PER NOI CRISTIANI NON C'E' PIU' NE' TEMPO NE' SPAZIO

03.08.2014 14:55

In quel tempo… Gesù parti di là. Fratelli cristiani in questa frase, è assente la dimensione spazio-temporale cioè, non c’è una data, ciò che lega al tempo, sappiamo da Matteo che quello era il tempo, e non c’è un indirizzo, ciò che lega allo spazio, al luogo, abbiamo sentito che Gesù era là. Matteo dunque non ci vuole informare? No, Matteo ci informa, ci informa per bene, perché non è lui che parla ma Dio attraverso di lui; non è dunque parola di Matteo, ma del Signore perché come afferma la Costituzione Dogmatica sulla Divina Rivelazione: Dei Verbum, i libri che compongono la Sacra Scrittura “hanno Dio come autore”. Cosa vuol comunicare a noi il Signore attraverso questo brano? Che il discepolo vive l’assenza della dimensione spazio-temporale perché vive già nell’eternità. Infatti l’eternità non ha tempo, (passato, presente, futuro), né spazio, (è ovunque, si è ovunque) e ciò è sempre, da sempre e per sempre. Sicchè noi fratelli cristiani siamo, perché eterni, e nel passato, e nel presente e nel futuro e ovunque, ampliando quindi la nostra conoscenza, diventando conoscenza. Perché? Perché siamo divini, di quella divinità acquistata nel Battesimo con l’acquisizione della Grazia che è la partecipazione alla vita divina. Divini, cioè eterni, per sempre. Non abbiamo la necessità di compiere chissà quali azioni per acquisire la divinità, l’eternità, questo è paganesimo, è la visione che i greci avevano, noi siamo divini, quindi eterni perché abbiamo ricevuto la grazia, questo è il nostro punto di partenza. Non abbiamo dunque più limiti, orizzonti non c’è mediocrità, normalità, superficialità, ma la pienezza, condizione oggettiva, che dipende dalla mia capienza, dalla mia capacità di contenere, cioè il mio massimo diviene assoluto, cioè per ciò sono soddisfazione e appagamento e non rassegnazione. Il discepolo scrive Matteo, cioè chi segue, chi si mette alla sequela, a seguire il Maestro: “ Ma le folle lo seguirono” è realizzato; il suo essere, l’essere discepolo, l’essere se stesso tende alla pienezza cioè a riempirsi. Discepoli si è già qui, ora, adesso, in questo momento, da subito inserito nell’eternità, la vive già, anche senza accorgersene ne è immerso, vi è calato, si è calato, è stato calato. Ma quali sono i segni? Il sedersi sull’erba, che nel deserto, nella calura, nel caldo torrido che affatica, che rende pesante ogni attività, il riposo sull’erba è segno di pace. La pace è segno di benessere, è trovare e vivere uno stato di equilibrio e armonia che fanno di me, di noi fratelli cristiani uomini appagati e felici. Un altro segno è il servizio. Seduti al fresco, serviti; il discepolo è servito di ciò che gli è necessario, della necessità, non è più il discepolo, dipendente, la sua dimensione di eternità la trasferisce oltre la dimensione materiale alla dimensione spirituale. Lo spirito non ha padrone, luogo, tempo che lo limiti. Gesù dice: “ Non vi chiamo più servi” perché ci fa servire dunque: “ Ma vi ho chiamati amici”. Isaia nella prima lettura riporta le parole del Signore: “ Venite, comprate senza denaro, senza pagare vino e latte” e poi prosegue: “ Perché spendete denaro per ciò che non è pane?”. Ciò che ricevono i discepoli in quel tempo là, cioè oggi qua, non è pane, non è il pane ma è altro, dunque cos’altro? Gesù dice ai suoi: “voi stessi date loro da mangiare” cioè dice datevi, credendo datevi, consegnatevi, servite, gli uni agli altri: che tradotto è amatevi, è il linguaggio degli amanti. Ora solo fuori dalla dimensione spazio-temporale si può vivere quel tempo, là, godere di quell’erba e del riposo nel deserto, e sfamarsi di ciò che non è pane. L’amore è fuori dalla dimensione spazio-temporale, ci si ama quando è il momento e dunque, fuori del tempo e dello spazio. Noi fratelli cristiani siamo chiamati a vivere la dimensione dell’eternità non rimandandola dopo la morte, ma da subito. Il cristiano non è fatto per attendere la retribuzione, ma è fatto per goderla subito, non vive prigioniero di un segreto della non conoscenza, ma gode pienamente della conoscenza lo dice Gesù stesso: “vi ho chiamati amici perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio, l’ho fatto conoscere a voi”. Tutto dice Gesù, non parte del tutto, no dice proprio tutto. Il Signore mi dice, ci dice che siamo eterni, divino da subito, ora, adesso, in questo momento. L’eternità poi sazia, riempe fino al limite della nostra capacità, della nostra capienza. Matteo scrive:” tutti mangiarono e furono saziati” cioè non oltre le loro capacità e conservarono ciò che era stato avanzato per gli altri per chi in quel tempo là decise poi di partecipare al banchetto. Fratelli, Gesù alza gli occhi al cielo, benedice, spezza i pani e li distribuisce, così avverrà qui tra poco. Ecco il legame tra là in quel tempo e qui in questo tempo, ecco caduta la dimensione spazio-temporale, è lo stesso giorno, che si perpetua eternamente, quindi ovunque e sempre; è presente, è il presente, l’eternità, ed  in quel pane noi come l’universo intero siamo contenuti, cioè fratelli cristiani viviamo già l’eternità, che è segno della nostra divinità e dell’amore.

Omelia per XVIII domenica T.O.