COGLIERE... PAROLE GESTI E SEGNI

18.01.2015 09:17

“Erano circa le quattro del pomeriggio”. Le quattro del pomeriggio rappresentano, sono, è l’ora in cui si realizza un’aspettativa. L’aspettativa scaturisce dalla ricerca, sono alla ricerca, e da questa mi aspetto qualcosa, mi aspetto un risultato. La ricerca mi coinvolge, implica un lavoro su me stesso, concentro le mie forze, le mie energie verso a… In direzione di… Per ottenere, per vedere realizzarsi le mie speranze. Spero in ciò che faccio, ripongo la mia fiducia, ho fede in me stesso, pongo fede in me stesso, mi valorizzo, pongo al centro me stesso, lo scopo è la mia realizzazione, la realizzazione di me stesso, la mia realizzazione personale. Se realizzato, se mi realizzo, gioisco, che è lo scopo della mia vita, la gioia è lo scopo della mia vita, lo star bene con me stesso, il conoscermi, lo svelarmi, scoprirmi e scoprire, e svelare, significa capire e comprendere, dare un volto a ciò che è velato, coperto, nascosto, celato: il mistero, smantellare il mistero, portarlo alla luce, scoprire le sorprese. Gesù dice a noi: “chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto” e noi vi possiamo aggiungere anche questa esortazione:” cercate e troverete”. Gesù sveglia nei discepoli le domande che erano già in nuce, in loro uomini che ricercavano, uomini in ricerca:” che cosa voglio?”, “ che cosa cerco?”, “che senso ha la mia vita?”. Come un tarlo quelle domande spingono i discepoli a cercare, a mettersi in cammino, ad essere attenti, disponibili all’ascolto, sensibili nel cogliere parole, gesti e segni. La Parola con la P maiuscola si rivolge a loro per domandargli “che cosa cercate?” A questa domanda i discepoli consciamente o inconsciamente comprendono che la Parola gli si è rivelata e scelgono immediatamente, immediatamente scelgono, cioè ripongono nella Parola la loro fede, il loro credo, tanto da divenire da subito testimoni della Parola e della Rivelazione: “abbiamo trovato il messia”, e Andrea conduce suo fratello, cioè la persona più vicino a lui, il suo prossimo, da Gesù, a Gesù. Fa partecipe della sua scelta definitiva, assoluta, chi gli è più vicino e più caro, il fratello, nel pieno significato del termine. Gesù, dunque, ad ognuno di noi, subito e per sempre ripete:” che cosa cercate?”, a noi la libertà di rispondere alla domanda, o se volete a questa provocazione; subito o successivamente non importa, Gesù è lì, pazientemente ad attendere e a rispondere :”venite e vedete”. Se la domanda:” che cosa cercate?” mette in subbuglio il mio essere, l’essere dei discepoli (di cui noi siamo i legittimi successori), la loro persona, cioè corpo, anima e spirito, catturante, intrigante, curioso è il:” venite e vedete”, cioè l’invito con la certezza di ottenere, trovare la risposta alla domanda, alla provocazione. “vedete” per vedere devo necessariamente seguire, “venite”, mettermi dietro, alla sequela, perché è altro, l’altro, lui il Signore che guida al luogo. Che cosa vedono i discepoli, i due discepoli, in quel giorno in cui è cambiata la loro esistenza, tanto da seguire uno sconosciuto, Gesù, e annotare l’ora in cui hanno lasciato questo mondo, questa dimensione per entrare appieno in un mondo nuovo, in una nuova dimensione? “Erano circa le quattro del pomeriggio”. L’oggetto della fede che ha il suo fondamento nelle cose che si sperano e ha come prova le cose che non si vedono, ha un volto, è persona:”abbiamo trovato il messia”, si è incarnato. Con la fede, attraverso la fede io divengo realtà, nuova realtà, sono immerso, in cammino in una nuova dimensione, in un mondo nuovo che è indicato dall’evangelista, (che ha raccolto il racconto di Andrea), con queste parole:” videro dove egli dimorava”. Quell’esperienza la vivono solo per quel giorno che vale la vita intera, cioè quell’esperienza è la loro vita, è l’inizio della loro vera vita, della loro vera esistenza: “ e quel giorno rimasero con lui”. Quell’esperienza è la ricapitolazione, (termine caro a s Paolo), di tutta l’esistenza dei discepoli di cui, (perché non importa) non conosciamo l’età, ma la ricapitolazione è quel in sé raccolto, custodito, è vagliato, compreso perché illuminato. Quell’esperienza è vissuta per un giorno solo, cioè mille anni, secondo quanto afferma Pietro. Il giorno solo, è l’assenza del tempo, dello spazio, del luogo. Quel giorno è eterno, è l’eternità a cui siamo chiamati a vivere dopo l’incontro con la I maiuscola. Quel giorno, quell’esperienza è bastata per affermare:” abbiamo trovato il messia”, e per fissare nella mente dei due discepoli, per tutta la loro esistenza che quell’esperienza,che  quell’incontro altro non era che la Rivelazione a loro del Cristo, la sua Epifania, la sua manifestazione, lo svelarsi del divino all’umano e nell’umano. Indelebilmente segnati. Gesù fissa lo sguardo:” fissando lo sguardo su di lui disse…” quel fissare lo sguardo, quel rivolgere la parola, lui Parola, cambia, trasforma l’uomo. Avviene così anche nei sacramenti: la nostra disponibilità permette che alla nostra umanità, alla nostra natura umana, si affianchi la natura divina. L’umano, dunque entra, penetra nell’altra dimensione, nell’altro mondo, cambiando dimensione e mondo in Regno, il Regno di Dio. Non due dimensioni né due mondi, ma una sola realtà, il Regno: non  parallelismo, ma complementarietà. Che cosa aspettiamo fratelli cristiani? Andiamo a vedere! E’ l’ora, la nostra ora, abbiamo trovato il messia!