PLASTIC…PLASTICA.
Apprendo, guardando il giornale il biellese, che le visite pastorali sono tutte uguali, sono uguali a quelle che io ho vissuto anni fa a Coggiola e Gaglianico da seminarista. Un clichè. Fatta una fatte tutte. Non capisco dunque perché questa perdita di tempo, se ne faceva una quindi si risparmiava il resto, non si faceva perdere tempo agli altri, ma soprattutto si evitava un modo di fare finto, recitato, di plastica. Come si svolge: s’induce il consiglio comunale ad invitare il vescovo, ricordate? Chiara è stata la lettera che il vicario zonale cittadino scrisse ai suoi, e cioè che bisognava fare in modo che il vescovo fosse invitato al consiglio comunale, perché lui non avrebbe di certo richiesto di partecipare. Invece per educazione, la prima cosa che deve fare colui chi entra in casa d’altri, (perché l’Italia fino a prova contraria non è lo stato pontificio, è uno stato in cui il territorio nazionale è diviso in regioni, province e comuni, caratterizzate dalla loro sovranità, ora nemmeno le chiese, cioè i muri sono di proprietà dello stato pontificio), quindi il vescovo in visita pastorale deve proprio per quell’educazione che distingue l’uomo, deve chiedere il permesso di partecipare al consiglio comunale, e se si sente negare il permesso prende e mette nel sacco e “senza magari” insiste per farsi invitare. Questa è la figura del pastore. Nel prosecuo della visita pastorale c’è il solito giochetto con i bambini, far girare tra di loro l’anello, (il sigillo), mitria e pastorale, solo con loro con i bambini può mostrare i muscoli, i segni del suo potere, un potere ormai che non vale più nulla agli occhi della gente, se non supportato da una coerenza di vita, vita sobria, capace di discernimento, vita per e in mezzo alla gente. Quel potere ha solo importanza per il potere: è fine a se stesso. Poi s’incontrano i gruppi cattolici, sempre meno, così i giovani che frequentano la parrocchia, anche loro sempre meno. L’unica cosa intelligente e utile è la visita agli ammalati soprattutto nelle case. Mai si percorre le vie dei paesi entrando nei negozi, fermando la gente per la strada, mai si entra negli opifici (i pochi rimasti), o negli studi professionali per ascoltare la voce di chi lavora. Mai nelle sede di partiti o sindacati o movimenti non cattolici, anche solo per provocare. Non parliamo dei luoghi battuti dalle prostitute, dai tossicodipendenti, quelli non fanno parte della visita pastorale. Cosa serve dunque la visita pastorale? Cosa serve che per anni si facciano le stesse cose? E poi ha mai smosso qualcosa nel mondo del lavoro, nel sociale? Quando andammo a presentare il progetto S.Martino, di cui vi ho già informato e di cui tra pochi giorni vi renderò conto del suo andamento, il vescovo ci disse di fare quello che volevamo, l’importante era di non chiedergli soldi.