MODERIAMO IL MODERATORE
Leggo su lettera diocesana N. 8 del 22 OTTOBRE 2014, la lezione di liturgia che il liturgista diocesano impartisce al santo popolo di Dio. Il linguaggio è cattedratico, ben lontano da quel popolare linguaggio che il santo popolo di Dio usa. A forza di educare il santo popolo di Dio e di rivolgersi ad esso senza farsi capire, e per non farsi capire con leziosità, il santo popolo di Dio non c’è più, non frequenta più, non siede più nei banchi delle nostre chiese. Se ricordate lo slogan che ho citato ieri nel rispondere alla lettera inviatami dal vescovo, stiamo pagando, stiamo pagando con l’assenza e la defezione di chi ci è stato affidato. Tra una decina d’anni si potranno abolire le messe infrasettimanali per la gioia di chi ritiene che si celebrano troppe messe, e per chi scrive “più messa e meno messe”. Il santo popolo di Dio è ormai assente, se il santo popolo di Dio non coglie più i segni, nè capisce il linguaggio dei suoi ministri, la colpa non è sua, ma di un clero che non ha più saputo trasmettere né vivere in mezzo alle pecore. Il prete questo deve fare, comportarsi cari confratelli come ben descrive e illustra la ristampa del testo del compianto Gianfranco Bini “Fame d’erba”che descrive attentamente la vita dei pastori che non è proprio la nostra vita, una vita la nostra fatta di ritiri, giorni liberi, giornate di deserto, ferie, esercizi spirituali e un genere di vita che è ben lontano dall’essere austero e sobrio. Se un prete si fa installare una vasca idromassaggio, frequenta discoteche, fa incetta di telefonini ultima generazione, computer, televisione allora c’è qualcosa che non va. Ci si lamenta che siamo pochi, ma credo che siamo un numero eccessivo se proporzionato all’ormai ridotto santo popolo di Dio, o tra chi del popolo di Dio si accosta con frequenza ai sacramenti. Se non dormi con le pecore e il tuo odore non si confonde con il loro non fai parte del gregge, non sei riconosciuto membro del gregge dal gregge. Ora ci educano anche a scambiarci il segno della pace, neppure questo il santo popolo di Dio sa fare, dunque va ripreso, educato a muoversi come i soldatini di piombo, come i burattini o i pupi siciliani. Fate ciò che volete, cari e ultimi fedeli, ma fatelo lo scambio della pace e grazie perché ci siete ancora. S Paolo scrive nella lettera ai Romani (16,16) “salutatevi gli uni gli altri con il bacio santo” e in 2 Corinzi 13, 12: “ salutatevi a vicenda con il bacio santo”. Salutatevi, scambiatevi affetto, guardatevi negli occhi, sorridetevi, stringetevi le mani abbracciatevi perché siete nella vostra casa, non in quella del liturgista. Io quando posso, (dipende dal numero di fedeli) scendo dal presbiterio e scambio il segno della pace con chi forma l’assemblea, accompagnando il gesto con le parole:” la pace sia con te”, ed in presbiterio abbraccio i confratelli concelebranti o i ministranti accompagnando il gesto con le stesse parole. Chi varca la soglia della chiesa, della casa di Dio, della sua casa per partecipare alla santa messa deve essere lasciato libero di assumere la posizione che vuole in seno all’assemblea, di rispondere ad alta voce, a bassa voce o mentalmente, di cantare o di non cantare, di partecipare insomma secondo la sua sensibilità e libertà, basta lezioni, ordini da dare di dove mettersi, o come devi comportarti o come devi rispondere, e come e cosa devi pensare. Non è il santo popolo di Dio, (che non c’è più), a doversi moderare, ma il moderatore deve moderarsi perché è rimasto lui solo.