CARI CONFRATELLI IN CRISTO, FUOCO NON OPPIO...

04.08.2014 09:55

Mi succede d’incontrare sempre più spesso, e di venire contattato da confratelli che solidarizzano su quanto leggono in Chiesa Controcorrente, ma mi ammoniscono che per il bene della Chiesa ciò che scrivo non dovrebbe essere reso pubblico, divulgato. A questi confratelli in Cristo, che ringrazio per la loro sincerità oltre che per il loro appoggio morale dico e ribadisco che è per il bene della Chiesa  che scrivo, rendo pubblico e divulgo realtà, verità, vita vissuta. Il tacere, pur approvando, è connivenza, comportamento omertoso, mafioso. Il santo Padre ha preso le distanze da comportamenti di questo tipo, che sono un cancro nella vita sociale e spirituale di una persona. Il cristiano per nessun motivo può e deve accettare il “vivi e lascia vivere”, cioè la bieca convenienza, il non vedo, non sento, non parlo. I fratelli sacerdoti   accusano che le mie critiche, nel popolo cristiano, possono indurre dubbi e interrogativi che, a loro detta, vanno ad inficiarne la fede. A costoro rispondo: ben vengano i dubbi, la fede si forma e si fortifica su questi, avanza e cresce proprio perché stimolata dai dubbi, dalle incertezze e dagli interrogativi, sollevati in questo caso da un ministro della Chiesa. Scrivo queste cose anche stimolato dall’antifona che si legge sul Messale nel giorno in cui la Madre Chiesa fa memoria di Ignazio di Loyola, è tratta dal Vangelo secondo Luca e così recita: dice il Signore” sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei fosse già acceso”. Il cristiano è un “teoforo”, colui che porta il fuoco all’apertura dei giochi olimpici, colui che accende la fiamma, colui che infiamma, e la fiamma lo sappiamo bene, è vita, è movimento. Il Signore dice, che non è venuto a sedare con l’oppio il suo popolo, come accusava Marx e forse con ragione, osservando il modo con cui spesso i pastori hanno tenuto e tengono a bada il santo popolo di Dio. Oppio e non fuoco, invece dell’esatto contrario fuoco e non oppio. Paolo mette in guardia i fedeli, e li invita a controllare chi li governa “osservando attentamente l’esito del loro tenore di vita” ci invita a chiedere che la fiamma accesa nei nostri cuori da Dio stesso non sia spenta dai ministri per convenienza e connivenza e che la loro vita sia un fuoco che scalda, che rassicura e protegge dal buio e dal pericolo della notte.

Molte sono le figure di ministri che hanno tenuto accesa la fiamma a tutti i costi, cioè hanno preso una posizione, e per questa sofferto, hanno denunciato, urlato e pagato anche con la loro vita: i profeti, i santi martiri molti dei quali hanno raggiunto la santità vessati dalla gerarchia.

Come S.Filippo Neri riteneva santo Girolamo Savonarola, (tanto da dipingere una aureola intorno al capo del frate in un ritratto che teneva con sé), io ritengo santo don Lorenzo Milani, (citato da questo Papa, non certo dal vescovo di questa diocesi), che non ha mai rinunciato di manifestare pubblicamente la sua opinione con fermezza e ironia. Il pensiero ispirato di questo prete controcorrente e rivoluzionario deve essere divulgato e soprattutto proposto ai giovani. Non riesco invece a trovare ispirazione in lei né nei suoi stretti collaboratori, eccellenza, e sia chiaro: “ Non può trattarmi come un bambino imponendomi ciò che non è giusto” scriveva questo don Milani al suo superiore, rettore del seminario di Firenze ed io di rimando a lei mio superiore e vescovo di questa diocesi; e continuo citando un giudizio di mons. Benzi (che per età e capacità ha dimostrato di meritare quel titolo, a dispetto del suo vicario generale). Mons. Benzi direttore spirituale di don Milani, di lui scriveva:” Cozzò subito contro metodi che non avrebbe mai potuto accettare. Furono conflitti spesso paurosi che lo laceravano fino allo spasmo”. E questo è amore, don Milani ama, ama la gerarchia come deve essere amata, nello sponsale rapporto, nel famigliare rapporto che è sempre anche conflittuale. Mons. Giulio Larini rettore del seminario fiorentino di don Milani scrisse:” Ha sofferto e fatto soffrire”; e questa è educazione così si cresce, è fisiologico. L’educazione non è sottomissione, dipendenza, oppio, tanto cara a lei e al suo giovane rampollo. La sofferenza è il motivo guida della vita di un uomo, si nasce soffrendo e spesso si è anche concepiti nella e con sofferenza, e la gioia è tale perché si è fatta esperienza della sofferenza. Ogni giorno ha la sua pena, si legge nel Vangelo secondo Matteo, e il motto del nostro venerabile don Oreste Fontanella, (ignorato dall’effimera pastorale della gioia del suo rampollo), affermava: “la gloria a Dio, il piacere al mio prossimo, il sacrificio a me”.

Sia chiaro, il mio programma di vita attinge a queste fonti perché è dalla sofferenza che ha origine un programma di vita, è dalla difficoltà e dalla fatica, così osservarono i compagni di seminario di don Lorenzo in riferimento all’elezione del sacrestano, anziché, come era di consuetudine, all’imposizione da parte dei superiori : “Tutta una mentalità si capovolse. Si cominciò a dire anche noi quello che si pensava”. Concludo fratelli sacerdoti frequentatori di Chiesa Controcorrente che è il momento, ma lo è sempre stato, che si dica la nostra su tutto e soprattutto sulle nomine da parte del vescovo, dei componenti del consiglio episcopale, del vicario generale, del rettore del seminario, perché siano eletti dal clero e non imposti da un monarca sentita l’oligarchia nobiliare che lo circonda. Scrivo queste cose perché ho fede: “ Chiedi e ti sarà dato, bussa e ti sarà aperto” mi rassicura il Signore, e ho speranza che la supponenza e l’arroganza di chi ci governa giunga presto alla fine. Siamo bambini, e i bambini non si toccano, né si deludono, il Signore è lapidario: “ Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare”