AMARE NON SFRUTTARE L’AMORE

26.12.2014 09:35

Come ci abita, come ci cattura, come emerge nella nostra vita la mondanità? Lascio per ultima la definizione di mondanità perché leggendo ciò che viene prima, Il lettore deve sentirsi stimolato a ricercare non tanto sul vocabolario la definizione, ma in se stesso, nella sua esperienza, nella sua coscienza, nel suo intimo, a tu per tu con il Padre. Bianchi comunque lapidario, categorico, imperativo afferma: “nostro dovere è dunque quello di prendere posizione riguardo la mondanità”, e lancia questo drammatico ammonimento:” se infatti cediamo ad essa non può esserci in noi l’amore che scende da Dio perché quest’ultimo può risolversi in amore dei fratelli e delle sorelle non degli idoli”. Cos’è dunque  e com’è la mondanità per rispondere alla domanda che apre questa riflessione? Bianchi citando Giovanni scrive:” Giovanni ha il coraggio di definire con precisione come la mondanità ci abita, o meglio come la mondanità emerge nella nostra vita e nei nostri cuori”, e prosegue citando Giovanni “tutto ciò che è mondano, - la voracità della carne, la pretesa degli occhi, l’arroganza della vita -, non viene dal Padre ma viene dal mondo”, e in ciò in ogni uomo, quindi in ogni cristiano è presente l’inclinazione all’amore di sé contro gli altri e ciò per Bianchi è peccaminoso e non solo, ma attribuisce a Giovanni:” una meditazioni che non ha eguali per profondità in tutto il Nuovo Testamento”. Bianchi sostiene che Giovanni “individua tre ambiti in cui la voracità ossia il desiderio vitale pervertito si manifesta”. Il primo ambito è la voracità della carne, cioè il soddisfare il primo egoismo cioè trasformare ogni desiderio in bisogno impellente. Bianchi scrive che:” è la perversione della libido amandi individuata da S.Freud”, l’eros ridotto a bisogno, che – cosifica - l’altro rendendolo strumento del proprio piacere. Ciò è manifesto nell’uomo, dunque nel cristiano, quindi nel prete e diciamolo anche perché Bianchi, se lo scrive è perché lo ha notato, constatato, denunciato: tocca a noi ora notare, constatare, liberarcene. Il secondo ambito è la “pretesa degli occhi” o “suggestione seducente” che Bianchi individua nel salmo 36,2, gli occhi dell’uomo sono catturati a ciò che egli vede, cede sotto la brama del possesso. E’ l’accumulo dei beni che diventa fine in sé, il tutto subito per Bianchi, logica “mortifera”. Secondo Freud è la libido possidendi, la pretesa che tutto sia nostro, senza e contro gli altri. Ciò è manifesto nell’uomo, dunque nel cristiano, quindi nel prete e diciamolo anche perché Bianchi se lo scrive è perché lo ha notato, constatato, denunciato: tocca a noi ora  notare, constatare, liberarcene. Infine come terzo ambito Bianchi individua l’arroganza della vita che altro non è che il considerarsi l’unico metro della realtà, la ricerca del potere, della propria gloria a ogni costo, e l’ostentazione di una sicurezza che si rivelerà falsa. Per Bianchi ciò “è l’esatto contrario della sottomissione reciproca richiesta da Gesù ai suoi discepoli, in vista della comunione: - se uno vuole essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti – “ si legge in Marco. E’ questo ambito la freudiana libido dominandi, ovvero scrive Bianchi” la brama di avere successo e di apparire nelle sue multiformi espressioni, tutte riconducibili ad un’unica radice: gli altri devono essere spettatori del proprio successo. Questo è manifesto nell’uomo ma l’ho notato, (come credo Bianchi) soprattutto in quel giro di preti satelliti coloro cioè più vicini all’autorità costituita che loro individuano nel sole, (re sole), e provo una certa pena per loro quanto una tenerezza per l’autorità che non si accorge di questi malati di libido dominandi che con il loro comportamento contagiano le personalità più deboli e allontanano le più forti e resistenti, sia tra i laici che tra i chierici. A tutti contagiati e resistenti resta ferma la lapidaria esortazione che Bianchi attribuisce a Giovanni:” il mondo passa, esso e la sua voracità, ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno”. Siamo ben lontani dall’amore giovanneo e dalla vicendevole sopportazione paolina.