... la preghiera ... penetra le nuvole ...
26.10.2019 15:01
Le tre letture che la Liturgia della Parola oggi - XXX domenica del Tempo Ordinario - propone alla nostra attenzione dovrebbero penetrare in noi fino a raggiungere le profondità del nostro cuore , della nostra intimità che dovrebbe essere la pubblica manifestazione del nostro discepolato , del nostro essere discepoli cioè seguaci del Cristo, coloro che per scelta si pongono alla sequela del Cristo , dando pubblicamente una svolta alla loro vita .
Il discepolo è la figura del povero , che non è colui che è mancante di mezzi , che è privo di mezzi , ma è colui che si affida , che ha appreso quindi affinato la capacità di affidarsi e di abbandonarsi totalmente a Dio, che è l’Altro da sé , colui che tutto è e tutto può .
Il monaco trappista Padre Paolino Beltrame Quattrocchici ci ha lasciato una preghiera a detta sua insegnatagli dalla sua mamma Maria Corsini che insieme al marito Luigi sono stati proclamati dalla Chiesa beati : “ … Signore tu sai , tu vedi , tu puoi , tu provvedi … “ in essa , in questa breve ma intensa preghiera si riconosce , si coglie la totale dipendenza dell’allievo , del discepolo al maestro ; del credente , dell’uomo di fede , dell’uomo di Dio alla divina provvidenza .
Questa preghiera è la sintesi è l’interiorizzazione , l’elaborazione del discepolo a ciò che ha attinto dal suo rapporto con Dio attraverso la Sacra Scrittura . Si legge nel Salmo 55 ( versetto 22 ) : “ … Getta sul SIGNORE il tuo affanno,ed egli ti sosterrà … “ e nella prima lettera di Pietro ( 5,6 ) leggiamo : “ … Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno, gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi… “ e tutto ciò si può riscontrare nella proclamazione dell’odierno brano di Vangelo nell’atteggiamento e nelle parole che il pubblicano proferisce al tempio : “ … il pubblicano … fermatosi a distanza non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo , ma si batteva il petto dicendo : << O Dio , abbi pietà di me peccatore >> … “ .
L’atteggiamento del discepolo , del povero è dunque quello del pubblicano che davanti a Dio e agli uomini si rende conto e dà conto di ciò che è , del suo essere e della sua essenza : egli è e si dichiara peccatore …. cioè povero perché mancante della gloria di Dio , bisognoso della gloria e della grazia di Dio ..
Scrive a proposito S.Paolo nella lettera indirizzata ai Romani ( 3,23-24 ) : “ … tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia , in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù … “ . Il pubblicano , come tutti è peccatore è dunque povero , povero perché mancante della gloria di Dio , povero , bisognoso cioè della grazia di Dio ; è colui che si affida , che ripone la sua fiducia , la sua fede , la sua speranza in colui che può , che tutto può : “ … Tutto posso in colui che mi dà la forza … “ scrisse Paolo ai Filippesi ( 4,13 ) che è la condizione che l’Apostolo delle genti vive e trasmette nella seconda lettura , tratta dalla lettera al discepolo Timoteo quando scrive : “ … Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito ; tutti mi hanno abbandonato …. “ .
In quell’occasione il discepolo , Paolo fa l’eperienza dell’abbandono da parte di tutti, che è l’esperienza che vive il Cristo durante la sua Passione , un abbandono così grave che è gridato da Gesù sul Golgota dalla Croce come Marco riporta nel suo Vangelo ( 15,34 ) : “ … Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? … “ le stesse parole che si possono leggere nel Salmo 21 ( attribuito a Davide ) : “ … Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido ! … “ .
Il povero , dunque il discepolo che si pone alla sequela del maestro è anche l’abbandonato e nella logica umana che viviamo e di cui siamo protagonisti , attori si abbandona colui che è debole , chi non ce la fa a tenere il passo , si emargina chi è già l’emarginato . Ma il concetto l’idea di debolezza , di emarginazione in seno alla visione cristiana , in seno alla vita cristiana che è pedagogia divina è ciò per cui dare la vita , è ciò per cui offrire la proropria esistenza , perchè Gesù , Dio si incarna , diviene uomo , carne , persona , membro di questa società umana per coloro che sono ai margini della società , coloro che dalla società sono emarginati : lebbrosi , ciechi , sordi , storpi , zoppi , pubblicani , peccatori , indemoniati e a tal proposito afferma Gesù ( Mt.9,12 ) : “ …. Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati ….. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori … “ e siede a mangiare con Matteo il publicano e lo annovera tra i dodici , tra coloro che a sua detta saranno chiamati a giudicare le dodici tribù di Isarele .
Se la loro debolezza è frutto dell’emerginazione da parte della società in essere , da parte dei farisei , degli scribi e dei sacerdoti ( di ieri ma anche di chi oggi li rappresenta ) , non lo è per la nuova comunità che è nata nel seno della comunità farisaica oggi identificabile nella società borghese .
Nella nascente comunità cristiana la debolezza è considerata una forza , la forza che dà identità che identifica cioè rende individuo , persona ( corpo , anima e spirito ) ; scrive Paolo nella sua seconda lettera ai Corinti ( 12,10 ) : “…quando sono debole, è allora che sono forte … “ perché Paolo scrive , nella stessa lettera , che il Signore stesso gli ha rivelato : “ … Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza …. “ . Ecco il povero , ecco emergere la figura del discepolo delineata da queste parole ancora prese a prestito dalla lettera paolina alla comunità che era in Corinto : “ … Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo … “ .
E’ in questo quadro che ciò che il discepolo , cioè il povero , chiede al Signore gli sarà riconosciuto . Giovanni ( 14,13-14 ) riporta queste parole di Gesù : “ …. Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò … “ e prosegue : “ … Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda …. “ ( Gv.15,16 ) e ancora : “ … In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà … “ ( Gv. 16,23 ) e vorrei cocludere queste citazioni di Gesù con quella che riporta Matteo ( 21,22 ) nel suo Vangelo : “ … E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete … “ che è ciò che abbiamo sentito proclamare nell’odierna prima lettura tratta dall’Antico Testamento , dal libro del Siracide : “ …. La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finchè non sia arrivata ; non desiste finchè l’altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità … “ .