.... fuggiamo la grandezza ...

11.05.2018 22:53 “ … Non è più logico , anche dal punto di vista storico , che la grandezza si collochi all’inizio ? … “ così si domanda Benedetto XVI nel suo Gesù di Nazaret . In questa VII domenica di Pasqua in cui si celebra la solennità dell’ Ascensione del Signore abbiamo sentito proclamare dal Vangelo secondo Giovanni che : “ … In quel tempo, [ Gesù apparve agli undici ] e disse loro << Andate in tutto il mondo …. >> . Ora gli undici , che diverranno nuovamente dodici con l’elezione di Mattia , dopo la morte di Giuda , rappresentano , nelle dodici tribù di Israele , la totalità del popolo di Dio in cui anche noi oggi , siamo collocati , ne siamo parte, parte attiva . Dodici erano le tribù del popolo d’Israele perché dodici erano i figli di Giacobbe che ricevette da Dio il nome di Israele . Questo è dunque il momento che nella narrazione veterotestamentaria , appare il popolo di Israele e, secoli dopo , il suo contrappasso sarà la scelta dei dodici , voluti , cercati direttamente e personalmente da Gesù . Essi sono l’inizio del nuovo popolo di Dio , che succede al vecchio , alle dodici tribù ma con la novità che non più dodici ma uno , non più molteplicità ma unità . Ed ecco che ora si comprende la domanda che Benedetto XVI pone nel suo libro . E’ logico ( cioè seguendo un rigoroso ragionamento ) e storicamente logico ( cioè ordinando gli eventi reciprocamente collegati secondo una linea unitaria di sviluppo che trascende la successione cronologica ) che la grandezza si collochi all’inizio , trasformando così una domanda in affermazione , l’interrogativo in affermativo …. l’ affermazione , l’affermare . Proprio Gesù ha voluto quei dodici e ne ha costituito nuovamente la pienezza del numero dopo la morte di Giuda suscitando l’elezione di Mattia , perché la meraviglia di ciò che essi , di lì a poco avrebbero raccontato , non provenisse dalla loro bravura , bensì dall’ascolto del loro maestro , trasformando quella molteplicità del numero nell’unità di intenti , nell’unico scopo : l’inizio della grandezza e la sua genesi . Quel maestro che li aveva scelti , diversamente dalla tradizione rabbinica , dove per tradizione erano i discepoli che si sceglievano i maestri ( un esempio ? Paolo rivendica la sua appartenenza alla scuola di Gamaliele : “ … Io sono un giudeo , nato a Tarso di Cilicia ….. formato alla scuola di Gamaliele …. “ si legge negli Atti degli apostoli 22,3 ) ebbene quel maestro , il maestro , Gesù , Dio nel costituire gli apostoli e nell’apparire a loro ne fa dei grandi ( appunto la grandezza di cui scrive Benedetto XVI nel suo libro ) ,cioè li eleva , li fa ascendere , salire . E nell’inviarli ne fa dei padri della sua Parola , padri , cioè che generano e che tramandano . Un padre è tale , è reso tale è definito tale perché ha generato un figlio , è più grande di lui , è in posizione elevata rispetta al figlio .Ha trasmesso se stesso in un altro simile a sé , perché a sua volta il figlio , suo simile , trasmetta se stesso , compiendo un gesto , un atto di amore e di unione che accompagno il susseguirsi del tempo , nel tempo . Quell’atto unitivo ha un’ origine precisa , cronologicamente precisa , il suo inizio è “ … in quel tempo .. “ cioè nel tempo dell’invio : “ ... Andate in tutto il mondo … “ . Dunque nel tempo e lungo il tempo , cioè nel mio sempre e , “ in tutto il mondo “ cioè ovunque , nell’ovunque del mio mondo , mio ovunque . Quella grandezza dunque ci appartiene , ne siamo parte , perché noi fratelli cristiani discendiamo cronologicamente e geneticamente da quella grandezza , abbiamo dentro in noi quei geni … i geni della grandezza , di una grandezza che si colloca all’inizio perché conseguenza dell’inizio , della novità … perché l’inizio è novità … e la novità è la prima volta . Se siamo grandi siamo alti , siamo in alto , non in basso , siamo elevati tenuti in alto perché dall’alto noi si possa cogliere la visione dell’insieme e ciò , se avete seguito il mio ragionamento , è logica …. è cioè secondo quelle leggi e quelle funzioni che caratterizzano il pensiero , ed è storicamente logico perché ordinato cronologicamente “ … In quel tempo … “ dunque da sempre e per sempre … eternamente . Siamo tenuti in alto , non siamo noi ad elevarci , qualcuno , ci tiene in alto elevati , come nella rappresentazione che Michelangelo fa di se stesso nel Giudizio che lui dipinse nella cappella Sistina . L’apostolo Bartolomeo martire , spettatore del giudizio , tiene tra le sue mani la sua stessa pelle ( fu infatti squoiato ) . Quella pelle è sospesa nel vuoto , nel baratro , un abisso sulla bocca dell’inferno ma benché sospesa è elevata , tenuta in alto ad osservare il basso . Michelangelo , in quella pelle raffigurò se stesso , e con esso l’umanità , elevata sì, ma appesa , tenuta da una presa chissà come e quanto salda . Quella pelle raffigura solo a tratti l’immagine dell’artista ; una immagine non ancora purificata, non chiara , poco visibile ,confusa , poco identitaria , proprio come Paolo scrive nella sua prima lettera ai Corinti ( 13,12 ) : “ … Ora vediamo come in uno specchio , in maniera confusa …. “ quella pelle non è ancora corpo glorioso . Ascendere , essere portati in alto è un trauma per l’umanità ,ecco perché ascende solo Cristo , e questa difficoltà è percepibile nelle forme e nei colori dell’affresco michelangiolesco . La vista dell’insieme , che è possibile solo dall’alto , dal punto più elevato , ascendendo , staccandosi da terra , è terrificante , provoca vertigini , malessere …. a dire che comprendere , conoscere , ampliare la visuale è traumatico per se stessi . Nell’affresco non è dipinta la gioia, non è rappresentata la gioia , si percepisce solo la preoccupazione anche in coloro che sono accompagnati dagli angeli verso l’alto , verso la visione ….. perché terribile e preoccupante è la visione … cioè la totale e completa conoscenza ; in quell’attimo fissato dall’artista , la visione è tremenda , il Cristo con un gesto del braccio dà l’inizio , avvia il giudizio e quel gesto grave , è un momento grave , carico di tensione che si legge nell’espressione della Vergine che gli è accanto . L’umanità è dunque preoccupata dall’essere elevata , preferisce radicarsi , che lasciarsi sradicare per farsi rinterrare in altra condizione , anche se le mani addette a compiere l’opera sono le mani sapienti dell’agricoltore , anche se la contropartita è la grandezza