NON CONTARE NULLA...

03.05.2015 08:36

Dovrei parlarvi della vigna, del vignaiolo, dell’agricoltore, dei tralci, ma mi fermo al solo resoconto che si legge nella prima lettura tratta dagli Atti degli Apostoli, la storia della prima comunità cristiana, dei suoi primi vagiti, la storia della nostra comunità orfana del suo fondatore: Gesù Cristo Figlio di Dio e vengo a raccontare queste cose a voi, santi della Chiesa di Pavignano, così vi chiamerebbe Paolo o Saulo protagonista del racconto lucano ( scritto da S Luca). Voglio commentare con voi la frase con cui inizia, si apre la lettura, la prima lettura: “ venuto a Gerusalemme (il soggetto è Paolo o Saulo) cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse discepolo”. Paolo, fa paura, fa dunque paura e dobbiamo chiederci, è d’obbligo chiederci (per capire) il perché faccia paura, che tipo di paura prova la comunità cristiana, se solo la paura verso chi un tempo era suo persecutore, aguzzino, delatore, oppure la paura che incute un convertito. Un convertito incute paura, perché dimostra capacità di cambiamento radicale, dimostra forza, determinazione, entusiasmo, capacità di sopportazione, di espiazione, capacità oblativa, capacità critica, costruttiva, di emendamento, e direi anche capacità ricostruttiva; il convertito è capace di reinventarsi esponendo il fianco come Gesù in croce e nell’incontro con Tommaso, si lascia spogliare e si spoglia, lasciando scoperto il punto debole, non lo protegge come il pugile, anche se come il pugile il convertito è un buon incassatore, dunque sa attendere per dare una svolta definitiva all’incontro, quando l’avversario si è stancato di colpire, e a sa che la vittoria ai punti è prossima, è alla portata di mano, allora allunga, allenta la pressione, ecco che l’incassatore, da parte passiva diviene parte attiva, iperattiva, scatta, mette a frutto la pazienza, la riflessione, la tattica, il sapere attendere, e assesta il colpo del Ko, dove i punti a suo sfavore vengono azzerati. La comunità di allora, come quella di oggi, è sempre spiazzata da un convertito. Costui va contro ogni schema, ogni logica, soprattutto va contro lo schema e la logica dell’abitudine, quella che mi configura da sempre e per sempre… Perché è così che si fa… è così che ci si comporta… è il… per educazione… per tradizione… E’ la caduta della ragione, la negazione della ragione, è fideismo, ho fede perché così mi è stato insegnato, senza avere il coraggio di pensare a ciò che si crede. La fede è risposta, dunque presuppone a monte una domanda, a cui segue una riflessione tra un soggetto proponente (agente) e uno ricevente ( anch’esso agente). Ciò che si crede, ciò che è oggetto della proposta deve avere un suo inizio, un percorso logico, ragionato, in cui tutto funziona, anche il mistero, ciò che accetto per e come mistero, e un fine, non una fine, ma un fine, uno scopo, un obiettivo. Paolo fa paura perché fa porre delle domande, fa, induce a scendere in se stessi, nel fondo di se stessi, dove non c’è pulizia, dove quel fango, quella mota, deve essere aspirata e smaltita, dove mi accorgo che anch’io sono da convertire, e che le mie sicurezze, pagane e farisaiche in realtà non sono fondate; sono ormai anni che i pontefici che si sono succeduti al soglio petrino parlano per l’Europa cristiana ( dunque Italia compresa) di rievangelizzazione, cioè ne hanno sperimentato la necessità della conversione. Siamo cristiani verniciati esteriormente! La comunità cristiana per vivere deve sempre agire, riformarsi, attualizzarsi, rimotivarsi, rimodellarsi nei suoi ranghi, mai adattarsi perché allora si ha paura, paura di perdere ciò che si è accumulato, la comunità sempre deve rischiare come il buon imprenditore e mettere sul tavolo tutte le sue risorse, non seppellire la dracma, la moneta data perché porti frutto. L’obiettivo non è la sopravvivenza della comunità, ma la perpetuazione nei secoli e all’infinito del suo messaggio, solo così si vince il tempo, si è fuori dai limiti spazio temporali. La seconda frase che vorrei con voi commentare fratelli cristiani o se preferite santi della Chiesa di Pavignano e che associo a quella che abbiamo appena commentato è la frase che chiude la prima lettura: “ la Chiesa era dunque in pace per tutta la Galilea, la Giudea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e con il conforto dello Spirito Santo cresceva di numero”. Il lavoro di confronto ragionato, il voler capire perché dare una svolta alla propria vita, il mettersi in gioco, il seguire quindi rinunciare, per il mistero, per la fede, lo sperare, lasciare per ciò che non si vede ma che si sente, percepisce, il rischio di lasciare il certo per l’incerto (che è poi il certo), ebbene ciò non turba ma dà pace, lo abbiamo sentito proclamare nel racconto di Luca: “la Chiesa era dunque in pace”. Sono in pace quando mi oriento e tendo verso la verità e la libertà, dunque la felicità, cioè a ciò che cerco, che è sempre proposto e alla portata. La comunità, la prima comunità vive dei racconti verbali, la testimonianza di coloro che hanno vissuto con il Signore e consegnano a chi ascolta i loro racconti perché si tramandino, divengano tradizione. Da questa tradizione orale si può trarre, avere, tradurre, avere per sé e ciò diverrà più tardi la Sacra Scrittura, la Parola di Dio rivelata e ispirata, pace, equilibrio, armonia visitata e trasmessa. Qui la comunità in questo frangente non ha paura, ma prova, fa esperienza della pace, perché ragiona, esperimenta, elabora il timore del Signore che non è altro che assegnargli, riconoscergli il giusto valore, la giusta collocazione, la giusta dignità, come Lui (il Signore) le riconosce a noi. Creatura e Creatore, diversità di ruolo e di sostanza, perché io sono io e non Dio, ma in Dio sono Dio e Dio in me. La mia libera adesione, non forzata rispettosa della mia pace mi rende Figlio di Dio, cioè Dio nella reciproca diversità. Così si cresce di numero, non certo contandosi, censendosi come ai tempi di Augusto, o ai nostri tempi che per paura ci contiamo, paura di ritrovarsi in meno e ciò accade sempre più tutte le volte che ci contiamo. Ci si converte quando non si conta più nulla, quando in Dio si è Dio nella reciproca diversità. Ora fratelli cristiani qual è il timore del Signore? Quando Paolo o Saulo risponde alla chiamata del Signore, e si lascia guidare cieco da un suo emissario, lì, prende coscienza che ha bisogno di una guida, della Guida, ha bisogno di fare esperienza di quella pace che è la consapevolezza, e la serenità di confidare, di non essere nulla senza…