LA NOSTRA GRANDEZZA? SIAMO LA MATERIALIZZAZIONE DEL PENSIERO DI DIO

26.10.2014 16:33

Fratelli cristiani, Paolo alla comunità in Tessalonica scrive che se funziona l’essere cristiani, la vita cristiana non ha bisogno di parole, di diffusione, di catechismo, perché appunto come scrive:” la vostra fede in Dio si è diffuso dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne”. Sono gli Atti, il libro degli Atti degli apostoli che c’informano che  osservando come vive la comunità cristiana di Antiochia, i non credenti li chiamarono appunto cristiani, seguaci di Cristo. La loro vita, quindi la loro fede? La vita della comunità cristiana di Antiochia? Come descrive Atti assidui alla preghiera, all’ascolto della Parola, alla frazione del pane, andavano insieme al tempio, condividevano i loro beni, praticavano la comunione dei beni; per il resto lavoravano, erano inseriti nelle diverse realtà sociali del tempo, si ritenevano fratelli abbattendo il muro che li teneva separati gli uni dagli altri: insomma vita cristiana. Non è necessario compiere chissà quali atti per vivere la vita cristiana, per abbracciare la vita cristiana: coerenza, continua autocritica personale che altro non è che l’esame di coscienza, la richiesta a Dio del perdono che è l’unico capace di usare misericordia nel giudizio, l’adempimento dei propri doveri secondo il nostro personale stato, di sposo o di sposa, di genitore o di figlio, di lavoratore verso il proprio datore e verso i propri compagni di lavoro, di onesto e buon cittadino nei confronti dello stato, d’impegno verso la comunità cristiana e non, non rinunciando al giudizio, mai al giudizio, e ciò per bocca di Gesù:” e perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?” si legge nel vangelo di Luca. La nostra dunque non è la semplice imitazione della vita del Cristo o dei santi come spesso una bassa predicazione induce. Io non sono il Cristo, né Francesco di Assisi, Dio mi vuole così come sono, perché così mi ha creato, gli sono piaciuto, così mi vuole incontrare. L’imitatore non è mai l’imitato. Io solo, io devo recepire il messaggio cristiano, quindi con i miei tempi e modi elaborarlo, questa è la mia storia personale con Cristo ed in seno alla comunità cristiana, senza che alcuno ci metta becco, sempre che io voglia, Il messaggio cristiano è mio personale, nasce da un rapporto personale che dev’essere vissuto, esperito, tra me e Dio, come lo è stato con e per l’umanità del Cristo, come lo è stato per Francesco d’Assisi. A loro, Dio, il Padre ha chiesto delle cose che sono emerse dal loro rapporto personale, a me delle altre. A Dio non piace la fotocopia, l’omologazione, quella piace all’uomo, all’uomo di potere e tra questi molti politici, preti e vescovi, non certo al papa, né a questi ultimi papi. Il cristianesimo esalta la vita dell’uomo, eleva l’uomo sino al settimo cielo ed oltre, sino al cospetto di Dio, perché Dio mi parla in faccia, piantando letteralmente i suoi occhi nei miei, non come il Napoleone sconfitto e prigioniero del manzoniano cinque maggio che così lo descrive:”  chinati i rai fulminei”, cioè ad occhi bassi, lui colui che aveva piegato il mondo che lo aveva sottomesso, ora deve chinare lo sguardo segno di sconfitta, confino, esilio: la fine. Né Dio china lo sguardo, né vuole che l’uomo chini lo sguardo, il rapporto vero e sincero tra uomini impone lo sguardo, chi sa sostenere lo sguardo nel rapporto assume la posizione dominante. L’uomo dunque nel rapporto con Dio è invitato a sostenere lo sguardo, ad assumere cioè la posizione dominante, tanto quale quella di Dio. Non per altro Dio ha posto l’uomo a guardia del suo creato, della sua creazione, degli uccelli del cielo, dei pesci del mare e di tutte le bestie selvatiche, così si legge in Genesi, così parla Dio, questa è la sua Parola che è Legge e Verità. Noi fratelli cristiani siamo fatti per quel rapporto paritetico, e direi anche di quel rapporto paritetico non mediato, in cui deve emergere la nostra fierezza dunque la nostra freschezza. Giovanni della Croce scrive una profonda frase che non solo è riscatto per l’uomo, ma che evidenzia il rapporto paritetico tra Dio Il Padre, Cristo il Figlio e l’uomo. Così scrive Giovanni della Croce: “un solo pensiero dell’uomo, vale più del mondo intero”. Al centro dunque Dio, al centro il  Cristo, al centro l’uomo. Teocentrismo, Cristocentrismo, antropocentrismo. Tutti solo stesso piano analogamente parlando cioè secondo le specifiche condizioni di ognuno. Al centro, cioè siamo nel rapporto con Dio, andiamo a quell’incontro consci che quello che ha scritto il santo carmelitano, è l’atteggiamento e la convinzione di Dio nei confronti di ognuno di noi. Ciò che Dio ama è che l’uomo eserciti il suo pensiero, perché Dio l’uomo l’ha creato nel e con il suo pensiero, prima l’ha pensato (fin dal seno di mia madre ti ho intessuto), quindi dal suo pensiero, dal nulla l’ha reso reale con un atto creativo, l’atto creativo. Per analogia dunque possiamo azzardare che ciò che pensa l’uomo è creativo, è creazione. L’uomo crea, e come prima cosa deve creare se stesso, darsi forma, avendo in sé una sostanza, dare solidità a ciò che di buono ha dentro di sé, materializzare, rendere vivo e vero il bene, così solo, così l’uomo diviene testimone tanto come scrive Paolo:” la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto tanto che non abbiamo bisogno di parlarne”.