo un Dio, Dio che ci dice, c’invita: “prendete questo è il mio corpo”; un Dio, Dio che si dà totalmente, in quel corpo c’è la totalità dell’essere: corpo, anima, spirito (scrive S Paolo). Il prendere, quel prendere è sinonimo di unione, il prendere (come il dare) un corpo ci riporta all’atto sponsale che è atto per e verso la vita, aperto alla vita. Si prende, si offre il proprio corpo allo sposo, alla sposa, perché quel prendere, dare, offrire, dà gioia e sia e dia gioia, la gioia dell’unione, la gioia della vita. Quella gioia è estasi, è talmente intensa che ci porta, trasporta in una nuova o in un’altra dimensione di piacere, armonia: amore terreno (cioè umano e divino) fertile alla nuova vita.  Quel prendere il corpo, il dare il corpo, metterlo a disposizione è l’esperienza che vive Maria; essa dà il suo corpo, lo offre, lascia che il suo corpo sia preso per generare vita, per generare il Figlio suo (di lei) e di Dio: Dio. Nelle parole della consacrazione non può non essere presente quell’atto che lo Spirito Santo compie in Maria e che Maria consenziente, permette, dunque chiede all’uomo, all’umanità il permesso di entrare nell’umanità stessa, l’uomo (Maria) concede a Dio di entrare nell’umanità e Dio dà il suo corpo ad un’umanità accogliente perché questa impari la totale e completa accoglienza, l’atto di accogliere: “ non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici” scrive Giovanni a noi, a ognuno di noi. Noi fratelli cristiani seguiamo un Dio, Dio che dice: “ questo è il mio sangue dell’alleanza versato per molti”. Il sangue sappiamo che anticamente era considerato il veicolo della vita, si dice ancora oggi che la vita scorre nelle vene, ed è una bella visione, una bella immagine, non c’è dubbio. Ora Dio c’invita nelle parole della consacrazione a bere la sua vita ad assumerla e portarla dentro di noi. Abbiamo con l’eucarestia assunto il Signore nella sua totalità, corpo anima e spirito: vita. È in noi è penetrato in noi, perché non si dà vita senza entrare, penetrare. Il suo corpo, la sua vita entra e dilaga in noi, e nuovamente si ritorna a quell’atto, l’atto sponsale che si consuma tra i coniugi. Vedete fratelli cristiani come il cristianesimo sia atto, palpabile, udibile, odorabile, gustabile, visibile, cioè coinvolge tutti i sensi, tutti e cinque, ed è atto godibile: l’atto sponsale, l’atto cristiano è amore, amore aperto alla vita, a generare altro da me e non da trattenere per me, ma dono all’altro, al coniuge e  a ciò che è frutto del rapporto, di quel rapporto che è anch’esso atto umano che diviene atto divino con la benedizione e la santificazione di Dio attraverso l’incarnazione. In quella particola che conservata ed esposta di essa ne viene adorato il corpo, anima e spirito del Cristo, presenza di Dio e dello Spirito Santo, cioè della santissima Trinità, è la stessa particola che viene assunta e portata nel nostro intimo, in quell’intima unione sponsale che fa dell’atto, di quell’atto il godimento spirituale che è piacere ed estasi perché atto vivo, tra vivi, atto unico, ripetibile eterno e che ci segna indelebilmente per l’eternità. Ho terminato appositamente prima del previsto la mia omelia per invitarvi in questa giornata ad una pausa di preghiera silenziosa di tre minuti d’orologio per dare spazio alla preparazione della recita della professione di fede nella quale ci dichiariamo credenti dell’umanità e  della divinità di Dio.