PIU' MESSA MENO MESSE.... LINGUAGGIO SCURRILE
Più messa e meno messe, la riflessione riportata su Lettera diocesana non mi trova d’accordo, non mi trova assolutamente e perentoriamente d’accordo. Sono stato ordinato prete con la motivazione che un prete non deve celebrare la s Messa tutti i giorni, da uno (il vescovo) che si è speso in encomi solenni per un papa (Giovanni Paolo II) santo, che vantava di avere assolto ogni giorno nell’arco della sua lunga vita l’impegno della celebrazione eucaristica. Sono stato ordinato prete da uno (il vescovo) che mi spiegava quando ancora ero diacono che il segreto del prete è possedere un cellulare per poter essere raggiunto dalle imprese funebri. Questa cari amici di chiesacontrocorrente è quella che io chiamo la chiesa con la “c” minuscola a cui faccio fatica ad appartenere, e non è certo della Chiesa una santa cattolica e apostolica (alla quale ho l’onore di appartenere),è il comportamento del presule, né lo slogan di lettera diocesana. Rispondendo ad alcune provocazioni dell’articolo “più messa meno messe” in cui si evidenzia l’esiguo numero di sacerdoti, cito quanto afferma un vecchio e saggio canonico che per il numero di fedeli che frequentano oggi le funzioni ci sono fin troppi preti. E’ vero la chiesa con la “c” minuscola ha allontanato i fedeli fino a ridurli ad un esiguo numero, se li è persi, è guidata da pastori non capaci quando non è del tutto guidata. Il problema non è qualità o la quantità delle messe, è che come presbiterio abbiamo perso credibilità: il nostro stile di vita è per i fedeli un deterrente. L’attaccamento alle comodità, al potere, al denaro, ai regali, ai vizi, alla mondanità ci ha isolati. Il dileggiare le persone anziane che vengono a recitare il santo rosario da sole perché spesso il prete arriva per il giusto tempo di cambiarsi per poi celebrare, ci ha segnati, ci ha segnati indelebilmente con la perdita della credibilità soprattutto delle giovani generazioni che si chiedono, che chiedono a cosa rinuncia un prete, che vita è quella del prete, se vale la pena spendere la propria vita nel presbiterio, mentre sono attratti sempre più dalla vita contemplativa, dove la santa Messa non è associata alla qualità e alla quantità, ma all’incontro, ad un incontro, ad un rapporto, ad uno scambio, intimo, interiore, sacro, divino, al sacrificio, alla salvezza, all’ascolto, al silenzio, al linguaggio del corpo, alla libertà di pensiero, al dialogo franco e sincero, all’incontro con la verità, con la libertà, con la sapienza, con la conoscenza, con la comunità, con la Parola, con il mio Signore, con la parte più vera di me stesso, con l’Infinito, con il mistero. Più messa e meno messe! E’ la fallita politica di un fallimento. Sì posso dire che le parole del vicario generale nel giorno della messa crismale possa essere riesumato è la politica “di coloro che vivono l’amarezza del fallimento”.