TRASPARENZA.... FINALMENTE LA TRASPARENZA!!! - "Sono venuto per rompere gli specchi...."

06.07.2014 15:20

Mi sono chiesto spesso cosa è la trasparenza, cosa intendo io per trasparenza e che peso ha nella mia vita. La trasparenza è ciò che va oltre all’apparenza, all’immagine, ciò che si lascia attraversare, che non è barriera, limite, ostacolo. Penso al lenzuolo sindonico che viene attraversato, dal corpo glorioso del Cristo, che, come ben rappresentato da Mel Gibson nel suo film “The Passion”, si affloscia nell’attimo che viene attraversato, come se si sgonfiasse di quel gonfiore che segnava marcatamente il perimetro e il volume che delimitavano il corpo dell’uomo della sindone, e ancora il passaggio attraverso le porte che si legge nel Vangelo di Giovanni: “venne a porte chiuse” (Gv 20,19), a dire, testimoniare la reale trasparenza del Cristo, la sua immagine la sua figura, passa attraverso, attraversa perché deve andare oltre, aldilà di se stessa, dice il suo essere, l’essere, la sua realtà: la trasparenza, che a questo punto diviene esempio e valore nella vita di un cristiano che al Cristo deve tendere, quindi cercare, come scrisse don Divo Barsotti, facendone il motto della sua comunità, “solo Dio cerco”, perché, come secoli prima scrisse s. Teresa, la grande, “solo Dio basta”. La Trasparenza lascia vedere chiaramente e non solo intravedere, essa definisce, non nasconde, non cela e non maschera; previene quindi la sorpresa e la paura. Esempio della trasparenza è il vetro, attraverso il quale vedo, posso vedere, mi è consentito veder ciò che sta dall’altra parte, aldilà, oltre. Il suo contrario, (del vetro), è lo specchio che pur essendo anch’esso vetro non lascia vedere dall’altra parte, l’aldilà, ferma l’immagine al di qua, non permette di penetrare, di andare oltre all’immagine, la riflette, riflette ciò che ha di fronte: dunque vedo me stesso, che vede se stesso. Al centro dello specchio c’è la mia immagine, me stesso. Nello specchio, dunque è solo rappresentato parte di mondo, che è parte dell’universo, che è parte della Creazione, ma è solo immagine riflessa, inconsistente, tanto che basta spostarsi di poco perché scompaia, non ci sia più, più niente, più nulla, che non sia più. Lo specchio mi restituisce un riflesso, inanimato, privo dunque di anima, di vita, di spirito, non c’è in quell’immagine il Tutto, ma solamente tutto ciò che può contenere una cornice, un perimetro, un limite, il limite che è rappresentato soltanto da ciò che sta dentro e non da quello che sta fuori, oltre, aldilà. L’accostamento tra l’immagine riflessa e la realtà è netta, scioccante, non c’è continuità, dunque armonia. Ben diverso è ciò che percepisce il mio sguardo, i limiti, l’orizzonte i raccordi tra cielo e terra, la lontananza, la vicinanza, il passaggio da uno stato all’altro si armonizza, perché  sfuma, si dirada, poi si perde, ma naturalmente, con dolcezza, mantenendo sempre rigorosamente l’armonia perché parte del Tutto, del vero, del reale, del divino. Solo passare oltre, vedere oltre, andare oltre, colgo il tutto del mio mondo limitato dal mio sguardo ma che con il mio spirito non ha limiti, va oltre l’immaginazione, va oltre l’immagine, va oltre l’apparenza, appunto trasparenza, va oltre la figura, cioè trasfigura diviene parte di Dio, perché in Dio sono Dio. La trasparenza è dunque passaggio, Pasqua. La Pasqua è Resurrezione che presuppone cambiamento, il Cristo morto, risorge, cioè vive, è passato da una condizione di morte alla vita e ad una vita nuova e la vita nuova è l’assenza, in essa, della morte. La morte è chiusura, buio, è il non vedere, e il non lasciarsi vedere, perdere la trasparenza, non essere più trasparente. Il Cristo nella sua Passione mostra tutta la sua trasparenza, si lascia vedere, mostra la sua intimità, “ Spogliò se stesso” scrive Paolo ai filippesi (Fil 2,7), non ha più nulla da coprirsi, “hanno contato tutte le mie ossa” dice il salmo 22. La trasparenza mette alla mercè, la mia intimità è alla mercè, tutti ne possono usare ed abusare. In Cristo si è arrivati all’abuso della sua intimità che è l’abbandono. Benchè abbia dato tutto se stesso, tutto ciò che aveva dentro, la sua intimità, è stato abbandonato, ignorato,questa è stata la sua più grande sofferenza, sentire il vuoto intorno a sé “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34-Mt 27,46). Il vuoto intorno, la vigliaccheria e la paura di chi ha condiviso la sua intimità, l’abbandono: è lo specchio. Chi abbandona, ignora, oscura la trasparenza, la limpida immagine del Tutto, sovrapponendo lo specchio, sovrappone la sua immagine riflessa, la sua figura riflessa, il non esistente,  il nulla. Dal tutto dunque, al nulla. Il Cristo, Dio, ha aperto questa strada, questa riflessione e ci invita a questa riflessione. S. Francesco è stato l’uomo che più si è avvicinato ad incarnare la trasparenza, egli ha cercato di viverla, trasformando la sua vita, portando in sé il cambiamento, dal nulla che era, al centro del Tutto. Dio in lui ha trasformato, cioè è andato oltre la forma di Francesco, plasmando, riplasmando quella vita, facendo sbocciare ciò che quell’anima aveva in nuce, portava in essa, ciò che era in lei in potenza è divenuto atto, realizzazione, essere. La spogliazione è il primo atto della trasparenza, la rinuncia, non tanto di ciò che si possiede, gli averi – (purtroppo è solo su questo che si ferma l’attenzione dell’uomo e l’insegnamento di superficiali maestri) -, ma la rinuncia alla propria intimità, il lasciarsi penetrare e ciò avviene in Cristo con i chiodi, con la lancia, ciò avviene in Francesco attraverso le piaghe, ciò avviene nell’intimità del talamo nuziale; questi sono modi di portare vita, trasmettere vita, essere portatori di fecondità è questo il modo in cui ci si realizza, e si realizza. La stessa nostra ricerca dell’acqua trasparente dove immergerci, e da potere bere, ci dice che la trasparenza nella nostra vita conta, ci sta sempre innanzi, è valore è positività: bene e Bene. Nell’uomo la trasparenza è data dal suo modo di lasciarsi guardare, di farsi attraversare, penetrare interiormente, nel profondo di se stesso, della sua intimità. E’ trasparente colui che non vuole nascondere, anche se dovrebbe e potrebbe. Chi non nasconde, non si nasconde è aperto e disponibile alla totale condivisione. L’apertura, la disponibilità, la trasparenza sta in ciò che scrive Pietro, “gettate ogni vostra preoccupazione in Dio, perché egli ha cura di voi” (1Pt 5,7) e ciò, sempre per bocca di Pietro è esercizio di umiltà “umiliatevi sotto la potente mano di Dio perché vi esalti al tempo opportuno” (1 Pt 5,6). La trasparenza dunque è umiltà, l’essere humus, terra, che vedo, tocco, annuso e ne comprendo il valore, la fecondità, essa, la terra, nutre dunque fa crescere, innalza, porta in alto, cioè slancia verso il cielo, verso l’infinito, verso il Tutto. E’ fatto obbligo, dalla sua coscienza, ad ogni cristiano entrare, accogliere l’invito alla trasparenza, adottarlo nella sua vita, e un prete dovrebbe, per l’esempio di Cristo, abbracciarla come Francesco ha abbracciato il Crocifisso di S.Damiano, per sentire il calore del Cristo,il suo odore, il palpito del suo cuore. Ma non è così, ecco perché fondamentale è l’educazione, l’educarsi, e Francesco in questo ha aperto una strada, la sua vita è la ricerca e l’educazione alla trasparenza, tanto che ne riceverà i segni, che attraversano da parte a parte la sua carne, il suo corpo, quei segni permettono di vedere dall’altra parte, il suo corpo non è più barriera ma passaggio, Pasqua. Sono gli uomini di Chiesa, e di chiesa che devono ora educarsi, fare questo sforzo. Quando fui nominato amministratore parrocchiale di Campiglia Cervo, un piccolo paesino di montagna, a chi allora dei laici amministrava, ( che sono gli stessi di oggi, perché l’immobilismo è una virtù, nella chiesa con la “c” minuscola), chiesi che sulla porta della Chiesa fossero affissi gli estratti conto, l’elenco dei beni della parrocchia e i conteggi minuziosi e precisi della raccolta delle offerte, perché fosse pubblica la posizione economica della parrocchia….vi lascio immaginare come è andato a finire quel tentativo di trasparenza…eppure oggi si loda la volontà di papa Francesco di rendere trasparente lo IOR, la banca vaticana, pubblicandone i bilanci, chiarendo all’esterno la posizione dell’Istituto. Si abbia il coraggio di rendere pubblico tutto, perché noi proveniamo da un corpo glorioso che “venne a porte chiuse”. Il mio stupore, è stato venire a conoscenza che il vescovo ha un archivio segreto in cui è custodita, secretata, una mia lettera richiestami e inviatagli. Una lettera che contiene la mia posizione economica, i rapporti con la mia famiglia, con i miei formatori. Banalità, formalità. Come ho già avuto modo di scrivere, ho fatto esperienza diretta a mio danno, (perché ne sono stato l’oggetto), che in questa diocesi non è garantito neppure il segreto confessionale. Il prete come giustamente scrive Don Barsotti: “"La vita del sacerdote è sacrificio puro. Egli non vive, non può vivere per sè - non ha più una vita. Qualunque cosa faccia per essere amato, stimato, per vivere, il suo sforzo non ha mai il potere di toglierlo alla sua solitudine. Il crisma dell'ordinazione lo separe dagli uomini, egli diviene come il capro espiatorio che si abbandona nel deserto, lontano da tutti",diviene talmente pubblico da essere capro espiatorio, trasparente come il Cristo, in una vita spesa lasciandosi mangiare, come ogni padre e madre di famiglia, altro che segreti caro monsignore. Segreti per chi e perché? Chiusi in una sacrestia a contare i soldi dei lumini, la vendita della pubblicazione e le offerte di quella operazione che porta il titolo: uso strumentale della sacra Effige della Vergine di Oropa? Questi sono i segreti! Un po’ poco, se la si confronta con l’analogia dell’uomo con Dio, con la trasparenza del Cristo, con l’apertura di Dio all’uomo: “ Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto” (Lc 12,2). E i privilegi che i preti hanno, di cui godono, ma non il santo popolo di Dio, privilegi, tanti privilegi, dov’è qui di casa la trasparenza? Ma le diciamo queste cose? Informiamo il santo popolo di Dio di come viviamo? No, lo nascondiamo, sono segreti, che se ne vengo a conoscenza, io come cristiano e prete non posso tacere. Il nostro mondo , è un mondo nascosto e da nascondere. L’educazione che ci viene impartita e trasmessa è quella di sostituire ai vetri delle nostre finestre degli specchi, che ci riparano e separano dal mondo esterno e riflettono solamente la nostra immagine, il nostro tutto, il nostro niente. Non vediamo che noi stessi e il piccolo mondo che ci sta dietro e intorno, limitato dalla cornice dello specchio. Io e non Dio, il Tutto. Io e il mio niente. No, non ci sto, sono venuto per rompere gli specchi, perché la mia immagine è vecchia, ho bisogno di vederla rinnovata nel nuovo degli altri, del mondo, del creato. Io non voglio e non accetto di essere condannato a vedere parzialmente, la parte, quando sono fatto per godere il Tutto, per analogia come scrive S.Agostino: “Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” (Le Confessioni, I,1,1), stia lei, caro monsignore, chiuso nella effimera stanza dei bottoni contornato dal suo piccolo mondo a godersi i suoi privilegi con i pochi eletti che lei ha scelto per l’oligarchica gestione di questa piccola diocesi, che presto, speriamo e preghiamo perché, secondo le direttive del Santo Padre, venga accorpata ad altra. Il Papa ci invita ad uscire, cioè non solo guardare attraverso i vetri ma ci invita ad attraversarli e uscire fuori, attraverso i vetri, per essere vetro, di vetro. E’ con il solo guardare fuori che si impara a guardarsi dentro, e scoprire che non c’è nulla da nascondere, perché è questo che il vetro insegna, ma tutto da condividere con chi sta dall’altra parte, nell’altra parte, nell’aldilà, negli altri, nell’Altro. “Noi siamo figli della luce e non delle tenebre” (1 Tes 5,5), i cristiani non hanno nulla da nascondere, noi non abbiamo nulla da nascondere, chi nasconde chi ha da nascondere non è cristiano. Ho deciso dunque di rendere pubbliche, proponendole a Chiesa Controcorrente, le lettere che ho inviato al mio Vescovo. Di fatto erano già pubbliche, o se vogliamo essere più precisi, semi-pubbliche, infatti le ho inviate, oltre che al Vescovo, a due coppie di sposi, Chiara ed Alberto miei coscritti, Laura e Claudio trentenni e la terza ad un sacerdote, che nello specifico è Papa Francesco. Questo seguendo le indicazioni della Sacra Scrittura che è trasparenza: “ ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni” (Mt 18, 16- Dt 19,15). Rinuncio dunque alla mia intimità, del prete il primo dovere è il farsi consumare, il farsi mangiare, nutrendo e facendo così crescere gli altri, rinunciando a se stesso, annullando se stesso. Giovanni il Battista in fondo ci insegna, indicando il Cristo, che Lui deve crescere e noi diminuire, lasciare a Lui il nostro posto, divenire vetri e non specchi. Annullare significa cancellare la figura: trasparenza.

donandreagiordano