L'INFANZIA: PARADOSSO CONTRO OGNI LOGICA UMANA

22.03.2015 09:16

Fratelli cristiani Paola agli Ebrei scrive: “ Cristo nei giorni della sua vita terrena offri preghiere e suppliche, con grandi grida e lacrime a Dio che poteva salvarlo da morte e per il suo pieno abbandono a lui venne esaudito”. Fratelli cristiani lo sappiamo, Dio è fedele alle sue promesse, come non lo è l’uomo; i salmi di Dio dicono, cantano la sua fedeltà, la fedeltà di Dio: “ è un Dio fedele…”, recita un salmo, mentre la storia dell’uomo è storia d’infedeltà ad un Dio che chiede fedeltà alle promesse fatte, e fede, cioè risposta pronta, schietta, sicura, coerente. Dio dunque c’insegna Paolo salva il Cristo da morte per il suo abbandono a Lui. Il Cristo è il Figlio, Figlio come lo siamo noi sostiene Giovanni, e come è la nostra dignità, perché siamo veramente, (Giovanni scrive: “ e lo siamo realmente”), elevati alla dignità di figli, dunque siamo salvi dalla morte, da essa salvati, sempre che sia nostra intenzione, l’abbandono, il totale abbandono, affidamento a Dio. L’impegno per vincere la morte e abbandonarsi pienamente a Dio è  offrire preghiere e suppliche credendo a ciò che facciamo, all’atto che compiamo. Le suppliche e le preghiere sono atti, dunque sono atti, cioè fatti concreti, concretezza che si manifesta esteriormente con grida, cioè la volontà di farsi sentire, e con le lacrime, cioè con la contrizione, il pentimento, la volontà di farsi perdonare. Non lasciamoci soffiare, fratelli cristiani, da falsi profeti le certezze e la convinzione che le preghiere e le suppliche sono atti; spesso questi c’inculcano che l’atto è manifesto solo nelle elemosine, o come spesso sbagliando, ci dicono nella carità. La prima carità di un cristiano e per un cristiano è la preghiera, la carità è amore, e la preghiera è l’atto di amare, un atto di amore è più vero perché disinteressato, perché affidato al Signore così: “ sia fatta la tua volontà” ed inoltre la preghiera è bene e il bene produce, provoca bene. La preghiera è dunque un atto di amore, e per dirla come san Benedetto e prima di lui la Sacra Scrittura è l’opera di Dio. Il cristiano è dunque per definizione uomo concreto, che tende, tendente al bene. La preghiera, il pieno abbandono alla o nella preghiera, ha come causa, come effetto la salvezza dalla morte, sulla morte, non si muore più. Prego dunque non muoio. La preghiera è via alla vita, mezzo per la vita, e se vivo già la vita, la preghiera è via e mezzo a quale vita? Alla vita eterna che è l’unica vita, che iniziamo a vivere qui, che è condizione di definitività, non certo come la vita che viviamo (vita biologica) che non è certamente definitività ma continuo cambiamento. In questi giorni con mia mamma novantenne guardavo due sue fotografie, a sei anni e a vent’uno, la ricordo nella mia adolescenza e maturità, e la guardo oggi… Non è certamente la sequenza della definitività, ma della provvisorietà. Ogni istante della nostra vita è provvisorietà, e ciò ci pesa, ciò significa che siamo fatti per la definitività: la vita eterna. Quella vita sarà la sorpresa, salutata da forti grida e lacrime, come quando si era bambini, quando si sapeva gridare e piangere, attributi che si perdono per far posto all’opportunismo della vita da adulti. La vita eterna è l’infanzia, il ritorno all’infanzia, non ai giochi come spesso ci educano, ma alla novità, allo stupore, alla fantasia, alla curiosità, al mistero, cioè a Dio. Perché dunque non abituarci a vivere già qui questa condizione, l’infanzia, il ritornare bambini, che in fondo è definitività, cioè  ciò a cui si arriverà? E’ il Signore ad ammonirci che il “passaporto” per entrare nel suo Regno è il ritornare bambini. Ricordo un canto oggi un po’ datato, che la mia generazione ha tanto cantato e amato, il ritornello aveva queste parole: “ se non ritornerete come bambini, non entrerete mai”. In fondo se ci pensate fratelli cristiani la vecchiaia è associata alla morte, l’infanzia alla vita, ebbene Gesù capovolge una logica di comodo, affermando che per avere la vita eterna bisogna tornare bambini; di là nella novità, nello stupore, nella fantasia, nella curiosità, nel mistero, vivendo il mistero, scoprendo il mistero, il tesoro, saremo calati, vivremo un mondo comprensibile, udibile e visibile, con gli occhi di un bambino, saranno cancellati in un attimo, anni di certezza, di false sicurezze, per tornare alla freschezza della prima volta. Pensiamo a quella freschezza spirituale, a quell’infanzia spirituale che ha guidato Teresina (dottore della Chiesa), che la santa vive e vive da donna, giovane donna, donna non certo bambina, ma con la freschezza e l’innocenza di una bambina. Le stesse invocazioni che Cristo indirizza la Padre nel brano di Vangelo di Giovanni, in cui comunica di essere pronto a ciò che di lui è stato scritto dalle millenarie profezie: “ ma proprio per questo sono giunto  a quest’ora”, questo sembra dirci che la maturità spirituale è racchiusa nell’infanzia spirituale, ancora una volta il cristianesimo è capovolgimento di ogni logica umana che individua nella maturità l’uscita dall’infanzia. L’uomo sembra nel suo crescere, nella sua maturità allontanarsi sempre più dalla sua reale essenza, (dal suo vero modo di essere) per essere sempre di più un’apparizione, tra l’essere e l’apparire, secondo la logica della maturità, l’uomo si indirizza all’apparenza, cioè alla morte. La logica della realizzazione umana è ben lontana dalla logica della realizzazione di Dio: tanto che lui re è gettato fuori, e a lui luce è preferita la tenebra, per attirare a sé deve morire in croce, paradosso contro ogni logica umana.