“UNA VISIONE RACCAPRICCIANTE DEL SACERDOZIO”

02.04.2015 10:45

Oggi viscrivo di un libro scritto da don Primo Mazzolari dal titolo “Preti così” ed EDB, giunta alla quarta edizione, da cui propongo dei brani dedicandoli al popolo di fedeli e ai presbiteri biellesi che questa mattina si apprestano a partecipare alla messa crismale. Il libro è una raccolta di conversazioni, dalla multiforme tematica, tenute alla comunità del seminario di Cremona nel dicembre del 1937. Mazzolari individua, dunque sintetizza la vocazione in tre momenti che trae da tre frasi del vangelo di Giovanni: “ ecco l’agnello di Dio” (Gv1,29), ciò scrive Mazzolari “basta per suscitare delle vocazioni”, è dunque l’indicazione; segui poi “dove dimori?” (Gv 1,38), per Mazzolari “parola umana e strana”, ma anche segno di gente che vuole conoscenza di vita, non di dottrina solamente”. Conclude il prete cremonese con “venite e vedete” (Gv 1,39) e su quest’affermazione di Gesù Mazzolari scrive “il vangelo è fondato su queste esperienze dirette” e rivolgendosi ai seminaristi così come ci si dovrebbe rivolgere ai giovani oggi (anziché invitarli a giocare o alle route), Mazzolari ribadisce le parole di Gesù “venite e vedete” e cita Matteo 11,4-5 “andate a riferire a Giovanni quel che avete visto e udito: i ciechi vedono, gli storpi camminano, il vangelo è annunciato ad ogni creatura”. Ora vi porto nello stesso viaggio che Mazzolari in quel lontano 1937 ha coinvolto i seminaristi e alla fine di questo chiedetevi cari fedeli e cari sacerdoti biellesi se è cambiato qualcosa da allora, ad affermare che la storia si ripete, è ciclica, se in essa non c’è la presenza del Signore, se essa non è storia della salvezza.

“Facciamo una breve corsa per vedere tutte le idee incomplete che abbiamo della vita sacerdotale. Quando si parla di ideale sacerdotale non si dimentica di parlare di sacrificio. E’ vero! In questo apparato di sacrificio è facile crearsi una piccola capanna. E’la tentazione di Pietro (sul Tabor). A queste disposizione alla vita comoda forse contribuisce qualche impressione ricevuta da questi sacerdoti. I tempi, anche, concorrono a disporre così il nostro animo. Infatti, sono tempi abbastanza comodi i nostri! I preti sono rispettati; nel disagio economico sono tra coloro che stanno bene… Ho l’impressione che sulla strada della via crucis, ci si ritagli il viottolo di una carriera! Quanta fatica a farsi un poco di carriera! I nostri compagni nel mondo non l’hanno così facile, e molte volte maledicono alla fortuna e alla situazione. Il prete è appena ordinato ed è già…  a posto: una casa, una famiglia, qualcosa di tranquillo… La vita è più che sopportabile… E’una vita dunque di sacrificio, ma con non poche comodità. Ma non si deve guardare questa via praticabile, dimenticando la via vera della croce! (ora poi avete altri comodi: andate in villa come i signori!). Poi in certi giorni di vacanza, come quello della sagra, vedete la tavola del vostro parroco ben imbandita e dite: << è una bella vita fare il parroco, non si deve star male…>>. Poi, fatti preti potete aspirare a diventare monsignori!... Canonici! Ci sono gli onori, c’è la festa del venticinquesimo! Perciò: <<come stanno bene i preti>>. Vi può venire anche quest’altra tentazione di dire:<<in principio la vita è un po’ dura: ma la faciliteremo, arriveremo e riposeremo…! E’ bello per noi stare qui>> Ci sono delle comodità strangolatrici dello spirito e sono gli aspetti più dolorosi della nostra vita sacerdotale. Se pensassimo così al sacerdozio, avremmo commesso l’attentato più grave contro le disposizioni che invece dobbiamo avere. Guai a chi vuole arrivare a una tenda di comodità! Questa è una visione raccapricciante del sacerdozio! Ora vi farò vedere la via che conduce all’ambizione. In diocesi siamo in pochi preti: che fortuna! E il vescovo si lamenta… E’ meglio essere in pochi! Quando si è in molti si fa la coda e ci si pestano i piedi! Insomma in pochi anni ci si può far largo e ci sono tanti traguardi: ciascuno sceglie il suo! In questa strada c’è anche modo di soddisfare l’ambizione. Non è del resto una bella cosa? E’ uno stimolo… Un poco di gomitate, qualche insincerità in più, qualche inchino, un’ostentata pietà, un po’ di rigidezza, tutto serve! E’ un bagaglio leggero; si può deporre quando si arriva! E così si arriva alla prima tappa… E poi un gradino per volta si arriva, si è perfetti tempisti. Oggi si parla tanto di tempisti in tutto… Un prete scriveva sul suo giornale:<<l’uomo che è arrivato al sacerdozio è un uomo che è arrivato!>>. Si pensa con desiderio alla prima messa… Oh! Scusate se uso un frasario volgare: io non conosco più il linguaggio elegante!... Quando vedo che l’altare diventa un trampolino… Come se l’altare fosse un gradino dal quale con un salto si giunge all’arrembaggio dell’altro… Del secondo… Credete che un fiocco rosso e una mozzetta sulle spalle valgano di più di una croce d’altare e di una pietra sacra! Mi chiedo allora dove sia la fede nel sacerdozio! Non vogliate scavalcare l’altare e non vogliate che il mondo continui per voi al di là e al di sopra dell’altare! E non guardate al mondo come una cosa più desiderabile! Queste sono le deformazioni più gravi dell’idea sacerdotale. Una terza rappresentazione meno grave delle precedenti, ma che nelle sue deformazioni può diventare pericolosa: lo studio. Noi siamo gente che studia volentieri, ed è un bene! Un prete non può essere santo se non ha un grande amore ai suoi libri. Ma come vediamo i libri e la scuola? E’ per prepararci un titolo di presentazione o per prepararci un’arma di apostolato? La mia impressione di questo momento è che ora che l’apostolato è regolare, con statistiche e con registri, lo studio diventa un lustro della nostra persona: si studia per mettersi in mostra… Se vado a Roma, quando torno o andrò in curia, o professore o qua o là… Ma vicario a… Non mi metteranno! (questo è parlar chiaro?) Ora la necessità ci porta ad avere bisogno di curiali, di canonici, di professori… Ma se tutto diventasse retroguardia come andrebbe il mondo? Studiate, ma non per voi! Non c’è niente di più stupido che studiare per sé! Gli esami! Ce li farà la vita e il popolo gli esami! E quanti bocciati dalla vita… Il popolo ce li farà! Se saremo bocciati, vorrà dire che il nostro studio fu solo per noi, in funzione personale di cultura. Il sapere che non diventa amore è sterile: è la più stupida delle cose. Ed ora vi presento la visione di tre figure sacerdotali: sacerdote mediocre, il buono, il santo. La vocazione è una scelta: la scelta è un venir fuori dal comune, eccellere, avere una fisionomia. Il sacerdote è l’uomo eletto: grande per VOCAZIONE E LA MISSIONE. E’ la grazia di Dio che mi distingue. Non posso essere uomo comune e ordinario. Per ciò il sacerdote comune (sacerdote mediocre) rinnega in pieno la sua missione. Buon uomo: cioè che non si distingue per nulla dalla massa dei buoni uomini laici. Guai quando i laici dicono <<è proprio uno di noi>>. Il sacerdote non può essere un uomo semplicemente buono: la bontà sacerdotale dev’essere una bontà che si distingue. L’unica via giusta è quella del sacerdote santo. Il superamento di ogni difficoltà: è l’incontro della grazia con la nostra buona volontà. La santità è ciò che giustifica e dà la ragione di una vita e di un sacrificio  sacerdotale. Se sapeste come si pagano e si scontano duramente le visioni incomplete! La più terribile condanna per noi è piantare una tenda di comodità sul calvario. Se invece di far tanta retorica quando si parla del sacerdozio si mettesse a nudo la realtà quotidiana quello che c’è sotto il peso di certe ore di solitudine e di amore mal compensato, sentireste che per poter star bene si deve accettare in pienezza la croce che Cristo offre come distinzione e segno della vita sacerdotale. “

Concludo rifacendomi ad un altro capitolo del libro dal titolo “Deficienze del sacerdote moderno” di cui vi riporto solamente i titoli dei paragrafi: siamo diventati dei funzionari! Abbiamo troppi appoggi umani, di cui vi scriverò nei prossimi giorni