ERNESTO GUEVARA, JORGE M BERGOGLIO, TUTTE LE STRADE PORTANO A ROMA
Ho guardato ieri un film che ha per trama il viaggio in motocicletta che un laureando in medicina di origine argentina intraprende con un amico attraverso il continente sud americano nel 1952. Il giovane laureando concluderà gli studi laureandosi e combatterà a Cuba con Fidel Castro qualche anno dopo portando il nome di Che, il suo nome era stato Ernesto Guevara. Nativo di Buenos Aires, nato 1928 ha sicuramente avuto la possibilità di incontrare anche casualmente il papa bambino, o adolescente o adulto, chissà… Due pezzi di storia dei nostri anni hanno avuto i natali lì, hanno calpestato quelle strade, hanno sentito in maniera diversa il richiamo della Giustizia, della Libertà e della Verità. Il film fa dunque riferimento agli anni 50, per la precisione gli anni 1952 e 1953. Io nascevo dopo pochi anni da quel viaggio, sei per l’esattezza. Sprofonda nel mio divano sono scivolato nei ricordi degli anni a venire quando quel laureando in medicina era ormai morto, ma di lui rimanevano le sue gesta, le sue fotografie, (una in particolare), i suoi slogan che venivano scritti sui muri e urlati e scanditi nelle manifestazioni di piazza: aveva lasciato un’impronta indelebile nella storia. L’altro suo concittadino era in quegli anni un “pretino” come scriverebbe G. Guareschi, sconosciuto ma destinato anch’egli a lasciare un’impronta indelebile nella storia. Ritornando agli anni della mia adolescenza, perché è ciò che la visione del film ha in me evocato ricordo le giornate passate all’oratorio di S.Stefano; e l’ho ricordato anche l’altro giorno nell’incontro del 3 dicembre nella memoria di S.Francesco Saverio. Adolescenti, frequentanti le medie superiori aiutavamo i bambini delle elementari e delle medie inferiori a svolgere i loro compiti, dopo quelle interminabili partite “a cinque”, in quell’oratorio che era un cantiere, poco in mano nostra, tanto in quella degli allora soci del circolo S.Stefano di cui mio nonno Ernesto fu uno dei fondatori. Lo facevamo perché a nostra volta era toccato a noi qualche anno prima, sederci in quei banchi a farci aiutare a svolgere i compiti e studiare la lezione. In estate poi si saliva a Tornion, vita austera, acqua fredda, un’abbeveratoio come lavandino, un solo gabinetto per tutti ricavato in un angolo della stalla, si dormiva sopra le stalle e dagli assi del pavimento si vedeva la posta delle mucche, la cucina non aveva certo le piastrelle ai muri, il frigorifero era sostituito dal grottino e piatti, bicchieri e posate erano quelli dismessi dalle nostre tavole e regalati per il corredo della casa. Anche lì vigeva la regola che i più grandi custodivano i più piccoli. Gratuità, evangelica e cristiana gratuità quanto avevamo ricevuto dovevamo restituire… Giustizia. Oggi gli assistenti sono formati in corsi e ricevono un compenso, e tempo fa parlando con un responsabile sosteneva che il compenso era dovuto per via della loro formazione professionale, professionalità… Gratuità. Ed infine la convenzione dei comuni per gli oratori con aiuti economici, a cui sono apertamente contrario, perché lo sforzo per sostenerli non è più collegiale o comunitario, e se lo sforzo è dell’istituzione, (malgrado tutte le buone intenzioni), entra in gioco la dipendenza, si è meno indipendenti… Liberi. Indietro nel tempo non si può tornare, ma in un viaggio, nel viaggio della vita si possono prendere altre vie, anche ripercorrendo le stesse, l’obiettivo è arrivare: in fondo tutte le strade portano a Roma.