SENZA IL VESTITO... NIENTE

10.06.2015 09:51

La scorsa settimana ho dovuto fare un salto a Milano. Ne ho approfittato per recarmi nell’unica sartoria ecclesiastica ancora esistente per farmi confezionare un abito: la talare. Io la porto ogni giorno e si consuma, è vero che la rattoppo, ma ormai sono alla frutta (come si suol dire). E’ vero che sua eccellenza mi aveva fatto sapere che sarebbe stato meglio non la portassi, per via del mio lavoro, ma la porto perché sono prete, in barba a quelli che pur essendo preti non la portano, optando per abbigliamenti, pittoreschi, scialbi e spesso indecenti per la foggia ed il cattivo gusto. Ho scelto Milano perché è vi è l’unica sartoria nelle nostre immediate vicinanze, cioè non vende il prodotto confezionato, salvo poi (una volta misurato) adattarlo (con risultati penosi) ma il prodotto fatto su misura. Noi sappiamo che Milano è un’oasi nella Chiesa cattolica, il rito, la liturgia a Milano è detto ambrosiano, che si discosta dal rito e dalla liturgia romana, che è la liturgia adottata dalla Chiesa. Questa è la tradizione. Chiaramente l’abito che si porta a Milano, detto ambrosiano, e l’abito che porta la Chiesa mondiale, detto romano, è diverso. Le differenze: il romano ha la lunga fila di bottoni, l’ambrosiano quattro o cinque bottoni sul petto ed una fascia in vita per chiudere il resto dell’abito. Altra differenza è il prezzo: l’abito romano costa circa 570 euro, l’abito ambrosiano 420 euro. Se si porta la stoffa si viene a risparmiare circa 50/60 euro. Avendomi regalato un’amica il taglio di stoffa potrei avere un abito confezionato su misura a 370 euro anziché 520 euro. Credo che opterò per l’abito tradizionale milanese, l’abito ambrosiano, per una ragione economica, che mi sembra più che giustificata: 150 euro in meno! Perché in quanto biellese, sono stato abituato per educazione a tenere conto del valore del denaro (cosa che molti preti anche se biellesi non fanno). In oltre non molti  anni fa don Ferraris e il canonico Tua (sono stati gli ultimi) che portavano l’abito piemontese che si distingueva per la foggia del collo da quello romano. Dunque mi farò confezionare l’abito ambrosiano, a meno che l’associazione don Ferraris, fondata per la formazione del clero mi assicuri la differenza di 150 euro affinchè mi faccia confezionare un abito romano o piemontese. Tiro in ballo la fondazione don Ferrais perché l’uso dell’abito dovrebbe essere parte del programma della formazione permanente del clero, mentre i fini di quest’ultima sono finanziare quei pellegrinaggi farsa annuali, in alberghi 3-4 stelle, e le giornate annuali a Spotorno in un resort a 4 stelle, che è quanto mai diseducativo e non formativo per il clero e il santo popolo di Dio. Concludendo entro il 24 cm dovrò dare una risposta alla sartoria, confido che entro il 20 cm l’associazione don Ferraris tramite il vicario generale suo presidente, mi confermi o meno la volontà di contribuire finanziariamente alla confezione dell’abito.

P.S. il 22 giugno cari amici di Chiesa controcorrente vi relazionerò