NO...L'IDOLO NO!
Mi fa orrore il titolo che è apparso sul Biellese di venerdì scorso: ”In quella terra le nostre radici”, orrore perché a pronunciarle è un prete e a pubblicarlo un giornale cattolico. Le nostre radici sono ovunque e non c’è terra che le possa rivendicare, siamo creature di un creato di cui artefice è il Creatore. O il Creatore è Darwin e allora importante è stabilire dove, o è Dio e allora importante è il perché, e tra il dove e il perché scelgo il perché, perché è lì che stanno fede e ragione, non nel dove, e il giovane esperto di morale avrebbe dovuto capirlo. Che poi un prete sia a capo dell’Ufficio Pellegrinaggi e Turismo mi sembra una perdita di tempo. Circa i pellegrinaggi mi sono già espresso, concludendo che non sono necessari, necessari per la nostra fede, la chiesa con la c minuscola può anche essere un’agenzia di viaggio, i viaggi che indica la Chiesa sono altri. Ribadisco, le mie radici non sono lì, ma perché sono stato creato in quella creta e in quell’alito divino, ovunque dove c’è terra. Se per vivere un’esperienza intensa devo andare in terra santa allora ha ragione Marx quando afferma che la religione è l’oppio dei popoli. Il cristianesimo, ha dato così poca importanza a quel toccare che ha tramandato l’Eucarestia, viaggi, pellegrinaggi sono compensazioni che si sono succeduti nei secoli successivi all’incarnazione, alla rivelazione. Il presidente dell’associazione diocesana UPET, prete dovrebbe dire lui studente ormai cronico di teologia, dovrebbe raccontarci che da Gerusalemme, dalla terra santa per secoli, come un esplosione, come il Big Bang il cristianesimo si è espanso, segno di novità e progresso spirituale, e oggi dopo secoli per il lassismo dei pastori e della loro incapacità occorre creare stimoli nuovi, emozioni nuove cioè frenare l’espansione per tornare al luogo che è stato solo la partenza. Invece di continuare ad espandere, non solo ci siamo fermati, ma stiamo retrocedendo, attirati dalla nostra fallibilità, incapacità, lassismo: come un buco nero stiamo inglobando, divorando, digerendo millenni di sforzi di storia, di martirio, di tradizione. La tradizione è il trarre per divulgare, trasmettere. Con ciò Gerusalemme ha fatto il suo tempo. Stiamo paganizzandoci, offriamo paganesimo e il popolo tra il Dio che non vede e il dio che vede sceglie il buio, l’idolo. Tra il viaggio spacciato per esperienza interiore terra delle nostre radici, quel volere vedere e toccare, (parole del presidente UPET) a tutti i costi, scelgono i sensi e non più la fantasia, l’immaginazione, il sogno ad occhi aperti, lo stupore, quel tornare bambino che è il progetto, il passaporto del cristiano. Ma che cosa insegnano alla nostra gente? Cose, pranzi, cene, regali, risate, divertimento. E’ questa la socialità cristiana? Termino con l’ affermazione del vescovo citata nell’intervista, ossia che “un pellegrinaggio in terra santa sia esperienza quasi più forte di un corso di esercizi spirituali”. E’ un’affermazione grave e non veritiera, lui che è così foriero nell’uso del codice di diritto canonico, sappia che nell’indice analitico, del codice, la parola pellegrinaggio non compare, mentre vi compare la voce esercizi spirituali, che l’indice esplicita testualmente: esercizi spirituali, ogni anno per seminaristi, e richiama il can 246 par 5; vi sono tenuti i chierici can 276 par 2 n 4; gli ordinandi can 1039; per i religiosi can 663 par 5, e ancora i parroci li organizzino secondo le disposizioni del vescovo can 770. Vogliamo parlare chiaro alla gente? O il nostro compito è ingannare?