E' LA CROCE LA CONVIVIALITA'....NON LA TAVOLA
Il popolo di Israele rumoreggia è scontento e manifesta una sorta di ribellione contro Dio e Mosè. Abbiamo parlato contro il Signore e contro di te: abbiamo sentito proclamare nella prima lettura tratta dal libro dei Numeri. L’oggetto del malcontento è il cibo:”… qui non c’è né pane, né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero”. Il popolo riconosce di avere il necessario per sostenersi, per il suo sostentamento e non può né accumulare cibo, né gozzovigliare, né abusarne, il cibo è il loro dato, fornito per il loro sostentamento. Il popolo non deve, né acquistare cibo ma raccoglierlo, ringraziare e consumarlo, ma ciò non è bastante. C’è parallelismo tra l’atteggiamento del popolo a riguardo del cibo, e ciò che Paolo scrive ai Corinti: “Mangiate tutto quello che vi viene posto davanti, senza fare questioni per motivi di coscienza”, e ancora del cibo Paolo riferisce: “i cibi sono per il ventre e il ventre per il cibo: Dio però distruggerà questo e quelli. Il corpo non è per l’impurità ma per il Signore, e il Signore per il corpo. Ancora Paolo scrive: “ non sarà certo un alimento ad avvicinarci a Dio” e conclude affermando:” se non ne mangiamo, non veniamo a mancare di qualcosa: se ne mangiamo non ne abbiamo vantaggio”. La funzione del cibo dunque è il solo sostentamento, ma ne abbiamo fatto un idolo. Il popolo di Israele non più preoccupato del doversi sostenere, quindi sazio e pasciuto, avrebbe dovuto dedicarsi al Signore. La storia della salvezza è in pieno svolgimento, Adamo ed Eva non si dedicano al Signore e gli disobbediscono cercando nel cibo ciò che non c’è e rumoreggiando contro ciò che c’è: entrambi perché saturi, satolli non si accorgono più della Presenza di Dio. Dio è un ottimo amante, geloso del suo amato, che non vuole dividere con nessun altro: in Dio, nel suo amore non c’è promiscuità. In Atti leggiamo che una regola della prima comunità era la condivisione di tutto, ma non delle donne. Dio non divide l’amore per l’uomo con il terzo: l’idolo. Nella Sacra Scrittura l’idolatria è il peccato più grave che l’uomo possa commettere, perché Dio è fedele a lui, non può non esserlo. L’idolo è l’anti-Dio di Dio, il corruttibile dell’incorruttibile. Nel prosecuo della storia della salvezza chi ricapitola, (come scrive Paolo), chi raccoglie, chi attira,chi accentra l’attenzione, chi invita ad alzare la fronte, ad elevarsi è il Cristo con la sua croce, è il Cristo nella sua croce, inchiodato alla croce. Non deve esserci altro che attira se non la croce, e la croce è “scandalo” come scrive Paolo, come Dio suscita ed ispira a Paolo; la croce è ciò che distrugge l’idolo e questo è il vero scandalo per una società da sempre idolatra; ogni idolo nasce dall’abbondanza, nell’abbondanza e nell’abbondanza, dall’uso smodato dell’abbondanza e il primo passo, la prima manifestazione dell’abbondanza è il cibo, portare alla bocca e introdurre nel ventre, mettere e tenere dentro. Potere, sesso, denaro idoli di sempre, da sempre e per sempre sono conseguenza dell’uso smodato del cibo, dell’istanza di autoconservazione, dell’egoismo, è il portare alla bocca ciò che va oltre il sostentamento, che non serve, è lo spreco, ciò che non è per me utile, ma è per chi ne è privo, è danno ed ingiustizia. Il cibo diviene dunque ciò che mi appesantisce, il fisico e la coscienza, il mio foro interno e quello esterno; per la morale cristiana tutto viene rallentato, la mia funzione vitale, psicologica e spirituale; ciò mi fa ammalare sino ad avvelenarmi, (come i serpenti del racconto che avvelenano il popolo). Se m’indirizzo all’idolo se mi voto a lui, mi perdo, mi avveleno, sono prostrato dalla malattia con lo sguardo a terra. Solo alzando lo sguardo in alto al cielo posso risollevarmi, elevarmi; solo facendomi attrarre, attirare da qualcos’altro posso distogliere lo sguardo da terra per indirizzarlo ad altro. Solo chi è in alto ha la possibilità di essere visto. Zaccheo sale per attrarre, per attirare lo sguardo di Gesù; diversamente il serpente striscia a terra:” sul tuo ventre striscerai e polvere mangerai” si legge in Genesi, non è visibile, morde perché in basso, ecco perché insidioso e imprevedibile. Viceversa Dio è sul monte, sul Golgota il luogo del cranio, il luogo dei condannati, il luogo della morte, della giustizia umana, dove tutti potevano vedere, dove tutti confluivano per apprendere la paura. Dio ha scelto quel luogo, perché attraverso la sofferenza (ecco lo scandalo), avvenisse la salvezza. La salvezza non deriva dalla gioia della convivialità, nello strafogarsi di cibo, tra i fasti delle feste, non è accolta nella mondanità, nelle orge di potere, nell’abbondanza dei beni, delle cose e dei piaceri ma avviene nella sofferenza, e ripeto ecco lo scandalo per i benpensanti, per coloro che seguono i modelli proposti da questa società. La sofferenza è un mondo, è il mondo, la realtà, dunque la verità per cui esperibile quotidianamente: “ogni giorno ha la sua pena” scrive Matteo nel suo Vangelo, e questo è scandalo. Ma è anche vero che se c’è il mondo c’è la vita, la vita eterna, c’è l’eternità, perché per noi fratelli cristiani la vita è eterna, è eternità; e possiamo aggiungere ed essere certi che se c’è il mondo c’è l’amore di Dio cioè la sua misericordia che reca con sé la salvezza tanto che Giovanni scrive:” Dio ha tanto amato il mondo” e ancora “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. E concludo! Il versetto sedici di questo brano di Vangelo “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto ma abbia la vita eterna”. Quindici anni fa era tradotto così:” Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna”, questa versione è stata scelta da mia moglie Anna sul suo letto di morte perché fosse trascritta e distribuita a chi avrebbe poi partecipato alle sue esequie. In quel tempo ho vissuto quest’esperienza, precisamente che da un letto supini si può solo guardare in alto, lì verso il luogo del cranio, il Golgota, dove il Figlio di Dio ha condiviso con me, uomo la sofferenza, la sola cosa che nessuno, se non lui, può con me uomo condividere, ecco perché lo sguardo dei sofferenti cerca l’alto e nell’alto, l’Altro, perché verso il cielo è l’eterna vita che è ciò che non finisce ma definisce.
Omelia per la Festa dell'Esaltazione della santa Croce