E’ NELLA VIGILIA CHE CI SI CAMBIA D’ABITO
Eccellenza reverendissima mi ha fatto molto piacere la sua telefonata all’ante vigilia di Natale, precisamente il giorno 23 dicembre alla quale non ho potuto rispondere. Mi ero ripromesso di chiamarla il giorno seguente la vigilia, il giorno 24, ma mi ha raggiunto ancora lei di primo mattino con una nuova telefonata il cui scopo sono stati gli auguri per l’imminente Natale. La ringrazio soprattutto perché mi ha fatto sentire padre, ancora di più di quello che sono in quanto anche i miei figli mi hanno cercato con insistenza solo per dirmi “papà auguri” come ho fatto io con i miei genitori alla vigilia e poi ancora il giorno di Natale. L’ho sentita figlio dunque, colui che cerca il punto di riferimento, che si preoccupa se l’assenza è prolungata, che ritorna come ben racconta la parabola evangelica del figliol prodigo. Ciò non vuole certo essere per me un vanto, non mi soffermo e attesto sul fatto che sia stato lei a cercare me e non io a cercare lei, no leggo in lei il desiderio di essere figlio, figlio più che padre perché questo è il ruolo più logorante, che costa, non come l’essere figlio. Noi sappiamo che è il Padre che spinge il Figlio a salire sulla croce, e come padre io so quanto possa essere stata lacerante questa decisione, e sappiamo anche ciò che il Figlio prova con la sua debolezza nel credere che il Padre lo abbia abbandonato “ Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato” e “Padre allontana da me questo calice”. Lo sa perfettamente perché glielo ripeto sempre, il vescovo dovrebbe essere padre, ma non sempre è tagliato per quel ruolo. Quel cercarmi dunque ha rafforzato in me il senso di paternità e di questo la ringrazio. Una cosa in coscienza mi sento di trasmetterle da padre a figlio: sempre accetti e custodisca sempre, il dissenso, la sua ritrosia per il dissenso è l’atteggiamento di contestazione che emerge da parte del figlio verso il padre perché punto fermo. E punto fermo si è quando, attraverso la preghiera e il confronto con la Parola, liberamente ed in coscienza si prendono delle decisioni e su queste ci si ferma, ci si attesta e le si pagano. Lei sa, lo sa benissimo che il mio dissenso sta creando il vuoto e che laici e ordinati hanno intaccato, intaccano e provano ad intaccare ciò che rimane del mio lavoro assegnatomi in diocesi. Quel lavoro con cui mi sostengo e con il quale sostengo la mia famiglia… Stanno attaccando la mia dignità, la fonte della mia dignità: il lavoro. La dignità del lavoro tanto cara a papa Francesco, e l’attacco è portato da personaggi e lei vicini. Lo denuncio tranquillamente perché è verità ed evidenzia dei fatti, faccia pulizia eccellenza, cambi e ricambi, ad abituarcisi. Ogni uomo dovrebbe cambiarsi d’abito sovente, vestire abiti puliti frequentemente e se non ci pensa lui devono pensarci altri. Il potere è restio a cambiare d’abito, prova piacere a sentire il suo odore. Devono dunque pensarci altri a farlo. E’ lei eccellenza reverendissima chiamato a farlo, cerchi tra chi ha a cuore il bene della Chiesa, cerchi tra chi dissente per il bene della Chiesa. Ringrazi Dio per la mia schiettezza e la tuteli.