UNA DIOCESI SENZA CAPO

29.09.2014 06:09

Continuando nella lettura del libro “Gli spiriti non dimenticano” di Vittorio Zucconi, cari amici di Chiesa Controcorrente e cari giovani, incontro le quattro virtù che fanno di un uomo un Lakota.

  1. Il coraggio, e commenta Zucconi che per un Lakota era meglio morire sul campo di battaglia che invecchiare da vigliacchi. Non è dissimile dal coraggio che ha spinto nel corso dei secoli cristiani a morire per la fede. Il primo è il Cristo, poi le schiere dei martiti… Per la fede. Ma oggi qui nella nostra diocesi quali azioni coraggiose sappiamo intraprendere, quando mai ci esponiamo, quanto e quando mai ci esponiamo? Siamo disposti ad esporci per il Signore o per un fratello? Per quanto mi sono esposto sono stato tacciato nell’ambiente ecclesiale di essere un traditore;  e un confratello mi dice che non gl’interessano i miei argomenti, il racconto di fatti ma solo la sua parrocchia. E’ quello il mondo? E’ quello il coraggio di affrontare il mondo? Si è disposti a morire o a invecchiare? E’ questa la Chiesa in uscita? Non è coraggio prendere posizione? Denunciare? O è coraggio tacere e coprire? O essere vigliacchi?
  2. La forza di carattere, ovvero sopportare dolore, fatica, fame e seta senza lamentarsi. Le privazioni anziché i privilegi. Questo punto occuperebbe un mare, un’infinità di pagine. Come chiesa, quella con la c minuscola, quella che conta, che si permette di scrivere e pubblicare un libro contro le posizioni di un papa… che apre verso…, che denuncia, sino a fare arrestare, che non copre con quell’odioso: non sento, non vedo, non parlo, che ha assassinato uomini di stato, Borsellino, Falcone, e di Chiesa Puglisi, e io sono un traditore perché vedo, sento e parlo, perché non sono un reticente, denuncio e pago e sto pagando. Dov’è il cambiamento? Se non c’è cambiamento non c’è carattere dunque non c’è forza, c’è abitudine, lassismo e in questo s’innesta potere, sesso e denaro, dove c’è questa triade non c’è forza di carattere.
  3. La generosità, è il cristiano, il taglio del mantello di Martino di Tours, è l’evangelico dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi; è ciò che ha spinto la comunità cristiana, da subito, fin dai tempi di Paolo a raccogliere e fare collette come si legge in Atti. E’ considerare i poveri, coloro che sono bisognosi di ogni genere ad essere considerati il tesoro della Chiesa. La Chiesa investe sulle persone, la chiesa investe nei muri. C’è obbligo per tutti un esame di coscienza.
  4. La saggezza, che Zucconi richiama come rinuncia al piacere per il bene degli altri, virtù d’un capo. E qui voglio citare il motto di don Fontanella:” la gloria a Dio, il piacere al mio prossimo, il sacrificio a me”. Questo ha scandalizzato e scandalizza le ultime generazioni di seminaristi che con i superiori ed il vescovo non vogliono sentire parlare di sacrificio ma di gioia. Ciò che scrive Matteo” ogni giorno ha la sua pena” è dunque una sciocchezza? No è realtà e non è gioia ma sacrificio. Ciò dunque la dimostrazione che questa comunità è priva di capi, è un gregge senza pastore, facile anzi facilissima preda dei lupi. Conclude Zucconi, e ciò è stato tratto da un racconto di un dialogo tra padre e figlio che si conclude con:” se si vive una vita virtuosa lo spirito concederà una visione, indicandoti in essa chi sei e il destino di un uomo”. Sembra ciò che scriveva don Ferraris anni fa, profetando che si sarebbe caduti in basso sempre di più sino a che un gruppo di uomini assiduo ad una vita cristiana (preghiera, sacramenti), ritrovandosi e assistiti dallo Spirito  avrebbero dato inizio alla ripresa… Ma guardandosi intorno non è ancora il momento.