... il sussurro di una brezza leggera ...

08.08.2020 14:19 “ …. Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore … “ è l’invito che il Signore rivolge ad ognuno di noi , fratelli cristiani in questa XIX domenica del Tempo Ordinario . Questo che stiamo vivendo per la Chiesa , per la Liturgia non è un tempo forte come lo sono i Tempi di Avvento e di Quaresima che richiamano con segni, gesti , parole e letture appropriate un singolare tema che la liturgia sottolinea , celebra particolarmente e solennemente per un periodo di tempo che si protrae oltre il quotidiano . Il tempo che noi celebriamo oggi è Tempo Ordinario che possiamo definire quotidianità , consuetudine , ordinarietà , routine , ovvero ciò che avviene tutti i giorni , il normale divenire , il normale avvicendarsi del tempo , la normalità non certo l’eccezzionalità . Dunque la liturgia ci insegna che non c’è un tempo particolare per fermarsi alla presenza del Signore , sia esso normale o particolare sempre si è invitati a stare, a porsi alla sua presenza . Oggi la Parola , cioè Dio stesso ci comunica, ci fa sapere , ci informa , ci insegna che bisogna prima uscire per poi fermarsi alla Sua presenza . Ogni giorno dunque nell’ordinarietà come nell’eccezzionalità degli eventi è necessario uscire per fermarsi alla presenza di Dio . Quell’uscire non è solamente il passare da un luogo chiuso all’aperto , ma è l’invito ad uscire da sé , ad andare oltre la nostra figura , è l’invito ad essere a vivere ciò che veramente siamo ; è l’invito a lasciarsi trasfigurare perché oltre la nostra figura , a come appariamo agli altri , c’è la nostra vera identità . Assumere la nostra vera identità significa scrollarsi di dosso quel travestimento , quella maschera che indossiamo , che non ci fa essere , non ci permette di essere ciò che veramente siamo ,ci induce a vivere per come vorremmo essere o essere quello che gli altri vorrebbero che fossimo o che ci impongono di essere . Noi dunque non siamo , rifiutamo di essere dunque appariamo e se siamo apparenza non siamo , non abbiamo identità , siamo fantasmi cioè un’immagine non corrispondente alla realtà , a ciò che si dovrebbe essere , a come dovremmo essere , ad essere ciò per cui siamo stati creati. La parola fantasma deriva dal verbo greco apparire , dunque l’uomo che generalmente non crede ai fantasmi dunque all’apparenza è invece apparenza , vive l’apparenza , vive di apparenza . Ciò che si ritiene fantasma spaventa l’uomo , si legge nel vangelo di Luca ( 24,36-39 ) : “ … Gesù in persona apparve in mezzo a loro …… Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho»… “ e nel vangelo di Marco ( 6,49-50 ) si legge : “ … Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma», e cominciarono a gridare, perché tutti lo avevano visto ed erano rimasti turbati ….” e per cocludere Matteo ( 14,26 ) dello stesso evento osserva nel vangelo poc’anzi proclamato: “ … I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: «È un fantasma» e si misero a gridare dalla paura … “ . Dunque l’apparenza che l’uomo vive , di cui si veste ,si traveste , dietro la quale si cela , si nasconde in realtà lo spaventa , di essa , dell’apparenza , l’uomo prova paura . Dobbiamo dunque uscire dal nostro apparire , dal nostro essere fantasmi , per essere , per dimostrare , per testimoniare di esistere , per acquisire la nostra vera e specifica identità , per provare a vivere nel doppio senso del termine provare ossia dando prova della nostra esistenza , quindi della nostra identità e tentare , sperimentare la vita , attuarla attraverso azioni , atti . Si esiste , si vive se si è , non si può essere se non si è o se si è solo virtualmente perché la virtualità è solo la potenzialità di realizzare ,ossia possedere le possibilità senza però attuarle , senza renderle atti , azioni , senza realizzarle e ciò è non passare,come il seme seminato nel buon terreno , dalla potenza all’ atto . Uscire da sé per essere, evoca , richiama la figura di Maria, sorella di Lazzaro e di Marta . Luca nel suo vangelo ( 10,39 ) la ritrae , vuole ritrarre , rappresentare quel suo uscire da sé con queste parole “ … Maria … sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola … “ . L’ascolto dunque è uscire da sé , implica uscire da sé per altro , per l’altro , per l’altro da sé . Si esce da sé o dall’uscio di casa se si è motivati , se si è chiamati ad altro a qualcosa di importante di vitale e nell’uscire sempre si rischia , si va incontro all’imprevisto che non è detto che sia il negativo . Ciò che ci chiama fuori , ciò che ci chiama ad uscire , a rischiare , all’imprevisto è importante è vitale e nel caso di Elia vitale , ciò che dà vita , è il passaggio del Signore è l’incontro , la visione e l’ascolto , così per Maria vitale è l’incontro con il Signore cioè l’ascolto e la visione . L’uscire per incontrare poi , presuppone disporsi , prepararsi , sistemarsi , essere pronti , essere in grado di ascoltare e di rispondere , di dialogare. Incontrare qualcuno è dunque un evento , un avvenimento ed un avvento , è un fatto , un atto , recarsi , raggiungiugere . Ma c’è di più nell’invito del Signore , l’atto , l’azione di uscire deve intendersi lasciare , allontanarsi e lasciare il certo per l’incerto implica andare incontro al non previsto , allo sperato , all’atteso : “ … Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: «Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! … “ ( Gv.1,29 ) ,e uscire per qualcuno è un atto di fede : “ …. E subito, lasciate le reti, lo seguirono … “ annota Marco nel suo Vangelo ( 1, 18 ) . Dopo l’invito ad uscire il Signore chiede al profeta , duqnue a noi , di fermarsi sul monte e ciò presuppone il cammino , lo spostarsi , il movimento da un punto all’altro , l’allontanarsi da dove si era , dalla sicurezza che il luogo da cui si è usciti assicurava , serbava . Portarsi alla presenza del Signore dunque è faticoso e costoso psicologicamente e fisicamente , è appagante sul piano spirituale che essendo la nostra natura definitiva comprende sia il piano fisico che quello psicologico . Se fatico sono poi appagato , perché godo del riposo e del risultato della mia fatica e vengo appagato perché la visione , la Presenza è ciò che non spaventa , non incute paura o terrore come il fuoco , il terremoto o la tempesta ma è “ … sussurro di una brezza leggera … “ scrive poeticamente l’autore del primo libro dei Re , è ciò che rende sopportabile , piacevole , atteso ogni giorno , il dipanarsi del tempo , il divenire , ciò che siamo .