L'ASSURDITA' CRISTIANA

01.04.2017 15:15

“ Questa malattia non porterà alla morte , ma è per la gloria di Dio , affinchè per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato … “ . Abbiamo testè ascoltato parole dure , dure ….. e per usare un linguaggio popolare …. dure da “ digerire “ , “ da mandar giù …. “ ma realiste , vere , quanto mai vere . Parole che certa omiletica non vuole più affrontare , troppo “ dure “ , radicali , scomode …… evangeliche appunto . La malattia porta , a chi la vive o in prima persona o perché emotivamente legato da affetti a chi la subisce , ad una riflessione a cui fa seguito un esito che può essere distruttivo … la non accettazione del fatto , della realtà , con la conseguente attribuzione ad altri o ad altro di eventuali , ma spesso sconosciute , inesistenti responsabilità … responsabilità che non possono essere attribuibile o attribuibili a nessuno , perché la malattia è un fatto contingente …. tutti ne soffriamo , chi più , chi meno , direttamente o indirettamente ….. ma tutti sono interessati dalla malattia , dal non star bene . Nella saggezza evangelica , nella sapienza evangelica viene proclamato che : “ … a ciascun giorno basta la sua pena … “ ( Mt. 6,34 ) pena …. il o un non star bene , uno stato non ottimale , che si subisce , si sopporta , che si vuole evitare , scansare , esorcizzare . Il secondo modo di accettare la malattia , l’opposto del modo distruttivo ovvero quello che possiamo definire il modo costruttivo … è l’accettazione del vivere , della vita , l’accettazione dell’esistere , dell’essere …. sì …. anche ammalato …. perché la malattia è causa …. sì ….. ma di nuova vita , di nuove sensazioni e sensibilità , di nuove energie , di cambiamento di sé e degli altri . L’ammalato , colui che ne è colpito può essere per se stesso e per chi ne è spettatore , cagione di cambiamento , campione di cambiamento , maestro di cambiamento se accetta di continuare a vivere , di essere … e di essere novità , perché porta con sé una novità , la novità : la malattia appunto e il suo modo di viverla per sé e per gli altri e con gli altri . L‘ammalato dunque serve , è a servizio , innanzitutto di se stesso , poi a mio servizio , di me , che osservo da fuori , dall’esterno , perché io , con altri , si possa essere prima di tutto testimoni , quindi stimolati a domandarci non il perché o il per come della malattia ( questo è il dovere , l’ onere , con risultati spesso deludenti , della medicina ) ma chi sono e chi siamo ….. cioè parafrasando questo racconto evangelico della V domenica di questo tempo Quaresimale …. in quella malattia ,nella mia malattia devo domandarmi in che modo vengo glorificato e glorifico , do gloria , sono apportatore di gloria o ricevo gloria : “ …. è per la gloria di Dio … “ parole che , dopo essere state proclamate , riecheggiano ancora tra queste sante mura . Sulla formulazione di questa domanda , fratelli cristiani , siete autorizzati a rivolgervi a me nello stesso modo in cui i greci nell’Areopago , ad Atene , si rivolsero a Paolo qualche migliaio di anni fa . Quando là , introdusse il tema della Risurrezzione , lo liquidarono con queste lapidarie parole : “ … Ti sentiremo su questo un’altra volta …” ( At. 17,32 ) , come a dirmi , farmi giungere , la vostra disaffezione in ciò che affermo . Eppure vi invito a pensare a cosa una malattia introduce quando si manifesta in noi o verso chi riponiamo affetto ….. Domande , produce domande e da queste si attendono risposte . Produce speranza e affidamento …. fede …. fede nel possibile e spesso , anzi spessissimo nell’impossibile …. e in quell’impossibile che diviene possibile , lo abbiamo appena ascoltato : “ …. Lazzaro vieni fuori …. “ … e questo è porre , porsi e venire posti al centro dell’attenzione , della “ pietas “ che è un sentimento che induce amore , compassione , rispetto per le altre persone …. è umanesimo … quel porre al centro dell’attenzione l’uomo …. da parte dell’uomo ….. che è ciò che Dio fa con l’uomo …. prima creandolo , e poi con il suo popolo … assistendolo , in una parola sola … amando . I romani attribuivano ad essa ,alla pietas , che ritenevano una divinità , un duplice significato …. l’espressione e l’insieme dei doveri che l’uomo ha sia verso gli uomini in genere e verso i genitori in specie , sia verso gli dei e in questo caso possiamo identificare la religione , in nostro credo . Esempio solenne di questo doppio significato lo porge Enea , il quale mentre compie verso il padre i doveri di figlio , compie anche scrupolosamente i doveri religiosi che la sua missione gli impone . Nell’affrontare virilmente , da uomo , cioè umanamente e quindi da cristiano la malattia , ….. vengo glorificato . Se facciamo mente locale , nella mia condizione o di affetto da un male o al capezzale di un sofferente porto in me i segni o leggo nell’altro i segni della sofferenza di Cristo , segni inequivocabili della sua glorificazione … del suo corpo glorioso . Di Francesco d’Assisi e dello stesso Padre Pio , si è affermato che portavano i segni gloriosi del Cristo ….. dunque la sofferenza ,materializzata nelle stimmate . Quando sono soffrente o sono al cospetto di un sofferente faccio esperienza , tocco , come l’ apostolo Tommaso , la gloria di Dio . Per vivere ciò è bastante lasciarsi andare , abbandonarsi al sentimento , affidarsi a ciò che portiamo dentro di noi , è bastante riappropriarsi di ciò che in noi è sopito , che è tenuto spesso da noi , quando non da altri , sopito . La malattia dunque è manifestazione della gloria del Figlio e del Padre e per il fatto che io stesso sono figlio di quel Padre … del Padre …. ne sono partecipe , partecipo alla gloria , attraverso la fede , la speranza e la carità indotte dalla pietas . Non è facile , è un cammino , lento , è la pedagogia di Dio ….. ma è gloria per me , è novità e non è sognare ad occhi aperti ma è realtà , vita da vivere ,è esistenza , è trasfigurare la realtà cioè leggere e cogliere il vero modo di essere , di esistere , è l’ apprendere e comprendere il vero e nuovo significato delle cose ….. della malattia . La prova ? La risposta ? …. La disarmante ovvietà di tutto ciò è contenuta nella domanda e nella conseguente risposta che Gesù pone ai discepoli durante il cammino verso la Giudea : “ … Non sono forse dodici le ore del giorno ? Se uno cammina di giorno , non inciampa , perché vede la luce di questo mondo ; ma se cammina di notte , inciampa , perché la luce non è in lui …..“ . Non è la prima volta che possiamo tranquillamente giudicare assurda la proposta cristiana , eppure si è chiamati , per nostra salute , salvezza , a vivere la malattia …. per noi che la subiamo e per Dio che la compatisce , come glorificazione .