VIVIAMO TRA I CHIASSOSI E VIZIATI ADULATORI DELL’ONNIPOTENZA

12.02.2015 09:15

Fa pensare molto l’affermazione del santo padre che nella consueta catechesi  del mercoledì, che ieri aveva come oggetto nella famiglia la figura del figlio, prende spunto da un brano del profeta Isaia, per affermare:” lo stretto legame tra la speranza di un popolo e l’armonia fra le generazioni”. In un contesto di comunità cristiana si può individuare neanche tanto forzando l’immagine, ciò che il santo popolo di Dio si aspetta da un amalgama di generazioni che sono rappresentate nel presbiterio. Ora se funziona nel presbiterio che è una realtà più contenuta di un tipo di società, a maggior ragione dovrebbe poter funzionare anche nella società laica, ma credente. Ma non funziona così, e il popolo che osserva e vede il fallimento dell’armonia fra le generazioni rappresentate nel presbiterio, decreta la morte della speranza, la fine della fiducia e di conseguenza l’affievolirsi dell’amore esteso all’umanità, dunque ci si ripiega su se stessi, dando origine all’egoismo, all’egocentrismo che è morte. La carriera ed il carrierismo tra il clero è dilagante e mortifero, diffusissimo, ha origine dal ripiegamento su se stessi e genera la disunione tra le generazioni. Il clero dunque almeno in questa diocesi non può vivere una dimensione famigliare ma di competizione, dunque come afferma il papa non può costruire “un mondo nuovo”, perché non c’è novità ma consuetudine, che non desta interesse soprattutto tra le giovani generazioni. Scarsamente preparato dal punto di vista intellettuale, dunque ignorante nella dottrina, costretto nel solo amministrare, invece di catechizzare,  non invitato alla seria formazione, limitato e a volte impedito al celebrare, obbligato ad acconsentire, evita per opportunismo il dissenso, questo presbiterio è abituato (è mal educato) dai suoi vertici a non vivere quel legame virtuoso tra le generazioni che lo compongono, “dunque non può avere futuro e non garantisce una storia davvero umana”, così sintetizza il santo padre. Chi manifesta ciò e vive ciò trasmette ciò, cioè aridità e avidità: è evidente la gente non segue più, soprattutto i giovani. Se si è attenti alle fotografie pubblicate sul giornale cattolico locale che ritraggono le sale durante la visita pastorale del vescovo sono limitate alle sole prime file. Scena, scenografia che non inganna, la riduzione di campo è sinonimo di non partecipazione, cioè di scarso interesse e formalismo. Poi nel finale della catechesi il papa invita al silenzio:” facciamo un minuto di silenzio… ognuno di noi pensi in silenzio”, che è ciò che non siamo più educati ed invitati a fare. Personalmente  non posso più neanche prendere posizione, perché  il santo popolo di Dio mi ha anticipato, già lo ha fatto, mostra bene il suo dissenso, non più obbedendo, vivendo ai margini protesta il tenore di vita del clero, tra l’indifferenza di questo viziato, chiassoso e adulatore dell’onnipotenza. Andremo sempre più giù… Scriveva don Ferraris, e siamo proprio in basso, nel fondo se guardiamo a chi governa questa diocesi.