CONTROCORRENTE: SOGNO E RIVOLUZIONE

14.02.2015 10:07

Potrebbe essere il titolo di un tema, già il tema, che mi riporta ad una quarantina di anni fa, al mio diploma, alla gioventù… e sogno. Dimenticavo di scrivervi il titolo del possibile tema: un sogno infranto? Se penso a quando ho iniziato a quarant’anni con l’approvazione di monsignor Giustetti i miei primi passi verso il sacerdozio e penso alle parole di quel Vescovo: “persegui il sogno” mi si apre il cuore, risento e vivo forti le motivazioni che mi hanno spinto ad indossare il sacro abito che mi ricopre e mi protegge. Monsignor Giustetti del sacerdozio, pensava…la realizzazione di un sogno; il sogno dunque come immagine al di sopra della realtà, ma che è sperare e piano piano renderlo, trasformarlo in atto, piano piano, offrendo, perseguendo, prestandogli attenzioni, cura, si realizza. Il sogno spesso è destinato a restare consegnato perché troppo alto per aspirarvi, il sogno è visione, sguardo nel futuro, in una realtà di cui noi spesso ne decretiamo l’impossibilità, appunto l’impossibilità del sogno, la grandiosità del sogno. Sicuramente monsignor Giustetti, Vescovo, era un sognatore capace, capace di sognare, di contenere questa realtà, cioè la realizzazione delle cose che si sperano, che s Paolo sintetizza con una parola: fede. Credere dunque è la realizzazione di un sogno, del sogno, racchiuso nelle pagine, che parlano al cuore: la Sacra Scrittura, la Parola. Anche credere che un libro possa parlare fa parte del sogno, solo un bambino, noi diremmo “ va dietro a queste cose”, un bambino, la figura prediletta dal Signore alla quale noi dovremmo aspirare, l’immagine del credente, di colui che sa sognare, che persegue il sogno. Chi infrange il sogno è colui che si crede adulto e proprio perché si definisce tale, come primo atto, per dimostrare la pretesa maturità, castiga i suoi sogni e cancella quelli degli altri. L’essere adulti è sinonimo di non dovere più sognare, ma di “essere concreti”, oggi la preghiera diviene eccessiva spiritualità, sogno, a fronte della concretezza, l’attivismo sfrenato che porta, deve portare a risultati, a fatti concreti: ci stiamo allontanando da quell’equilibrio tra vita attiva e contemplativa, non riconosciamo più nell’equilibrio l’impronta del Divino. Mi chiedo spesso se il mio è un sogno infranto, la risposta è data nell’attimo in cui mi reco a celebrare o confessare, o all’incontro di catechesi con le famiglie in cui sento forte di essere un sognatore, di non aver mai smesso di sognare, capace a 56 anni ancora di sognare, di staccarmi da ciò che mi viene imposto per aderire a ciò che mi viene proposto. Mi sento in quel momento comunione, e proprio per questo unità,  ma lontano da quel mondo formale, formalista, perbenista non vero, poco sincero di cui lei eccellenza reverendissima è il rappresentante, con quel suo modo d’imporsi, freddo, distaccato, misurato, di scarsa umanità, dunque di poca concretezza; non si è umani quando non si è capaci a dissentire, quando ci si serve dell’autorità. L’umano non può arrendersi, né fermarsi, l’umano se libero crea, è creativo perchè sente in sé la forza del Creatore, nella sua divinità sente la forza del divino, dunque capace di realizzare il sogno, la speranza che è fede: questo è umanesimo, ciò che spinge a liberare da un blocco di marmo la figura di chi lì si cela… il sogno.