BORSA? - TEMPIO, CHIESA, CASA

09.11.2014 15:56

Coloro che si permettono di usare del tempio, di abusare del tempio, di trarre dal tempio vantaggi materiali, economici dimostrano una intelligenza limitata, settoriale, dedita al solo profitto. Non si accorgono del luogo su cui i loro piedi poggiano, non si accorgono neppure di chi hanno di fronte, non sanno valutare, perché l’unica cosa che conoscono e in cui sanno spendersi bene è il profitto, la speculazione. Papa Francesco recentemente ha affermato :” Il denaro è lo sterco del diavolo”, e alla rota romana ha imposto, sulle cause di nullità del matrimonio, la gratuità perché si è accorto, ma prima di lui il santo popolo di Dio, che li si speculava, c’era chi metteva davanti a tutto, alla verità e alla carità, il denaro, trasformandolo da mezzo lecito ed opportuno ad appunto “sterco del diavolo”. Porre attenzione al solo profitto, vanificando il giusto profitto, evidenzia l’avidità, fa emergere idolatria. I Giudei poi, non capiscono l’ironia di Gesù, perché attraverso l’ironia, che è frutto d’intelligenza, si lanciano messaggi, si comunicano verità. Per i Giudei, ciò che conta è ciò che può misurarsi, pesarsi, contarsi, l’oro, l’argento: il segno tangibile: infatti per condannare il Cristo si rimetteranno al giudizio di Cesare, al giudizio del  braccio secolare. Ecco perché Gesù invita i suoi discepoli a dare a Cesare quello che è di cesare, perché il modo di valutare cristiano è diverso. Segno per un cristiano è ciò che non è tangibile, è la fede che ha come prova le cose che non si vedono insegna Paolo, e si fonda sulle cose che si sperano. I Giudei rappresentano in fondo la nostra società oggi cristiana, la società che conta, insensibile, infervorata a raccogliere e distribuire, cose, oggetti, materiale. Spesso le   nostre chiese si trasformano in mercati, dove letteralmente si vende, fuori e dentro il perimetro. Quando entriamo nelle nostre Chiese entriamo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e ci segniamo con l’acqua benedetta dove esiste ancora. Ci genuflettiamo davanti alla Presenza del Signore in corpo, anima e spirito, ricerchiamo tra quelle mura i sacramenti, ricerchiamo i segni della sua presenza tra di noi, quei segni di cui i Giudei dicono:” Quali segni ci mostri per fare queste cose?” e Gesù:” Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Entrando in Chiesa, entriamo, penetriamo nel Cristo Risorto, nel suo corpo, nella sua anima, nel suo spirito: amiamo. Entrando in chiesa compiamo un gesto d’amore, un atto d’amore, l’atto d’amore che è sempre atto creativo, cioè che genera, dà vita, trasmette vita. Varcando la soglia delle nostre chiese, viviamo un’esperienza totalizzante, unica in comunione con Dio, con il tutto, con la creazione, entriamo in una dimensione senza tempo, dove passato, presente e futuro sono la Presenza, sono l’ora, l’adesso il qui, la realtà, sono la vita, il vissuto, il vivibile. “Mosè Mosè, togliti i sandali perché la terra che calpesti è sacra” leggiamo in Esodo. Mosè ripesta la terra del giardino, dove tutto ha inizio, il riinizio: la chiesa. Quello spazio, la chiesa, il giardino, è privo di regole, leggi morali, è sottoposto a ciò, emerge dal nostro cuore, cioè il bene, solo bene e… bene per bene. E’ anche vero che nelle nostre chiese si raccoglie il denaro, le collette, ma chi lo raccoglie è chiamato a farlo in quello spirito di condivisione dei beni, che contraddistinse la prima comunità cristiana, leggiamo in Atti:” erano assidui alla preghiera, alla frazione del pane, alla condivisione dei beni”. Quel denaro poi è legato al gesto riconducibile a quella vedova, in cui c’è la totale disponibilità di me stesso: do tutto me stesso. Chi raccoglie quel denaro è consapevole e responsabile del suo uso, del suo impegno perché quel denaro può essere per chi lo raccoglie la sua condanna. Il denaro raccolto è segno, è educazione a non rendersi schiavi, a non renderlo idolo, e attribuirgli il giusto valore. D’altra parte l’uso del denaro nel tempio, nella chiesa, fa scattare in Gesù, nel Cristo, nel Figlio di Dio una reazione che possiamo dire non certo privata, ma pubblica e visibile: la giusta reazione. E’ giustizia dunque difendere la casa del Padre, costi quel che costi:” lo zelo per la tua casa mi divorerà”. Pagherà cara il Cristo, quel gesto come hanno pagato caro, quei cristiani chiamati a difesa della casa del Padre. Siamo chiamati fratelli cristiani ad osservare, ad essere critici secondo giustizia, perché se la casa è del Padre è anche nostra, dunque le si deve rispetto, la si deve difendere: non è una banca la casa di Dio, né un mercato, e non è la casa di qualcuno, ma la casa di Dio e per questo la casa di tutti. Nella casa di Dio rendo a Dio ciò che è di Dio, al mercato rendo a Cesare quello che è di Cesare. Nel rapporto sponsale, lo dico spesso, me ne fate esperienza diretta, c’è intimità, solo intimità, di corpo, anima e spirito, cioè profondità, amore, che è gratuità e totale libertà, armonia, essenza di tempo e gestualità finalizzata all’atto creativo cioè all’apertura alla vita, alla continuità che è il per sempre, la definitività. L’opposto del rapporto sponsale è la prostituzione, dove l’atto è l’occasionalità, la chiusura alla vita, dove si vive un’intimità parziale, superficialità misurabile dal tempo e dal denaro. La prostituzione non è certo cristianesimo né certamente l’ecclesia, la Chiesa. Paolo in conclusione fratelli cristiani ci fa sapere che siamo noi quell’edificio, la chiesa fratelli cristiani è nostra responsabilità, dobbiamo mantenere pulito, integro, quel luogo e difenderlo dall’ingerenza subdola del Maligno

Omelia per la festa della dedicazione della Basilica Lateranense