BUON NATALE A TUTTI, DI CUORE BUON NATALE

25.12.2014 08:58

In questa Santa Notte, dove ogni anno ci è presentata, e con insistenza la possibilità della nostra vera vita, della nostra vera e nuova vita, della novità della nostra vita, dunque di cambiamento, di conversione come scrive Paolo nella lettera a Tito:” a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà…” e avendo questa possibilità di nuova vita come manifestazione di luce, scrive Isaia nella prima lettura:” ho visto una gran luce…” e ancora “ una luce rifulse…”, ebbene premettendo ciò mi hanno colpito nella lettura del vangelo di Luca tre punti geograficamente o topograficamente dislocati all’inizio, a metà e alla fine del racconto. “In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra”. Oltre al dato storico inconfutabile, rafforzato dal nome del governatore della Siria, Quirinio, è significativo che l’inizio del declino di Roma, dell’impero di Roma sia associato al censimento, ad un volere sapere quanti si è, contarsi, dire siamo tanti, dare prova di forza e potenza numerica. E’ una tentazione questa, quella di contarsi, di cui la Chiesa, la santa romana Chiesa non né è immune. La fede non è questione di numeri ma di convinzione profonda, che porta spesso a constatare, e la sacra Scrittura lo evidenzia, di essere un piccolo resto, cioè i pochi dei molti, i pochi fra i molti, o come scrive Paolo i santi, cioè i separati, quelli che sono a parte, che sono messi a parte, quelli che si separano. Roma, l’impero, “in quei giorni” mostra tutta la sua potenza politica, è un motore ben oliato l’impero, che funziona a pieno regime, efficentissimo sul piano organizzativo, una macchina da guerra temuta, che oggi annovereremmo tra le massime se non la massima, potenza o super potenza mondiale. Mentre Roma gozzoviglia e si trastulla tra i fasti, le orge ed i giochi di potere, dando libero sfogo alla mondanità, ( e non siamo poi così tanto distanti da ciò che oggi capita), un non meno importante evento segna la storia dell’umanità, e la segna indelebilmente, da quel giorno, da quell’evento si conterà l’era moderna, nasce l’era moderna, la nostra era, e come conseguenza la storia si spacca in due parti, prima e dopo la nascita di quel bambino, e la data della fondazione di Roma è relegata da allora non più alla quotidianità bensì nei libri di storia. Quell’evento non è salutato dai fasti, dalle orge e dai giochi di potere, dalla mondanità, ma dalla normalità, dalla sobrietà dei pastori che attratti dalla nascita di un bambino si recano a vedere e salutare quell’evento. Non nasce il Cristo come nelle favelas, come oggi ci vogliono far credere, nasce nella normalità perché Dio non ha scelto l’eclatante, il clamore, ma il silenzio, la consuetudine. Puliamo i nostri occhi dal velo che certa omiletica induce a credere. Chi accorse ad assistere a quell’evento sono i pastori, nomadi, senza terra, apolidi, non inquadrati nella società del tempo, liberi, uomini liberi rendono omaggio alla libertà, alla normalità, alla consuetudine, la nascita di un bimbo di una coppia in viaggio, in una notte come tante altre, in un posto di fortuna. (c’è oggi chi nasce in un taxi). I nomadi rappresentano un popolo libero, non inquadrato, non costretto dalla legge, lungi dal farsi contenere vivono sotto le stelle, non conoscono confini, abituati ad avversità, viaggiano portando con sé la voglia di conoscere, la capacità di adattamento, la volontà di ricercare vie nuove, nuovi pascoli e sorgenti, cioè vita, vita vera, esperibile, concreta. Vivono immersi nel creato e prendono ciò che offre il creato, sanno di non potere, quindi di non dovere sfruttare il creato, possiedono il senso della misura, sanno dosare, ripartire il tempo e lo spazio, conoscono il cielo che li guida, che gli da la direzione, l’orientamento, hanno una via diretta con il cielo per i loro spostamenti, il loro migrare lungo tutta la loro esistenza. Essi sanno vegliare ci ricorda Luca:” vegliano tutta la notte..” e ancora Luca “facendo la guardia al loro gregge”, ci tengono al loro gregge perché o è loro proprietà o ne sono i custodi, è il loro capitale, la fonte del loro sostentamento, la loro ricchezza e la loro sussistenza, non possono permettere che questo si disperda, ciò sarebbe la loro rovina. Roma, l’impero, la potenza è talmente illuminata, le sue vie sono talmente illuminate che oscurano il cielo. Roma non vede più il cielo notturno accecata dalla sua stessa luce, la sua luce oscura il cielo, cancellando la luce delle stelle e a mitigare quella della luna, e con il potere dei suoi dei e imperatori quella del sole. Roma è il sole. Eppure in quella notte quel cielo prende la sembianza di angeli e parla e annuncia la nascita di un bambino, in quella notte quello è l’evento, la normalità. In quel bambino, da quel bambino, con quel bambino nasce una nazione, che non ha confini come i pastori, che è eterna perché si perpetua, il cristianesimo, cioè quel movimento che ha la sua genesi, la sua origine da quel bambino, che si spargerà per il mondo intero sotto un’unica bandiera, un unico vessillo che fa, che ha fatto, e farà invidia ad ogni capo di stato, re, imperatore o tiranno che sia. Roma la grande è segnata:” se non ritornerete come bambini…” Roma l’adulta è vinta da un bambino, proprio Roma che aveva avuto origine da due bambini, due lattanti, ora che è adulta non sa più riconoscere le sue radici, non ricorda più le sue origini, scolpisce busti  e statue d’imperatori, non più di bimbi allattati dalla lupa, mentre il segno della nuova vita, della novità, della salvezza e di colui che la porta e che la fonda è un bimbo deposto in una mangiatoia: “troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.

omelia per la solennità di Natale