IL NOSTRO COMPENSO? RITORNARE AL SIGNORE

21.09.2014 09:19

Ciò che colpisce fratelli cristiani, nella parabola di Gesù, è il secondo versetto:” Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna”. Questa espressione, questa espressione il padrone della vigna la usa una volta soltanto, all’alba, non alle nove del mattino, non a mezzogiorno, non alle tre e non alle cinque del pomeriggio. In quelle ore non si accorda per, ma dice:” Andate anche voi, nella vigna” e aggiunge “ quello che è giusto ve lo darò”. E’ all’alba della nostra vita che Dio stringe con noi un patto:” Si accordò con loro”, è il battesimo fratelli cristiani, lì in quel momento si entra nella vigna sottoscrivendo un patto, ci si fa carico di responsabilità conseguenti ad un fatto, ad un alleanza. Il patto, l’alleanza, il rapporto è bilaterale, dare e avere, è reciproco, da cui scaturisce anche un compromesso:” un denaro al giorno” scrive Matteo. Chi è nella vigna è occupato, lavora a giornata cioè è occupato per un giorno soltanto. Matteo c’informa che il padrone esce di casa:” per prendere a giornata lavoratori”, così scrive l’Evangelista. Il lavoro a giornata presuppone la possibilità da parte del lavoratore di non presentarsi il giorno dopo, o anche di non presentarsi più. Nella vigna dunque si può non rientrare, non si è costretti a lavorarvi, non sono quei lavoratori, (quelli della parabola), schiavi ma liberi, perché il patto, il contratto, il rapporto di lavoro è giornaliero, è un patto che si rinnova, di giorno in giorno, vivendo: è la fede. Entro, nella vigna, quando Isaia, nella prima lettura scrive:” ritorni al Signore”, è dunque l’invito a tornare nella vigna, ad assumere dignità e dimostrare personalità perché chi non lavora, come disse Papa Francesco nella sua visita in Sardegna, ai lavoratori sardi: chi non lavora può correre il rischio di perdere la dignità. Nel Regno, nella vita, rispettando e onorando i patti di lavoro per costruire me stesso, acquisisco la mia dignità, mi realizzo, perché il mio cuore è la dove c’è il mio tesoro, dice Gesù nel Vangelo,  e aggiunge Agostino, amante raffinato:” il mio cuore è per te e non trova pace finchè non riposa in te”. Il Signore, ancora, a fine giornata cerca coloro che non sono rientrati e a tutti vuole dare il medesimo compenso. Questo è uno scandalo? No, è il “sia fatta la tua volontà” che recitiamo nella preghiera del Padre nostro dettataci da Gesù stesso. La volontà del Signore, di Dio, del padrone della vigna non è quella di dare qualcosa in proporzione, di fare l’elemosina, ma di definitivo. Non si tratta di valutare, ma di sistemare definitivamente. Quel soldo è la definitività che riconosce la dignità, sono persona, cioè valgo quanto un ‘altra persona che è dentro da più tempo di me in una logica non economica ma di dignità, di giustizia divina,non umana, secondo un ragionamento divino,non umano. La logica è la logica di Dio: è il pensare come pensa Dio, e non come gli uomini, dobbiamo tornare al dialogo tra Pietro e Gesù di qualche settima fa. Quando entro nella vigna mi assumo la mia responsabilità e faccio non ciò che mi dice il padrone (Matteo non descrive un padrone che dirige, che guida il lavoro), ma faccio ciò che devo fare, ( e qui è in gioco la dignità che mi è conferita); e come farlo, qui invece è in gioco la responsabilità, la mia responsabilità. Nel battesimo dunque sono introdotto là dove c’è posto per me, dove sono valorizzato per ciò che so e devo fare, la dove sono considerato, tanto da pattuire, da sottoscrivere un patto, sono dunque persona a cui a cui è consegnata dignità perché è riconosciuta per la mia utilità, lì non sono considerato una pedina, e lo dimostra il fatto che posso non rientrare nella vigna, perché là ogni giorno posso rinnovare quel patto, sono libero di rinnovarlo ogni giorno, sono chiamato a rinnovarlo, a scegliere di rinnovarlo ogni giorno. Giornalmente fratelli cristiani posso rinnovare e sono chiamato a rinnovare il mio patto con il Signore, attraverso i sacramenti, con l’atto di fede e nella piena libertà, perché persona con la sua dignità e personalità, ecco come è accolto e ritenuto il cristiano agli occhi di Dio. In questa situazione ottimale di libertà, di rispetto, di valorizzazione della persona, Dio vuole che tutti vi trovino un posto, ecco perché il padrone esce continuamente di casa a cercare i disoccupati, cioè coloro che non hanno rinnovato i patti o non li hanno ancora sottoscritti. Anche per loro, e soprattutto per loro, perché ricordiamo che per costoro il padrone esce di casa, c’è posto. Abbiamo ascoltato nella prima lettura:” Poiché i miei pensieri, non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” e  Matteo: “ non posso fare delle mie cose quello che voglio?” Siamo fatti fratelli cristiani per lo stupore, per vivere lo stupore, e il Signore continuamente stupisce, perché la sua Parola è pura Rivoluzione, si pone controcorrente, è il rovesciamento della nostra logica, infatti e lo scrivo spesso, la gerarchia della Chiesa è il rovesciamento, l’esatto opposto della gerarchia della società in cui viviamo, il triangolo va rovesciato, la piramide va rovesciata, la punta, il vertice nella Chiesa, nella Madre Chiesa è la base che regge il vertice: cioè il popolo. Servito dal papa che ha come titolo servo dei servi di Dio. E’ in quel titolo che sta l’anti-gerarchia o meglio l’unico modo ed il nuovo modo di intendere la gerarchia cioè che tutti servono tutti, Marco scrive:” se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”. In conclusione ciò significa, che ognuno occupa il suo posto, senza confusione, ma ciò che è cambiato è l’ordine che viene comunicato, il nuovo ordine, il solo ordine: “così gli ultimi saranno primi e i primi ultimi”

Omelia per la XXV domenica del T.O.