L'OMICIDA E IL CALUNNIATORE SI CONFESSA

03.11.2014 08:56

Caro don Andrea ti scrivo qualche riga in modo familiare e “privato”. Non riesco a capire come si possa tenere insieme termini come “caro” e “familiare” con ciò che poi segue, sono contrari e contrastanti tra di loro e per logica non potrebbero essere parte dello stesso soggetto, sono contraddittori ma potrei anche sbagliarmi. Nelle altre regioni di noi piemontesi spesso si sente dire: piemontese falso e cortese. Penso che il preludio a questa lettera che io ho ricevuto mette ben in evidenza il detto: un preambolo cortese, ma di una falsa cortesia, perché solo forma. Emerge l’incertezza d’iniziare la lettera, si usa secondo la forma la cortesia per mascherare ciò che poi deve venire. C’è la totale mancanza di chiarezza che il vangelo liquida in “ sia sì si no no il vostro parlare, il di più viene dal maligno”. Io e voi cari amici di Chiesa Controcorrente che viviamo la famiglia, che siamo immersi nel clima familiare non scriveremmo mai  una lettera del genere ad un figlio, ad un genitore o ad un fratello. Anche la scelta dei periodi, corti, secchi, categorici danno l’idea di essere ben lontani dal clima familiare. In famiglia il contenuto di questa lettera verrebbe dibattuto non necessariamente a quattr’occhi, ma in famiglia, tra i componenti, e c’è da osservare che in famiglia non s’incancrenirebbero mai situazioni di questo tipo. Se si giunge alla cancrena, quindi alla necrosi, è perché a monte non c’è stata cura, attenzione. Le situazioni si affronta subito, non le si ignora, non le si snobbano e ciò che affermo e scrivo non sono “deduzioni”, ma fanno parte di quella sana educazione familiare sconosciuta a buona parte del presbiterio biellese e al suo vescovo. Il modo, il clima familiare che il vescovo invoca o auspica non esiste tra questo clero. Ci si sopporta come scrive san Paolo “sopportatevi a vicenda” e la parola di Paolo è Parola di Dio. E’ così per tutti, tra preti, tra vescovo e preti, tra cristiani perché è Dio che lo afferma attraverso l’apostolo delle genti… Ci si sopporta, ci si deve sopportare. Dunque il vescovo mi sopporta e io non faccio fatica a dirlo che sopporto lui, non lo ignoro come lui fa con me ed è per questo che in questi mesi gli ho scritto come in passato l’ho voluto incontrare… Io l’ho voluto incontrare! Ciò che scrivo oggi è ciò che gli dico da anni, può essere cambiata la forma, l’apparenza, non certo la sostanza. “Privato” non esiste per me il “privato” esiste l’intimità, ma questa è altra cosa, è foro interno, rapporto a quattr’occhi con l’altra mia metà, e spesso a due, se contiamo la presenza dell’Onnipotente. Il foro interno interessa me stesso, è quell’essere tu a tu con la propria  coscienza che per  il cristiano è il santuario che contiene, che ha adibito alla Presenza, se c’è Presenza c’è rapporto. La mia intimità come prima dicevo può essere occupato dalla mia metà, dall’altro che mi completa, che nella fattispecie può essere la mia sposa, sacramento. Io ho perso quell’intimità formale ma resta la parte spirituale dell’intimità che si rifà a quel rapporto. Questa è la mia intimità ed ecco perché affermo che il privato non esiste. Nell’intimità  non è gradita la presenza di nessuno, tantomeno del vescovo. Nell’intimità, nella mia intimità, nel mio foro interno c’è posto solo per l’altro da me che è colui che mi completa, dunque non può essere un chicchessia, ma la Presenza, la scelta, la definitività, la verità, dunque la mia stessa libertà che mi è data da chi mi fa essere libero. Paolo scrive:” tutto posso in chi mi da la forza” questo è il mio privato. Il vescovo con tutti i suoi carismi che poi sono quelli di ogni battezzato non può soddisfare la parola di Paolo che è Parola di Dio. Per il vescovo la parola “privato” virgolettata ha lo scopo di comunicarmi che non sarebbe gradito che questa lettera sia divulgata. Ma anche qui avrebbe dovuto essere esplicito e non morbido. “privato” virgolettato lascia aperta ogni tipo d’interpretazione, io l’ho interpretato in modo non vincolante ma esplicitante, sbagliando magari, ma se ciò è accaduto è in buona fede. Il mio privato è largo, la mia intimità è stretta, potrei dire ricordando un colloquio con il presule in cui l’oggetto era il segreto confessionale che la differenza tra “privato” e intimità, è lo stesso che intercorre tra segreto confessionale e segreto professionale, il vescovo si ricorda bene il fatto e io mi ricordo bene la lezione, e voi cari amici di Chiesa Controcorrente se scavate nel passato del sito che è il suo e vostro passato troverete ciò di cui parlo. Il vangelo dice “ siate prudenti come serpenti e semplici come colombe”. Credo fosse più corretto e chiaro scrivere da parte del presule: ti scrivo qualche riga raccomandandoti di non divulgare quanto ho da comunicarti o scriverti.