CAVALIERI APPIEDATI, GENERALI SENZA PIU' UNA BANDIERA, PENSATE NON A TEOREMI CELESTI MA ALLE REALTA' CELESTI

28.02.2015 10:28

Commento l’intervista apparsa ieri sul bisettimanale cattolico diocesano dal titolo “ Gente, rimettiamoci a pensare. Oppure…” se il relatore che lunedì prossimo incontrerà in cattedrale i cristiani di questa diocesi afferma che bisogna rimettersi a pensare, significa lui che pensa, che noi non pensiamo. Ora se è stato invitato un pensatore come viene indicato nell’introduzione all’intervista è perché noi non lo siamo o non lo siamo più. Se non lo siamo più noi cristiani, è perché non siamo stati formati, e se non siamo stati formati le cause vanno cercate nei formatori, non certo nei formati: ergo sono i formatori che sono incapaci di pensare. E’ la prova che la classe sacerdotale, non pensante, non è all’altezza di formare pensatori o meglio che i formatori stessi non sono pensatori! Che responsabilità ho io come cristiano se non sono stato formato? Io come cristiano posso essere formato e lo sono, attraverso gli strumenti che Dio stesso mi ha conferito, che mi ha fatto pervenire, la Sua Parola, dono di Dio, la mia ragione, dono di Dio, la mia coscienza, luogo d’incontro con Dio, la mia fede, la mia risposta ai suoi doni. Che la classe sacerdotale sulla mancata formazione abbia la sua responsabilità è innegabile, la sua colpa è  in molti casi quella di non permette alla gente di pensare, offre cioè un prodotto finito per evitare che la gente pensi, la paura è che attraverso il pensiero si arrivi al dissenso. L’allontanamento della gente, la caduta d’interesse non è segno del non pensare, ma al contrario è segno che il Santo Popolo di Dio non sente più nei suoi pastori delle guide, cioè di coloro che indicano una strada, che indicano il rapporto armonico e armonioso tra fede e ragione, che sono motore del nostro pensare, oggi qui in questa diocesi, dove per anni si sono disegnati, per usare il linguaggio del giornalista, teoremi fin troppo terra terra che le persone in carne ed ossa non capiscono e trovano noiosissimi, quali: la continua ricerca di denaro per faraoniche costruzioni e manifestazioni religiose, la vita mondana, di parte della classe sacerdotale ben lontana da quella vita sobria che è la promessa di una vita, del ripetersi di progetti pastorali scontati e scaduti nella consuetudine, privi e svuotati da ogni novità; dall’imposizione anziché la proposta, dallo sfuggire alle responsabilità, dalla manifesta arroganza di chi non riconosce mai i propri errori, dal non parlare più al gregge del divino, di Dio,  dall’inebriarsi nel dissenso dell’assenso, dall’incapacità al discernimento, alla sintesi. Sono questi quei teoremi celesti che forse il pensatore di Palermo indica nella sua intervista? Eppure c’è chi è morto duemila anni or sono per questo teorema celeste: Gesù Cristo Figlio di Dio, il primo credo, quelle parole che devono essere pronunciate con la bocca e credute nel cuore perché pensate nella mente, questo è umanesimo per un cristiano, non sono affatto d’accordo io con la mia bassa cultura maturata in questo seminario cittadino, non sono affatto d’accordo con l’affermazione di Giorgio La Pira riportata nell’articolo, e cioè che:” bisogna tornare all’uomo, alla sua grandezza e alla sua fatica; e con il ritorno all’uomo si ritornerà anche a Cristo”, ebbene in questa diocesi abbiamo bisogno di tornare a Cristo, perché l’hanno sostituito con ogni cosa, con il mattone e con il denaro, con i professionisti della povertà e  della carità, con l’arrivismo e il perbenismo, l’attivismo esagerato ed esasperato, che è negazione della spiritualità, della sobrietà, dell’austerità, del nascondimento… Pensiamo, siamo gente che pensiamo, che diamo l’illusione a chi ha smesso di pensare di guidarci… Cavalieri senza cavallo, appiedati, generali senza più un esercito, ma soprattutto senza più una bandiera. Pensare dunque non a teoremi celesti ma alle realtà celesti.