CRISTIANI, NON PERBENISTI!

31.08.2014 09:47

“Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” dunque “Va dietro a me Satana”. E’ dunque Satana che pensa come gli uomini, sono gli uomini che da sempre non vogliono risolvere le cose, ma aggiustarle, farle quadrare, vogliono a tutti i costi trovare una sistemazione che non scontenti nessuna delle parti, quando se ci pensiamo bene scontentiamo entrambe le parti, e se scontentiamo dividiamo, e Satana è il divisore, è la giustizia dell’uomo imperfetta e fallibile, rispetto alla Giustizia di Dio, unica, perfetta, infallibile. Pietro in questo brano di Vangelo, si comporta come il perbenista che prende da parte Gesù, Matteo annota “Pietro lo prese in disparte”, lo porta fuori dalla cerchia, vuole trattare sottobanco, è una costante non della gente per bene, ma della gente di malaffare, dei perbenisti, coloro che usano la forma, essendo ben lontani dalla sostanza. Costoro sicuri della loro verità usano come arma il rimprovero, ancora Matteo annota: “e si mise a rimproverarlo”. Usano invece del dialogo, cioè del rapporto, il rimprovero, cioè il monologo. Pietro, scelto da Gesù per fondare la sua chiesa, da perbenista approfitta della sua posizione in seno ai 12, sbagliando, sente, capisce, percepisce di avere dei diritti, accampa diritti sul Maestro, solo perché ha detto bene di lui, lo ha investito di attenzioni che Pietro scambia per potere. L’evangelista Luca scrive a coloro che si sentono in uno stato di grazia: “guai a voi tutti, quando gli uomini diranno bene di voi”. Ecco inquadrati i perbenisti, coloro che amano le sicurezze terrene, la notorietà, i saluti nelle piazze, l’essere riconosciuti dall’autorità, questo è riportato nel Vangelo di Nostro Signore, questo danneggia la purezza degli intenti e scandalizza i piccoli e lo scandalo porta alla divisione. Pietro, con le sue parole, riduce Gesù, il Cristo, Dio, a un sempliciotto, che le dice grosse. Gesù, spazza via ogni sicurezza di Pietro, e se in un primo tempo gli ha consegnato le chiavi del Regno, la guida della chiesa, ora lo ammonisce e gli comanda di tornare dietro. Pietro, sta assumendo una posizione che non gli spetta, si comporta senza pensare: “Tu non pensi secondo Dio” legando quindi il pensiero, la ragione a Dio, altro che contrapporre la ragione a Dio. Se pensi bene pensi come Dio, se ragioni come Dio, ragioni. Ragione e fede sono complementari, non antitetici. Ma non è il comportamento dell’uomo questo, è di Dio, infatti Gesù ammonisce Pietro, quindi l’umanità, mentre Pietro non usa la ragione ma l’opportunismo. Gesù, Dio, spinge l’uomo, Pietro, a pensare e a pensare in grande e non come noi facciamo sempre, pensare in piccolo, giocare a ribasso. La nostra strada è Gerusalemme cioè la città più importante, la capitale della nazione, il centro politico-religioso, culturale e spirituale. La nostra strada è Gesù perché come la capitale è importante così siamo noi per Dio, ci è chiesto di andare là dove siamo resi importanti ai suoi occhi, ci è chiesto di soffrire, cioè di accettare la vita, la nostra vita che comprende le sofferenze: Matteo scrive “ ogni giorno ha la sua pena”, accettare la vita, viverla significa accettare le responsabilità e con esse le sofferenze. Per buona pace di chi le predica a Gerusalemme non c’è la gioia né la pace, ma la sofferenza inflitta dall’autorità politica e religiosa che porta la morte, cioè l’essere messo da parte, zittito, annientato, ignorato. Fratelli cristiani , non possiamo, non recarci a Gerusalemme, dobbiamo passare di li per realizzarci. La nostra realizzazione, cioè la nostra felicità, passa attraverso la responsabilità di comprendere la propria vita, il nostro ruolo. In quel rinnegare se stesso, citato nel brano di Vangelo, significa pensare non come si è sempre fatto, ma come non si è mai fatto, guardando la nuca di chi ci sta davanti. Stare dietro, non significa guardare a fondo negli occhi qualcuno, ma guardare la nuca, aspettando il momento per poterlo guardare negli occhi. Stare dietro significa osservare chi sta davanti. Osservare per imparare per cogliere ogni gesto e nel cammino avere tempo di vagliare, di ragionare, se riporre fiducia, se avere fede, se il profeta è falso o è la voce di Dio, l’araldo di Dio, significa cercare tempo, vivere nel tempo per usare bene il tempo per non sprecarlo, per cercare l’attimo, quella frazione di tempo che diviene il tempo, l’evento, l’assoluto evento. Chi ci sta sempre dinnanzi  al quale guardiamo la nuca, desiderosi di vederlo di persona è Dio. Se siamo dopo non siamo i primi, ma non siamo soli, e siamo i primi dopo l’altro, dunque siamo i primi. Se sono primo dopo l’Altro, sono io e non Dio. Dio dunque a Pietro, all’umanità chiede con quel relegarlo dietro a lui, di essere se stesso e non altro, e soprattutto non un luogo comune cioè un perbenista. “Pensare secondo gli uomini” scrive Matteo, cioè non accettare i luoghi comuni significa non accettare le imposizioni, essere critici come Gesù è critico. Il cristianesimo è il mio pensiero, me stesso, la mia vita nella sua interezza: mente, corpo anima e spirito; nel seno di Dio, dell’Assoluto, del Tutto sono Dio assoluto e Tutto, solo così guadagno la mia vita, realizzando me stesso e l’altro da me.

Omelia per la 22° domenica del T.O.

donandreagiordano