IN MORTE DI...

10.03.2015 08:04

Cari amici di Chiesa controcorrente celebrerò oggi le esequie degli anni della mia giovinezza. I suoi congiunti chiedono di presiedere la funzione religiosa, e così leggendo le letture del giorno per questa circostanza mi sento di condividere con loro e con voi questa omelia

Non si nasce in un giorno a caso, né si muore in un giorno a caso. Nulla è casuale, da Dio siamo voluti, dunque pensati, attesi, amati. Di lui siamo figli, e se siamo figli come scrive Paolo siamo anche eredi, dunque ereditiamo e la prima cosa che ereditiamo è la vita divina, in Dio siamo Dio, ed in Cristo, il Figlio, siamo figli: questa è la nostra dignità, dignità che ci è stata conferita il giorno del nostro battesimo. In quel giorno siamo divenuti eternamente persone, eternamente, per sempre; abbiamo ricevuto agli occhi di Dio una dignità che non si perde e il nostro nome è risuonato e risuonerà eternamente nell’infinito che è Dio. Nulla dunque è lasciato al caso, tutto ha uno scopo, è parte di un disegno, siamo parte della storia, un tassello importante, senza ognuno di noi la storia non sarebbe come dovrebbe essere, sarebbe altra storia. Vedete fratelli la parola defunto significa colui che ha compiuto, portato a termine la missione, cioè questa parole ci dice che il defunto è colui che ha fatto ciò che doveva fare, ha dato pienamente ciò per cui è stato voluto, pensato, atteso e amato; questo significa che non c’è un modo di essere oggettivo, è borghese e perbenista pensare ciò, essere come qualcuno vorrebbe che io fossi, ma c’è un modo di essere soggettivo, sono ciò che sono e per ciò che sono, anche soprattutto con le mie povertà Dio mi ha pensato, voluto, atteso, amato. Ciò significa che al cospetto di un defunto dobbiamo solo meditare, pensare non ha ciò che è stato o ha che ha lasciato, ma a ciò che siamo noi, a ciò che abbiamo seminato e che dobbiamo ancora seminare. Noi non conosceremo mai l’altro, a mala pena conosciamo noi stessi, solo Dio, che ci ha creato, ci conosce, e ci conosce in profondità, per lui siamo bicchieri di diversa capienza, ma sempre pieni, perché abbiamo portato a termine la nostra missione; diamo secondo le nostre possibilità, diamo a Dio ciò che possiamo dare e non ciò che vorremmo ma che non possiamo dare. La morte del nostro prossimo serve dunque a noi, qui non si viene per dare giudizi, per giudicare in bene o in male chi non è più, qui si viene per osservare noi stessi, perché lo sappiamo bene, a meno che non siamo ciechi o stupidi, che la vita è un imbuto, ad un certo punto per quello stretto canale tutti noi dobbiamo passare, che lo vogliamo o no quello è un percorso obbligato, ed è il momento in cui siamo resi tutti uguali, siamo unità, comunione, come non lo siamo stati mai in questa vita. Nasciamo tutti attraverso uno stretto canale al fondo del quale vediamo per la prima volta la luce e respiriamo una nuova realtà, e al compimento della nostra missione lasciamo questa realtà per attraversare uno stretto canale al di là del quale ci attende una nuova luce e un aria nuova, passando dalla provvisorietà alla definitività. La nostra cultura fratelli cristiani non comprende la morte, cerca in tutti i modi di allontanarla, di esorcizzarla, ma il cristianesimo, noi fratelli cristiani, perché battezzati, simo invitati a vivere la morte come un dono che il defunto fa a chi resta, per aiutarlo a comprendere il valore della morte, speculando su di essa, interiorizzando questa realtà. Si muore dunque per gli altri per quelli che restano, testimoni della nostra esistenza nel suo momento più solenne e importante. L’ultimo gesto d’amore dell’individuo nella sua esistenza terrena è quello di regalare la propria morte dandole un senso che gli altri possano accogliere. Non a caso le ultime parole del morente sono sempre accolte come un tesoro prezioso e conservate come tali. Io, per chi conosce la mia storia le ultime parole le ultime parole di mia moglie Anna le ricordo perfettamente e le porto indelebilmente stampate nel mio cuore e nella mai mente. Questa è l’eredità, ciò che morte ci lascia. Concludo, nasciamo alla morte, dunque la viviamo giorno dopo giorno, essa è sicura, scienza esatta, è scontata come non lo è la vita qui su questa terra. Le letture che abbiamo proclamato e che abbiamo ascoltato sono scritte per questo girono, per questo evento, ed ognuno di noi ha il dovere di meditarle e di associarle alla vita di questo nostro fratello, perché sono scritte per lui e per noi per questo girono e per questo evento. In queste parole non affidate al caso c’è la sintesi di un’esistenza. Siamo in attesa, il nostro tempo non è più misurabile, è tempo di ricongiunzione, cioè quando il nostro corpo risorgerà glorioso nella sua definitività, ma come avverrà ciò. Ascoltate cosa scrive il profeta Ezechiele al cap 37 del suo libro

1 La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; 2 mi fece passare tutt'intorno accanto ad esse. Vidi che erano in grandissima quantità sulla distesa della valle e tutte inaridite. 3 Mi disse: «Figlio dell'uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». 4 Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annunzia loro: Ossa inaridite, udite la parola del Signore. 5 Dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. 6 Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete: Saprete che io sono il Signore». 7 Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre io profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l'uno all'altro, ciascuno al suo corrispondente. 8 Guardai ed ecco sopra di esse i nervi, la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c'era spirito in loro. 9 Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza figlio dell'uomo e annunzia allo spirito: Dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano». 10 Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato.
11 Mi disse: «Figlio dell'uomo, queste ossa sono tutta la gente d'Israele. Ecco, essi vanno dicendo: Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti. 12 Perciò profetizza e annunzia loro: Dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese d'Israele. 13 Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. 14 Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio.