LO SCEMPIO: IL MERCATO DI S RITA

23.05.2015 09:57

Mi ha fatto molto piacere l’incontro di ieri con il parroco del Duomo, mi ha chiamato per strada e chiesto della mia barba, che porto da Natale, ma che lui si è accorto solo ora che la porta, malgrado in questi sei mesi ci sia più volte visti. E’ tutto quello che ha saputo dirmi sorridendo, dialogo profondo tra confratelli, legati da uno stretto rapporto che all’esterno, cioè per gli altri, si chiama fraternità sacerdotale (forma di basso livello). Ho poi capito il sorriso e la gioia, è per via della memoria di santa Rita e la conseguente vendita delle rose. Fin dal mattino presto è stato allestito all’esterno della Chiesa delle SS Trinità il banchetto preso letteralmente d’assalto tra risate e un vociare degno del mercato rionale. Non sono affatto contrario a questo tipo di devozione, ma è lo stile che mi lascia perplesso, all’esterno della Chiesa su di un banco da mercato (due cavalletti che reggono un asse orizzontale, su cui è adagiata la merce e il “registratore di cassa” che non emette scontrino fiscale) mentre all’interno opera una “macchinetta” da benedizione (di rose) a turno si alternano preti a benedire e all’esterno fedeli laici a venderle; una catena di montaggio inarrestabile per quasi tutta la giornata. L’incontro con il parroco è avvenuto nel primo pomeriggio, il sorriso e l’espansività denotava una buona vendita, dunque un cospicuo incasso: santa Rita purtroppo è ricordata per questo, dai soldi che derivano dalla vendita di rose e dall’accensione delle “odiose” candele elettriche. E’ una santa dell’impossibile che possibilmente va sfruttata e i mercanti del sacro sono capaci ad osservare dove investire. Ora nella mia pazzia proporrei anziché la pastorale del denaro (propria di questa parrocchia)  una pastorale di questo tipo: l’intercettazione delle persone che accendono quelle candele (elettriche) perché queste sono la richiesta dell’impossibile, cioè che l’impossibile divenga il possibile, sono il gesto di coloro che sperano, cioè di coloro che ripongono fede, che hanno fede quella fede che li spinge a spingere quell’interruttore, ebbene la pastorale che propongo è il presidio con turnazione di sacerdoti che intercettino queste persone che con la loro speranza reggono una Chiesa che ha sempre meno fede. E’ il sogno d’Innocenzo III che Giotto ha dipinto nella basilica maggiore di Assisi, a reggere la Chiesa c’è un umile frate che pone come fondamento della sua vita la speranza. Intercettati si dà inizio all’avvicinamento da cui il dialogo per poi spingersi nella confidenza. Un altro consiglio “pastorale” è la distribuzione (non vendita) delle rose all’interno della Chiesa, affinchè la gente possa entrare e sostare in silenzio alla presenza di almeno un sacerdote ( in fondo è un giorno all’anno) che invita la silenzio, alla compostezza, al rispetto del luogo, all’educazione cristiana. In oltre ve ne dovrebbe essere uno seduto in confessionale per dare assistenza al santo popolo di Dio e richiamare alla riconciliazione. L’offerta dovrebbe essere depositata in fondo alla Chiesa e non ritirata da mani e infilata in una scatola. Se pensiamo che a Bose ci si serve dei libri e degli oggetti in vendita e si ripone il denaro in un’apposita cassetta… E’ questione di educazione all’uso formale del denaro, non dell’avidità del prendere, del ritirare, del possedere. Ultima cosa da fondamentalista: dopo il mercato, come ogni mercato si scopa e si accumula il materiale di scarto che viene gettato nella spazzatura. Ricordo che i petali, le foglie dei gambi delle rose sono benedette, dovrebbero essere raccolte, seccate e bruciate, non dite che non è un mercato; è un mercato, il fine è il denaro e ciò che rimane della giornata è la conta dell’incasso a scapito della pastorale. E’ meglio che il “pastoralista” della diocesi (il più giovane della troika) per amore della Chiesa prenda coscienza di questo scempio.