IL MIO DISAGIO? IL SUO DIRE E CONTRADDIRE

20.11.2014 06:21

“Chiunque, tanto più i sacerdoti, possono venire ad incontrarmi, anche frequentemente, come fanno abitualmente in tanti”. Io sono venuto spesso da lei le ho esternato il mio disagio; per la maggior parte delle volte non ha parlato, (tacebat), quando ha parlato, (parlabat), mi ha solo accusato di dare scandalo. Infondo non si è mai sforzato di capire, perché sono fuori dai suoi schemi imprenditoriali quindi non paterni, il padre, un padre pazientemente ascolta, più volte durante i nostri incontri ho dovuto chiederle di rivolgermi lo sguardo, a me, che stavo parlando, fosse anche solo per educazione. Io non so chi incontra e quali sono i temi degli incontri che ha con quei “chiunque” che lei cita nella sua lettera e con i sacerdoti, e francamente mi permetta di dire eccellenza reverendissima che non sono interessato ai vostri dialoghi; io racconto delle esperienze di tentativi di dialogo con lei che hanno avuto origine dal sottoscritto e mai da lei, ciò che ho capito comunque è che a lei bisogna solo dire sì, annuire, possibilmente annuire tacendo, (tacebat), capisco ora perché ricorre a questi latinismi… Spesso nei nostri incontri mi ha ricordato che lei al suo vescovo ha sempre detto di sì: ma questo per me e per tanti altri non è una virtù. Io al mio vescovo ho detto no, che non ce la facevo a reggere il carico che mi aveva affidato, (e sono in buona compagnia perché così fece Benedetto XVI), soprattutto perché come lei ha ben ricordato pubblicamente durante la sua visita pastorale a Gaglianico (al tempo in cui io servivo come diacono), io per la mia particolare situazione famigliare devo fare principalmente il padre e poi il nonno. Poi privatamente ha smentito accusandomi di dare scandalo. Lei dice e disdice, spesso e volentieri si contraddice e a forza di compromessi e mediazioni si è calato in una situazione in cui non sa più distinguere tra il vero e il falso, tra realtà e fantasia. Lei sa comunque che le ho comunicato la mia disponibilità. La cosa strana è che tutti parlano con altri di me, lei compreso, e nessuno parla direttamente con me. Lei si affida a carta e penna ricordandomi la sua disponibilità, ha soddisfatto la forma ma non vuol soddisfare la sostanza. In conclusione mi permetto di scriverle eccellenza reverendissima che io ho sempre affidato ciò che pensavo a questi scritti, pubblici, nello stile evangelico, per “essere evangelico” come lei nella sua lettera ha ricordato, si legge nel Vangelo secondo Giovanni capitolo 18:” io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio dove tutti i giudei si riuniscono e non ho mai detto nulla di nascosto”. Per ciò che mi riguarda non si può dire altrettanto di lei.