LE CHIAVI DI CASA NOSTRA

29.06.2014 21:38

OMELIA NELLA SOLENNITA' DEI SS PIETRO E PAOLO

“La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”, “Ma voi chi dite che io sia?”. Sono queste fratelli cristiani, lo abbiamo sentito, le due domande rivolte da Gesù. Entrambe rivolte ai discepoli, Gesù li interroga, chiede, vuole sapere, conoscere, li tiene sul filo li sprona a sondare se hanno capito la sua natura: cioè chi è Dio, “il Cristo, il figlio del Dio vivente” come risponderà Pietro. La risposta dei discepoli è elusiva, poco precisa, non attenta, tendente al distacco, è la risposta dei discepoli ma è anche la nostra, lontana, che non sonda, non va in profondità, sta in superficie, non cogliamo la vera identità del Cristo: non cogliamo la sua divinità e se non cogliamo la sua divinità non cogliamo la nostra. Giovanni Battista, Elia, Geremia, personaggi noti, appartenenti ad un passato, prossimo o remoto che sia, uomini di provato valore, e ciò ci dice che Gesù è riconosciuto uomo, da uomini, illuminato come lo erano i personaggi elencati, ma non è riconosciuto come la novità, la buona notizia, il Vangelo dunque la Parola, l’atteso: Dio. Il suo passaggio, la sua permanenza in quella società, nella società di quel tempo e di questo tempo, non scuote un’umanità banale, formale, borghese, scontata che ragiona per schemi e categorie, e schiava e a servizio delle convenzioni e della convenienza, di se stessa, delle sue affermazioni e autocelebrazioni. Di Gesù, quella società e la nostra, non vuole riconoscere l’identità, la sua vera natura, per comodità, perché costerebbe fatica rimettere tutto e sempre in discussione, perché la perfezione non è di questo mondo. Tutto in discussione e sempre e per sempre sicurezze, aspettative, coscienze. Gesù è venuto a sconvolgere le coscienze, a svegliare l’uomo dal torpore della legge, che lo ha addormentato, sopito, sino a condurlo all’apatia, dipendente dall’abitudine, dal delegare e mai decidere, dall’accettare acriticamente e passivamente la legge che è la convenzione e la consuetudine, l’abitudine. Concordo pienamente con l’affermazione di Marx: la religione, (con la r minuscola) è l’oppio dei popoli e i preti (non scandalizzatevi di ciò che scrivo) spesso, oggi, ieri (e preghiamo non domani) ne sono stati e sono la conferma. Cristo è venuto a dare compimento, valore alla legge, alla Religione (con la R maiuscola), a rendere libero l’uomo ridotto in schiavitù rivolgendogli la Parola, cioè se stesso, insegnando cioè aprendo una strada, indicando un cammino, ed è venuto a guarire le infermità dell’uomo, la cecità, la sordità, l’immobilità, il mutismo. Questo ci porta la religione con la r minuscola, la legge, ciò che era statico, ora, nella Parola, cioè nella Presenza diviene dinamico. La nuova strada è nuotare controcorrente ( sono due i papi che in questi anni hanno ampiamente usato la parola controcorrente: Benedetto e Francesco), come salmoni, fratelli cristiani. Essi nuotano controcorrente non per la volontà di compiere un’impresa, ma per portare vita, per essere fecondi, trasformando quell’atto di nuotare controcorrente come se nuotassero in corrente. Come sono scesi dalle sorgenti al mare, così dal mare risalgono alle sorgenti; la fecondità, il portare la vita, il non condannarsi alla sterilità ha cambiato, rivoluzionato capovolto la convenzione, lo stabilito, la consuetudine. Ciò che era consueto, il nuotare a favore di corrente è divenuto l’esatto contrario, il nuotare controcorrente. Così è per il cristiano così è l’uomo di fede che prende alla lettera ciò che Gesù insegna: “il mio giogo è dolce  e il mio carico leggero” tutto si è capovolto, sono carico e soggiogato, ma sono libero perché sono diverso, trasformato; è rivoluzionato, capovolto il mio modo di essere, di pensare e di concepire l’esistenza. Gesù ha totale fiducia nelle scelte dell’uomo, e interroga direttamente coloro che lo seguono; che siamo poi noi fratelli cristiani. “Ma voi chi dite che io sia?”. A nome di questa umanità ancora adolescente, forse bambina, risponde Pietro, l’uomo, la figura del credente, di umili origini, non dotto come Paolo, e non è il prediletto come Giovanni, ma istintivo, lascia parlare la sua coscienza, il suo cuore, la sua umanità, le sue viscere, senza inibizioni, pescatore, uomo pratico, abituato al lavoro, alle fatiche perché lavora, ebbene quest’uomo, a nome e per conto di tutti i credenti che hanno lasciato qualcosa (in proporzione alla loro capacità e volontà) per seguire il Signore, quest’uomo in Gesù riconosce il Figlio di Dio: “Tu sei il Cristo il Figlio del Dio vivente”. Pietro dunque, ne riconosce la natura divina e proprio perché Gesù è vivente e figlio dell’uomo, Pietro ne riconosce la sua divinità, dunque la nostra, la nostra analogia con Lui, con Dio, in Dio sono Dio. Il salmo 81 recita: “voi siete dei siete tutti figli dell’Altissimo”. Se è vivente Dio è con noi, è tra noi, è in noi, siamo noi. La nostra vita la condivide, e Pietro per Lui  morirà, Pietro ci dice che per Lui è valso la pena spendere interamente una vita, la sua, perché Dio è un Dio che sta quaggiù e lassù perché io sia portato al suo livello, perché tra me e lui vi sia uguaglianza, unità nella reciproca diversità. Pietro in una frase riconosce la natura di Gesù: è Dio, e riconosce in se stesso la sua divinità. Gesù risponde riconoscendo nell’uomo, nel cristiano una sconfinata riconoscenza, riconosce che in Pietro, in me è presente il Padre “beato sei tu…. Perché né carne né sangue te lo hanno rivelato ma il Padre mio..”Dio, questo lo sussurra a me, lo suscita in me. Se riconosco il Cristo, allora si di me si può edificare, costruire in sicurezza, ci si può fidare tanto da ricevere in cambio le chiavi del Regno. Le chiavi di casa.

donandreagiordano