... QUANDO NON E' CRISTIANESIMO ABBIAMO IL DOVERE DA DIO STESSO DI PUNTARE I PIEDI!
Di briciole fratelli cristiani non si può vivere ma solo sopravvivere. La sopravvivenza non è vita e ciò è raccontato e descritto da Gesù nella parabola di Lazzaro. Lazzaro sopravvive , vive sopra la vita, non nella vita, non la vita, non entra nella vita per volere del ricco, dell’altro, non è volutamente lasciato entrare nella vita, dunque deve accontentarsi di ciò che riceve, appunto deve accontentarsi di sopravvivere. Sarà Dio a spalancare le porte della vita a Lazzaro, le porte della vita definitiva, la vita eterna, secondo giustizia, quella vera non quella giustizia effimera che noi produciamo; noi uomini produciamo non la giustizia ma le giustizie a seconda di chi è chiamato ad amministrarla. La domanda che dobbiamo porci come uomini e ancor più come cristiani è se viviamo o sopravviviamo, cioè se in qualche modo da furbi, come nella vita anche nell’ambito della fede troviamo una sistemazione, (che non appaga nessuno), ma che bene o male ci accontenti e accontenti gli altri. Così riduciamo la fede (che è ciò che crediamo), in un mezzo di consumo. Anche la fede diviene un bene di consumo con le sue regole di mercato. Piacere, soddisfare i nostri bisogni. Questa riduzione, questo imborghesimento della fede non è colpa nostra, è frutto di un’ educazione che abbiamo ricevuto, l’educazione al compromesso che è ben lontano dall’evangelico “sia sì, sì e no, no il vostro parlare”. La fede è un’offerta, ci è offerta da Dio e l’offerta è sacrificio. Cristo è la massima offerta, dunque il sacrificio più gradito. Il cristiano deve, dovrebbe, essere educato a questo, deve essere pronto a questo e la gioia sta, scaturisce nell’affrontare il sacrificio. La gioia scaturisce dall’offerta. La gioia scaturisce dalla difficoltà affrontata. L’alpinista sale in vetta con sacrificio e questo gli dà gioia. I genitori, noi genitori, cresciamo la nostra famiglia con sacrifici e questo ci dà gioia. Una madre partorisce nel dolore e accetta questo sacrificio, ma la gioia per la nascita del suo bambino fa dimenticare i dolori del parto. Fratelli cristiani potete constatare che siamo fatti per il sacrificio, siamo capaci a sacrificarci, ne abbiamo le capacità, lo facciamo ogni giorno e per tutta la durata della nostra vita. La fede mi dice questo, mi prepara a questo, Matteo nel suo Vangelo annota “ogni giorno ha la sua pena”, non dice che ogni giorno è foriero di gioia. La gioia si apprezza proprio perché c’è la pena. Il motto di don Oreste Fontanella è “la gloria a Dio, il piacere al mio prossimo, il sacrificio a me”. Sono io dunque che mi devo offrire, che mi offro, è il destino, o meglio dovrebbe essere il desiderio e l’azione di ogni cristiano. Eppure uomini come don Fontanella, uomini concreti, schietti, che non hanno raccontato frottole o mistificato il senso della vita sono stati messi da parte, nel dimenticatoio. Oggi soprattutto nei nostri ambienti è vietato parlare di sacrificio e quando ci insegnano queste cose è come ci nutrissero di briciole che cadono dal loro tavolo, ci condannano a sopravvivere e non a vivere, ci somministrano oppio cosa di cui Marx accusava la religione. Eppure la vera rivoluzione è il cristianesimo non il marxismo; il cristianesimo verità mi invita a conoscermi, a prendere coscienza di ciò che sono e di chi sono perché sono divino sono portato al cospetto di Dio, al suo pari, il marxismo mi relega ad un meccanismo, un ingranaggio del processo produttivo (così come il capitalismo). Quando anche all’interno della chiesa, abbiamo il sentore di essere usati e considerati un ingranaggio, una pedina, abbiamo il dovere da Dio stesso di puntare i piedi, perché quello non è cristianesimo, non è vivere ma sopravvivere. La fede dice la mia forza, dice la mia libertà perché proviene, è nutrita dalla verità. La verità mi fa entrare nella vita, Falcone, il giudice Falcone affermava che i vigliacchi muoiono tutti i giorni, i coraggiosi una volta sola. Così è nata e cresciuta la Chiesa, bagnata dal sangue dei martiri. La vita, il Cristo, si dona totalmente, così io vivo, vivo pienamente, il Cristo non si dà parzialmente, si che io sopravviva. Quando dà il Cristo da tutto se stesso, e à in abbondanza tanto da avanzare, non dà briciole, distribuisce ciò che è avanzato con il quale si vive, non si sopravvive. Questa è dunque la nostra fede e il nostro modo di essere la nostra condizione,mai dobbiamo dubitare ma sempre e solo lottare; la creazione è voluta per mostrare la sua pienezza, basta osservare il mondo che ci circonda, la natura, il fiore non fiorisce a metà. Il fiore dunque la creazione è ciò che deve essere ciò per cui siamo stati voluti, cioè per essere noi stessi dunque essere pienezza. Se noi fratelli cristiani accettiamo di essere meno di ciò che dovremmo essere, rifiutiamo la pienezza, più non siamo, cioè sopravviviamo, quindi non siamo.
Omelia per la XX domenica del T.O.
donandreagiordano