SONO NUDO

06.03.2015 08:52

Sono rimasto colpito da quanto un confratello mi ha comunicato ieri a proposito di un brano tratto dagli Atti degli apostoli circa l’identità della prima comunità cristiana. Giunto a casa l’ho letto, o meglio pregato, perché quando si legge la parola di Dio si prega e conseguentemente meditato, seguendo le indicazioni d, perché io sono saccente ma non dotto. La prima comunità cristiana si riuniva (At 1, 12 ss), al piano superiore, in alto, nuovamente in alto dopo essere da poco scesa dal monte detto degli ulivi. La comunità cristiana si riunisce in alto, al di sopra degli altri, perché in alto è il cielo, in alto è appena asceso il Cristo, dunque il Rapporto, è un rapporto che eleva, che elegge. Oggi da una falsa morale e predicazione o come dicono i saccenti omiletica, c’insegnano al confondersi, al non distinguersi, ma ciò significa non operare e non operare o operare nel nascondimento significa non diffondere, non uscire allo scoperto, non rivelarsi, né rivelare; solo i figli delle tenebre amano nascondersi e confondersi, i figli della luce splendono, dunque non possono essere confusi, ma distinti. Poi l’intuizione, quella che mi ha fatto contento, che ha dato forza al mio cuore, che mi fa sentire nel giardino; le persone che si riuniscono nel brano di Atti hanno un nome, un volto, un’identità, il libro degli Atti, li nomina, dunque identifica uno per uno. Non c’è anonimato nel cristianesimo, non siamo sconosciuti a Dio, ma in Dio neppure tra di noi, abbiamo un nome e un’identità, dunque una personalità e una dignità che ci uniscono, e cioè siamo cristiani, coloro che in Dio sono Dio, e che si distinguono perché io sono io, eternamente. Non appartengo a nessuno perché è lo schiavo o la pedina (come l’oligarchia che governa questa diocesi definisce i sottoposti), che ha un’appartenenza, neppure Dio vuole che gli appartenga, perché mi chiama figlio e amico, termini che mi identificano come uomo libero. Poi si chiede l’obbedienza, ma in questo contesto lo scriveva don Milani l’obbedienza non è certamente una virtù, mentre san Benedetto l’identificava nell’ascolto. E sempre in questo contesto di amicizia e famigliarità, cioè di verità si è liberi. Chi è libero non può obbedire, perché nella Verità, in Dio è libero, l’obbedienza dunque o è per i mentecatti, che non sanno chi sono, che non percepiscono la loro identità, la loro personalità e di conseguenza non sanno come agire, o è un pretesto per rendere schiavi, e per accettare la schiavitù. Se ho un volto, un’identità, se sono persona, corpo, anima, spirito, sono nella verità, dunque sono tale, sono per definizione libero, giusto, nella verità, nella mia condizione di uomo, che deve essere solo perdonato, non obbedire. Umanesimo? L’uomo cerca l’uomo? No da sempre cerca Dio, dateci Dio, poi di conseguenza viene l’uomo. Dio si fa conoscere, si svela, si spoglia e si fa spogliare; l’uomo si nasconde, nasconde la sua novità e da altri fa coprire le sue nudità, perché di essa si vergogna. Fuori dal giardino c’è il nulla e l’uomo da solo si condanna al nulla, solo in Dio sono Dio, poi, quindi sono io.