DAL PAGLIACCIO AL CELIBATO, ATTRAVERSO L'EREMITA

05.03.2015 06:15

Vi racconto questo fatto cari amici di Chiesa controcorrente. Sono stato avvicinato da un membro di un’associazione cattolica, che mi ha raccontato che in una recente visita a Roma, ha notato che due vestiti come me (cioè preti che potano l’abito talare), intrattenevano la gente per la strada parlando dei dieci comandamenti. Circa il portare l’abito, mi era già stato chiesto se lo portavo per darmi importanza (ve l’avevo già raccontato), infondo lo si porta perché lo si è scelto e per fedeltà, come lo sposo per la sposa, che sono eternamente sposi. Ma la cosa che più mi ha colpito è che oggi si ritenga che un comico che pochi anni fa denigrava proprio i dieci comandamenti e che oggi, credo dopo un cammino di conversione di cui però non ci ha raccontato nulla, ha deciso di rivalutarli non per rispetto ai quei due preti, quelli vestiti come me, ma per i contratti milionari riservandosi poi i diritti sullo spettacolo e vendendoli al miglior offerente che pare poi sia una casa editrice cattolica. Che sia chiaro, che si sappia che sono duemila anni che gente vestita come me parla dei dieci comandamenti, pacatamente, gratuitamente, con rispetto, dedicando la loro vita, perché hanno compreso che gratuitamente hanno ricevuto e gratuitamente devono dare. Se questo è il risultato dell’educazione cristiana che le associazioni cattoliche impartiscono ai loro aderenti è giunta l’ora di scioglierle perché non servono più a nulla, anzi sono nocive al cristianesimo stesso, sono nella condizione di quel clero prima del concilio di Trento, ignoranti nella dottrina, nella morale, e nell’etica. Suona per loro la campana del rinnovamento, della riforma che è quello che il papa auspica alla Chiesa tutta iniziando dalla curia romana, perché se le associazioni che sono assistite da sacerdoti con l’incarico di formare gli aderenti sono a questi livelli è perché il livello dei formatori ha toccato il fondo. Ecco perché la necessità dell’eremita in diocesi di cui vi scrivevo qualche giorno fa, e in questa diocesi c’è chi ne incarna la figura, anche se non ufficialmente, e che non è compreso né da chi dirige perché prova nei suoi confronti disagio oltre che una sorta d’invidia; né dai i fedeli che ne riconoscono i tratti nobili, cioè quelli che distinguono, ma che se ne tengono alla larga perché hanno paura di essere richiamati alle proprie responsabilità ed ai propri doveri cristiani. Manca la formazione dei preti e dei fedeli, mentre si perde tempo a disquisire sull’affettività o sul celibato dei preti: stupidaggini adolescenziali proposte da maturi ed arroganti adolescenti.