NON PIU' UOMO NE' DONNA

10.05.2015 08:09

Fratelli cristiani mi soffermo ancora sulla prima lettura tratta dagli Atti degli apostoli, opera ispirata a S Luca, che come spesso vi ho detto tratta della prima comunità cristiana, del suo atteggiamento, della sua reazione, dei suoi primi passi senza il Signore, orfana della sua guida. Gesù ha lasciato la comunità, assicurandogli l’assistenza, il conforto dello Spirito Santo, mediatore, il nuovo mediatore, l’avvocato, il Paraclito, colui che fa gli interessi, cura gl’interessi, difende gl’interessi della comunità cristiana nascente e crescente, in espansione, a lui la comunità cristiana deve rivolgersi nell’intimo dialogo con il Padre. Pietro lo abbiamo sentito affermare: “ anch’io sono uomo”, la tentazione della comunità, dei suoi membri, ieri, ma anche oggi, è quella di riporre fede in un uomo. Ciò è idolatria, e Pietro fa un passo indietro, si ritrae e afferma che è uomo, come tutti gli altri, come quello (Cornelio) che si è prostrato ai suoi piedi; ma perché? Perché Dio ha voluto essere uomo, divenire uomo, nascere, crescere, e morire come un uomo. Pietro dunque non può essere da meno del Signore, che come leggiamo in Giovanni, Gesù ha fatto conoscere a noi tutto ciò che ha ricevuto dal Padre: “ tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”. Il Signore non ha filtri, è diretto, è trasparente, cristallino, come vetro, e non perché Dio, ma perché uomo, è possibilità dell’uomo far conoscere, condividere il suo sapere, insegnare; il maestro non tiene per sé, ma dà, si dà, dà ciò che possiede. Gesù dà totalmente se stesso, in Giovanni leggiamo: “ nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”, ed è ciò che il Cristo ha dato, la sua vita per la nostra salvezza. Come ogni uomo è chiamato a fare, come dovrebbe essere, dare la propria vita perché l’altro è custode della mia e dà la sua per me, cioè so, conosco, ho conoscenza che posso fidarmi dell’altro, so di potermi affidare all’altro. La visione, l’ambiente è quello sponsale, così fanno i coniugi fra di loro, vivono nell’altro, dell’altro e per l’altro, reciprocamente, così da essere unità, unione che genera vita, non c’è altro modo, non ci sono altri modi, ma un unico modo, l’unico modo, modello di quel rapporto generante che è stabilito nel rapporto, nell’atto trinitario, nella Trinità, origine della vita, biologica e spirituale, origine della creazione. Se entro in questa dinamica, sono Dio, perché ho, conosco così tanto da saper dare il giusto posto a Dio, ho saputo riconoscere il suo posto, il suo spazio, la sua collocazione, che non è di subalternanza né di complementarietà, ma di unità, in Dio sono Dio (è l’urlo dei padri della Chiesa e dei mistici), e sono Dio perché figlio, figlio di Dio… Dio. La mia dignità di uomo è elevata, volutamente elevata, perché è Dio stesso che mi eleva, assumendo la natura umana, la mia natura, non mi ha fatto sentire inferiore benchè io sia creatura e lui il creatore, mi ha elevato alla vita divina, mi ha detto: “alzati anche io sono uomo”. Dio ha dato prova in Cristo di “abbassarsi” cioè si è mescolato all’uomo divenendolo, ma questo suo abbassamento non è tale, perché Dio non può essere da meno di ciò che è, dunque non c’è stato abbassamento di Dio, ma innalzamento, elevazione dell’uomo; la nostra natura è stata innalzata, elevata, così  ci ha conferito una dignità regale, che nessun uomo può negare o togliere ad altri, neppure attraverso ogni genere di vessazione, costrizione o privazione. Nei campi di sterminio ovunque siano stati o siano ancora oggi attivi, la dignità di un uomo non viene perduta né schiacciata; Dio non permette ciò, neppure chi attenta oggi al lavoro dell’uomo, negandoglielo, sottraendoglielo riesce a togliare o a sminuire la dignità, caso mai è proprio il contrario, è chi si adopera contro l’uomo che dimostra di non sapere usare quella dignità conferitagli con il battesimo, ma neppure lui la perde, Dio non toglie i suoi doni, attende che chi li ha ricevuti li sappia accogliere. Pietro poi afferma:”… sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone”, è questa un’affermazione di unità. Di fronte ai suoi occhi siamo posti tutti sullo stesso piano, perché lui ci ha portato, dai diversi piani in cui la nostra cultura ci colloca, al suo piano che è unico e complanare, e come abbiamo letto in Giovanni ci ha fatto conoscere ciò che ha udito dal Padre. Il Cristo divide, condivide la sua intimità con noi, si fida, pone la sua fiducia, la sua fede così smisuratamente nell’uomo da confidargli la sua intimità. C’è da impallidire quando noi viviamo di segreti, di cose non dette, celate, da non dire, da dire in parte, da dire per convenienza o per ingannare. Viviamo la nostra vita volendo sapere degli altri, le cose degli altri e non le nostre, non conoscendo noi stessi, disconoscendo noi stessi, viviamo per soddisfare la nostra curiosità morbosa, i nostri pettegolezzi. Se vivessimo in una casa di vetro anziché mettere le tende ad ogni vetro: saremmo trasparenti. Se come insegna il Vangelo, il nostro dire fosse sì sì e no no: saremmo trasparenti, veritieri. Se liberamente iniziassimo a condividere le nostre sensazioni, i nostri problemi, le nostre gioie, le nostre aspettative, i nostri beni, saremmo trasparenti, giusti, e la giustizia si fonda sul riconoscere l’uguaglianza, il non fare (come afferma Pietro) delle preferenze, non essere preferiti, non godere delle preferenze, aborrire le preferenze… E se vivessimo nella trasparenza e nell’uguaglianza, cioè vivessimo la vita cristiana saremmo unità, una sola cosa, un solo genere: Paolo scrive non più uomo né donna, non più schiavo né libero, non più giudeo né greco, e ciò sarebbe, è novità, vita nuova, e sarebbe una buona notizia, una buona novella, la buona novella, Vangelo, gioia come scrive Giovanni: “ la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.