L’ECCELLENZA E L’EMINENZA GRIGIA

07.03.2015 10:08

Le due fotografie che ritraggono l’uditorio e il tavolo della conferenza tenutasi lunedì scorso in cattedrale e proposte dalla edizione di ieri del giornale diocesano, sono eloquenti. Fotografia ristretta alla prima fila come al solito, segno di un non raccolto invito, quindi da non documentare per opportunismo, se la cattedrale fosse stata piena, la fotografia anzichè dal basso per camuffare l’assenza sarebbe stata scattata dall’organo o dallo stesso presbiterio, dunque i cristiani di fronte al pensatore, hanno preferito pensare altrove, confortati dal fatto che come insegna s Giovanni della Croce, un loro pensiero per Dio è più importante dell’universo intero. La fotografia che ritrae il tavolo del relatore si commenta da sola, nella sua totale decadenza, il primo segno di decadenza è l’uso del Messale come piedistallo per il microfono; un testo sacro usato come “spessore”, da segno che quel testo, il Messale non conta nulla. A fare da ala al Messale, vescovo e il suo provicario episcopale, uno della triade che coadiuva il presule, insieme sono giunti alla pensata, irrispettosa, di usare il testo con cui si celebra l’eucarestia come piedistallo per il microfono, fortunatamente il tavolo non era zoppo, altrimenti… Come si fa proporre ad un giovane di credere, di avere rispetto, se il vescovo, il pastore con uno dei suoi vicari non crede o non rispetta la forma. Il Messale raccoglie la liturgia, coordina l’azione liturgica della Chiesa, l’atto per celebrare il divino. Poi si osservi l’impietosa posa del vicario, vestito di grigio, (che riporta alla memoria l’eminenza grigia di qualche secolo fa), gambe accavallate, stravaccato sul presbiterio, di fronte all’altare che rappresenta il Cristo, (lo si bacia l’altare e ci s’inchina all’altare), e come se non bastasse gira le spalle alla cappella del Santissimo; e questo in seminario, perché ricopre tra le infinite cariche anche quella di pro rettore, insegna pastorale, senza naturalmente averne titolo, e forma i futuri sacerdoti che a quanto si sente dire iniziano a lasciare, ad abbandonare, un esercito senza generali, ma soprattutto senza una bandiera, due sono già uscito quest’anno, ed altri presto seguiranno. A fianco del relatore, non ha avuto nemmeno il rispetto per l’assemblea e il relatore stesso di vestire l’abito, e d è anche canonico. Poi il vescovo ricoperto da una palandrana, imbaccuccato come una vecchia squaw indiana, mentre se osservate il relatore, impeccabile veste giacca e cravatta, professionale, da professore. I nostri due, uno non sembra neppure un prete, forse non lo vuol sembrare, ma lo è (conflitto d’identità?), l’altro non dà l’impressione di essere il pastore, la guida del suo gregge, certo è che davanti al papa così non si sarebbe presentato, al santo padre rispetto, ma al suo gregge?... Una tavola che non riesce neppure a contenere moderatore, relatore e vescovo, avrebbero fatto meglio a sedere tra i primi banchi e a non comparire. Una pessima figura segno di decadenza, scarsa attenzione alla forma, al dettaglio, al buon gusto. Questi sono i formatori, di questi non si può dire che hanno seminato vento, ma che non hanno seminato nulla e i risultati sono piuttosto evidenti. Concludo con una frase tratta dall’intervista a Mons Brambilla, vescovo di Novara e prossimo relatore:” Biella non guardare le tue paure”, la paura di questa città è ben in mostra, è la negazione del divino attraverso la sciatteria, l’indifferenza che è arroganza.