VESTO CIO' CHE SONO

03.09.2016 06:50

Passeggiando per la città , per la mia città , ho incrociato una signora a me sconosciuta che vedendomi vestito con l’abito talare ha manifestato con parole di apprezzamento il fatto che un prete oggi , oggi ancora lo porti , lo vesta . Eppure lei , ignara , non si è accorta che passeggiavo in compagnia di un prete vestito con abiti così detti normali e senza segni che facessero presagire che era un sacro ministro , e pochi metri più avanti ( la signora lo aveva già incontrato, io ero prossimo ) c’era un altro confratello in pantaloncini corti e maglietta . “ Fa piacere vedere un prete , portare la talare , lei è l’unico , non se ne vedono più … “ affermava la signora ignara che due preti , pur avendo sentito ed ascoltato le sue parole ,erano senza abito e che chi lo portava era un prete privato delle facoltà di amministrare sacramenti e sacramentali . Eppure era la voce del santo popolo di Dio , guidata dal Signore , alimentata dal Signore , che manifestava pubblicamente una volontà , un desiderio e cercava un segno . Non è la prima volta che sono fatto oggetto di attenzioni di questo tipo , spesso nelle grandi città , Milano , Torino poco nella mia città , molto in montagna , quando vestendo l’abito e accompagnandomi con il mio cane e l’inseparabile alpenstock , batto i sentieri che la percorrono . La gente toccata dalla fede , sente , avverte , percepisce e ha bisogno di vedere i suoi ministri , di identificarli , controllarne lo stile di vita , il loro modo di essere e apparire , pensare che il loro privato sia in funzione di ciò che sono , perché così deve essere e perché “ … ciò che facciamo in vita riecheggia per l’eternità … “ , una frase presa a prestito dal film diretto da Ridley Scott “ Il gladiatore “ . La gente dunque ci vuole , vuole i sui preti , i suoi ministri ….. pecchiamo se ci neghiamo e non portare ciò che ci individua , che ci rende visibili è un peccato … peccato di omissione , omettiamo di manifestare ciò che siamo , ciò che siamo stati chiamati ad essere , ciò che abbiamo scelto di essere … e quello e non altro . L’abito fa … il monaco … eccome , quell’abito dice di me e mi richiama in ogni momento ad essere quello che sono , non fa il monaco l’abito quando mi sono dimenticato di ciò che sono e agisco per ciò che non sono , quando non agisco correttamente , nascondendomi anche in abiti che non sono i miei , che non mi appartengono più , perché quegli abiti li ho lasciati , perché ho scelto di indossarne un altro e non altri . Mi riferisco anche all’uso del clergy man , una sorta di compromesso , tra l’abito borghese elegante e l’abito talare , cioè indosso ciò che non è e non vuole essere né l’una né l’altra sponda . Il prete deve ( e non dovrebbe ) vestire , indossare il suo abito , nero , lungo , con tutte le scomodità annesse e connesse , l’impaccio , il caldo , il dileggio , i tanti , troppi, bottoni ( si possono usare per pregare il santo rosario quando si dimentica la corona ) . Ricordo di avere letto che un seminarista , appena finita la guerra , per non volere togliere il suo abito fu ucciso da un gruppo di partigiani anticlericali ,nel tristemente famoso triangolo della morte nella rossa regione dell’Emilia Romagna . Storie d’altri tempi ? Chissà ….. oggi si farebbe fatica trovare un prete che veste l’abito , ma poi basta entrare in una Chiesa per uccidere un sacerdote distinguendolo per l’uso degli abiti liturgici . Il ministro di Dio , smessi i panni che lo distinguono non può essere diverso da ciò che è stato , deve dare continuità a ciò che è stato : il tramite tra quell’assemblea riunita che rappresenta tutta la Chiesa , terrena e celeste e Dio stesso . Vesto ciò che sono , perché dove c’è il mio tesoro lì c’è il mio cuore , ci insegna Gesù : “ Perché là dov’è il tuo tesoro , sarà anche il tuo cuore “ . ( Mt. 6,21 ) Si parla molto di obbedienza , si pretende obbedienza , ma l’abito non lo si porta benchè prescritto dal Codice di Diritto Canonico , non consigliato prescritto , si legge infatti : “ I chierici portino un abito ecclesiastico decoroso secondo le norme emanate dalla Conferenza Episcopale e secondo le legittime consuetudini locali “ siamo ben lontani dai pantaloncini corti e maglietta , segno per altro di decadenza , decadenza di un ruolo , ruolo a cui non si rinuncia , anzi spesso lo si esige e se ciò non basta lo si impone , nella scia del fate ciò che dicono , ma non fate ciò che fanno , parole di Gesù che leggiamo nel vangelo di Matteo ( 23 ,3-4 ) : “ Gli scribi e i farisei siedono sulla cattedra di Mosè . Fate dunque e osservate tutte le cose che vi diranno , ma non fate secondo le loro opere : perché dicono e non fanno “ . Il vestire un abito , non è un capriccio come molti lasciano intendere , è una scelta profonda e radicale , che imprime il carattere , che indica , segna perché ciò che vesto è segno e un segno , più volte l’ho scritto , secondo la dottrina cristiana è anche sacramento e S. Giovanni apostolo ed evangelista lo intende come miracolo . L’abito dunque ,racchiude in sé un profondo significato , che coinvolge e più delle volte stravolge , mette sottosopra , rivoluziona la vita del ministro che lo veste e si veste di ciò che deve essere richiamando sempre e per sempre il suo dovere : lo spirito di sacrificio e abnegazione per il santo popolo di Dio , per la santificazione sua e del santo popolo di Dio che legge nel comportamento dei suoi ministri e decide o meno …. il santo viaggio . Quale responsabilità …. non vestirlo !